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Bojana Stoparic. Cioccolato antiviolenza
La reporter di New York City Bojana Stoparic ritratta con due colleghi (foto di Christian Woods)
La reporter di New York City Bojana Stoparic ritratta con due colleghi (foto di Christian Woods) 
08 Settembre 2007
 

Zagabria, Croazia. Ai loro insegnanti, genitori ed amici, Tanja e Mario sembravano essere i tipici fidanzatini da liceo. Ma dopo un paio di mesi di relazione, Mario divenne sempre più possessivo e geloso, voleva sapere dove fosse Tanja a qualunque ora, e le disse di smettere di vestirsi come una prostituta quando la vide indossare una maglietta corta. Una sera, alla festa di compleanno di un amico, Mario la vide parlare con altri ragazzi: diventò furibondo, e la schiaffeggiò così forte da farla cadere su un tavolo.

Tanja e Mario sono i personaggi fittizi di un libretto piegato come una barra di cioccolato, che viene distribuito agli adolescenti croati nelle scuole e nei centri per la gioventù. Ma anche se i due ragazzi non sono reali, gli abusi descritti lo sono eccome. Il 60% delle ragazze croate fra i 16 e i 19 anni ha fatto esperienza di qualche forma di violenza all’interno di una relazione romantica, secondo i dati dell’inchiesta condotta nel 2004 dalla stessa organizzazione che ha prodotto il libretto, il Centro per l’educazione, la consulenza e la ricerca di Zagabria. L’inchiesta chiedeva anche a studenti e studentesse di esprimere le loro visioni sulla violenza fisica, quella emozionale e quella sessuale. Il Centro sta prendendo parte ad un progetto triennale che implementa iniziative in Serbia, Croazia e Bosnia per educare i giovani alla prevenzione di ogni forma di violenza di genere.

Inchieste condotte nel 2003 e nel 2004 da ong locali hanno scoperto che circa un terzo delle donne in Croazia e circa due terzi delle donne in Bosnia hanno sperimentato un qualche tipo di abuso dai loro compagni. In aggiunta, uno studio dell’Organizzazione mondiale per la Sanità del 2003 riportò che il 23% delle donne serbe aveva sofferto di violenza fisica perpetrata da un partner.

«La violenza che esiste nella vita di ogni giorno, che i giovani vedono a casa e nella società, viene replicata nelle relazioni adolescenziali», spiega Jadranka Milicevic, direttrice progettista dell’ufficio internazionale di Care a Sarajevo, in Bosnia. L’ong umanitaria, che ha il suo quartier generale a Chatelaine, in Svizzera, sta provvedendo sostegno finanziario e tecnico per i gruppi di donne di tutti e tre i paesi che si stanno impegnando in un grosso sforzo contro la violenza di genere. Il progetto ha avuto inizio nel 2006, e si espanderà con l’inizio dell’anno scolastico questo mese.

Non vi sono statistiche che possano misurare quanto la violenza contro le donne sia cresciuta dall’inizio delle guerre nella regione (1991/1995) al conseguente smembramento della Jugoslavia. Durante il conflitto, la violenza sessuale venne usata come arma di guerra, e si stima ad esempio in 20.000 il numero delle donne bosniache musulmane stuprate durante quel periodo. Jadranka Milicevic dice che la violenza odierna contro le donne deve essere messa in relazione ai cambiamenti sociali e politici che si sono dati durante e dopo la guerra: «Gli uomini assunsero i ruoli dei combattenti, dei protettori e dei leader nella vita pubblica e politica, mentre le donne vennero relegate alla sfera domestica. L’alto tasso di disoccupazione femminile ha reso le donne ulteriormente vulnerabili alla violenza». L’essere senza lavoro può impedire ad una donna di lasciare una relazione violenta, e la mette a rischio di essere trafficata o forzata alla prostituzione. Secondo le statistiche governative, nel 2006 il tasso di occupazione femminile era al 35%.

Dai giovani uomini, in Croazia, Serbia, Bosnia e nel vicino Montenegro, ci si aspetta che provino la loro mascolinità tramite la violenza fisica, dicono i risultati della ricerca sul campo effettuata dal Centro Internazionale di Ricerca sulle Donne. I risultati indicano anche che sono in particolare i padri e gli amici ad incoraggiare i ragazzi ad essere violenti contro altri giovani maschi; ad usare la forza per difendere le loro famiglie ed i loro amici, così come il loro orgoglio e la loro reputazione. Le scazzottate in risposta ad atti di bullismo nei gruppi di pari sono un “normale” fatto della vita per i bambini delle elementari.

La violenza contro le donne, d’altro canto, viene descritta come “vigliacca” dalla maggioranza dei giovani uomini interpellati per la ricerca. Allo stesso tempo, molti di essi non considerano violenza prendere una donna a schiaffi o a pugni. «Le situazioni che identificavano come giustificative della violenza erano primariamente in relazione alla necessità che la loro autorità non venisse messa in discussione», dice Aparna Jain, specialista in salute pubblica e discriminazione del Centro Internazionale di Ricerca sulle Donne. Queste situazioni includono praticamente di tutto, compreso il maledire il padre di un partner, da parte della donna, per rompere la relazione con lui.

L’inchiesta effettuata dal Centro per l’educazione, la consulenza e la ricerca di Zagabria fra gli studenti delle superiori ha riportato che il 25% dei ragazzi e il 12% delle ragazze non pensava che forzare una persona a compiere atti sessuali fosse violento; e il 26% dei maschi ed il 13% delle femmine riteneva che schiaffeggiare la fidanzata o il fidanzato non fosse un abuso.

Per cominciare a cambiare queste attitudini, il gruppo croato si è concentrato sulla formazione degli insegnanti e degli psicologi scolastici rispetto alla violenza nelle relazioni fra adolescenti. Molti degli educatori organizzano poi seminari extrascolastici per i loro studenti. Sanela Stubelj, insegnante di liceo nella città di Krizevcima, ci ha detto che ha dovuto faticare parecchio per ricavare lo spazio e il tempo per tenere il seminario nella sua scuola. Ma quando ha curato un episodio per la locale radio giovanile, l’animata discussione che si è generata fra i ragazzi su cosa sia o non sia un abuso, le ha mostrato che i suoi sforzi erano serviti a molto.

Biserka Savora, psicologa scolastica alla scuola professionale “Rudolf Peresin” per meccanici d’aviazione, che si trova accanto all’aeroporto di Zagabria, ha anche scoperto che gli studenti che avevano partecipato ai suoi seminari erano ansiosi di passare quel che avevano appreso ai loro compagni. Hanno creato poster sulla violenza di genere che sono stati esposti nella locale libreria, ed hanno tenuto conferenze per altri studenti e genitori.

«L’amministrazione scolastica sostiene queste attività a patto che io non chieda denaro e non causi scandalo», spiega Savora. Nel frattempo, il Centro Donne Autonome (che affianca il progetto di Care a Belgrado) si sta rivolgendo agli studenti universitari che si preparano a diventare avvocati, giudici, assistenti sociali e psicologi. Secondo Natasa Jovanovic, che coordina l’iniziativa, questi futuri professionisti devono essere educati rispetto agli stereotipi di genere, di modo che possano compiere il loro lavoro senza pregiudizi, e senza perpetuare il forte stigma che le vittime di violenza di genere incontrano attualmente. Il Centro sta formando alcuni di questi studenti e studentesse affinché essi formino poi i loro pari, attraverso giochi creativi e gruppi di discussione.

«Alcune persone vengono ai seminari con la mente aperta, e dopo ti accorgi che li hai fatti pensare», dice Tijana Todorovic, una delle studentesse-educatrici, «altri continuano semplicemente ad aggrapparsi alle loro convinzioni».

Coinvolgere uomini e ragazzi è stata una sfida in tutti i paesi. Le attiviste del Centro per l’educazione, la consulenza e la ricerca di Zagabria dicono che fra gli studenti e gli insegnanti che partecipano alle iniziative la stragrande maggioranza è femminile. Ma i giovani uomini sono anche i destinatari di una campagna promotrice della nonviolenza che Care sta sviluppando e che partirà quest’autunno, basandosi sugli studi del Centro Internazionale di Ricerca sulle Donne. La campagna comprenderà l’uso dei media e specifica formazione all’interno delle comunità, ma i dettagli non sono ancora stati determinati.

 

Bojana Stoparic

(per We News, 06/09/2007 - trad. Maria G. Di Rienzo)

 

 

Maggiori informazioni:

Center for Education, Counseling, and Research

Autonomous Women's Center

Medica


 
 
 
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