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Il liberismo è di sinistra di Alesina e Giavazzi. Tutto bene, ma…
15 Settembre 2007
 

Leggere Il liberismo è di sinistra, l’ultimo libro sfornato dalla “ditta” Alberto Alesina e Francesco Giavazzi (Il Saggiatore edizioni, pagg. 126, 12 euro)? Certo che sì. Non foss’altro per premiare la fatica dei due studiosi, che hanno il coraggio di affermare e sostenere un qualcosa per tanti scomoda, irritante, fastidiosa. È confortante, questa affermazione, secca, perentoria: “Il liberismo è di sinistra”, che non viene neppure mitigata da un interrogativo. Che la si possa fare, è già un bel segno. Ma certo: il liberismo è di sinistra; anche se la sinistra in larga misura è stellarmente lontana dal liberismo.

Comunque, ok: il liberismo è di sinistra, e per tante buone ragioni che Alesina e Giavazzi prima hanno “raccontato” nei loro editoriali su Il Sole 24 Ore e sul Corriere della Sera, e ora diligentemente annotano e sviluppano nel loro agile libretto. Sapete che c’è? Basterebbe dire: è proprio così come dicono Alesina e Giavazzi; ogni pagina di questo loro saggio è da sottoscrivere; ogni loro affermazione è la nostra affermazione; quello che scrivono noi lo diciamo e pensiamo, è il nostro “manifesto” politico. È la “dilatazione” di quello che sosteneva, nel suo “Il Credo degli uomini liberi”, Abraham Lincoln. Conviene ricordarlo:

 

«Non si può arrivare alla prosperità

scoraggiando l’impresa.

Non si può rafforzare il debole

indebolendo il più forte.

Non si può aiutare chi è piccolo

abbattendo chi è grande.

Non si può aiutare il povero

distruggendo il ricco.

Non si possono aumentare le paghe

rovinando i datori di lavoro.

Non si può progredire serenamente

spendendo più del guadagno.

Non si può promuovere la fratellanza umana

predicando l’odio di classe.

Non si può instaurare la sicurezza sociale

adoperando denaro imprestato.

Non si può formare carattere e coraggio

togliendo iniziativa e sicurezza.

Non si può aiutare continuamente

la gente facendo in sua vece quello che potrebbe

e dovrebbe fare da sola».

 

Così, in sintesi, Alesina e Giavazzi: «Il merito, non il censo. Il libero mercato, non le lobby. I diritti del cittadino, non lo spreco di denaro pubblico. Senza meritocrazia le professioni si tramandano a figli come titoli nobiliari, senza concorrenza il consumatore è ricattato dai grandi monopoli, senza controlli i “fannulloni” continuano a gravare sulle tasche dei contribuenti. Chi è davvero di sinistra? Chi difende le categorie più deboli o chi conserva questo stato di cose?».

Belle domande, vero? E per quel che ci riguarda, risposte scontate, no? E allora, dov’è il problema? Perché – è inutile girarci intorno – un problema c’è.

Andiamo alla pagina 12, nell’introduzione: «In politica economica, vi sono al di là delle etichette politiche, due fronti contrapposti: quello liberista che (purtroppo) è minoritario in entrambe le coalizioni, e quello non liberista che invece prevale in entrambe. Alleanza Nazionale e i partiti comunisti non saranno d’accordo sulla politica estera, ma su quella economica formerebbero un governo perfettamente omogeneo!...».

 

È così. E ci si può aggiungere, a questo “governo perfettamente omogeneo” una larghissima fetta di Forza Italia e del nascituro Partito Democratico; fanno bene Alesina e Giavazzi a fare i “nomi”. Ma da chi è composto il “fronte” liberista? Minoritario o no che sia, chi lo anima, da chi è composto? Andatevelo a cercare. Per trovare qualche nome, dalla pagina 12 dovete arrivare fino alle pagine 121-122, là dove si racconta che comunque qualcosa, nella giusta direzione, sta cambiando: «Come questo cambiamento sia avvenuto è interessante in sé. Una parte del merito va senz’altro a battaglie solitarie, come quelle vinte da Mario Monti a Bruxelles, nel suo ruolo di Commissario alla concorrenza, e quelle combattute da qualche politico coraggioso, come per esempio Daniele Capezzone, Franco De Benedetti, Nicola Rossi, Bruno Tabacci e i ministri Pier Luigi Bersani e Linda Lanzillotta. E non sono i soli…».

Ora le persone citate sono tutte stimabilissime e il loro impegno liberale è fuori discussione. Però, come dire, essere compresi nella categoria “E non sono i soli”, francamente appare un po’ limitativo, no? C’è un altro partito (si sta parlando di partito, non si singole volontà), oltre ai radicali, che sia da sempre – e in blocco – liberista, e che dell’agenda Alesina-Giavazzi abbia fatto il suo programma politico? «In Italia chi ha a cuore i valori storici della sinistra, cioè equità, pari opportunità, criteri di merito e non di classe, dovrebbe schierarsi in prima linea nelle battaglie a favore di un mercato nel quale vengano fatte rispettare regole del gioco trasparenti, con politiche fiscali e redistributive efficienti e non “catturate” anch’esse da pochi privilegi», scrivono i due professori. Ma chi ha a cuore questi valori storici? Ancora una volta i radicali sono “presenti” perché “assenti”. I riconoscimenti, quando arrivano, vengono sempre “dopo”, quasi necrologi alla memoria. Il nostro “buon” fare di “ieri” lo si riconosce “oggi”, preferibilmente per contrapporlo a quello che si fa “oggi”, che non piace. Piace sempre “domani”. È la solita “condanna”, che almeno una volta sola, piacerebbe venisse meno.

Comunque, leggetelo il libro di Alesina e Giavazzi. E un “piccolo” contravveleno ai tempi che ci tocca vivere.

 

Ps.: il testo di Abraham Lincoln è stato pubblicato il 29 dicembre 1999 su Il Foglio. Un’inserzione pubblicitaria, “dono personale”, indovinate di chi? Di Marco Pannella, «alle classi dirigenti di questa povera Italia (a quelle – perfino – dei suoi imprenditori e a quelle dei suoi burocrati), con i migliori auguri per l’anno Duemila, sperando che con la lettura di questo “Credo” essi possano finalmente almeno intuire chi siano mai i radicali italiani, queste donne e questi uomini liberi e per loro incredibili e stranieri. Confrontino, lor signori, confrontino Berlusconi e D’Alema, Fossa e Cofferati, ben più della metà dei venti referendum liberali e liberisti sostenuti con sedici milioni di firme dagli elettori italiani con questo testo. Sarà loro facile constatare che erano stati letteralmente pre-visti e pre-scritti sin dal 1854, da Abramo Lincoln».

Mandiamola, questa inserzione pubblicitaria, ad Alesina e Giavazzi. Chissà che nell’auspicabile seconda edizione del loro libro…

 

Valter Vecellio

(da Notizie radicali, 14 settembre 2007)


 
 
 
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