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Gianfranco Cordì: "L'attrazione". Spinoza.
Benedict Spinoza
Benedict Spinoza 
10 Novembre 2007
 

Natura naturante

 «Intendo per Dio un essere assolutamente infinito, cioè, una sostanza costituita da un’infinità d’attributi, ciascuno dei quali esprime un’essenza eterna e infinita» (p. 13); ovvero «Dio, ossia la sostanza costituita da un’infinità di attributi ciascuno dei quali esprime un’essenza eterna e infinita, esiste necessariamente» (p. 29). Ma «tutto ciò che è è in Dio, e senza Dio nessuna cosa può essere né essere concepita» (p. 39) infatti «tutto ciò che accade accade per le sole leggi della natura infinita di Dio, e segue dalla necessità della sua essenza» (p. 47). Dunque «tutte le cose sono state predeterminate da Dio, non già invero mediante la sua libera volontà o il suo assoluto beneplacito, ma mediante la natura assoluta di Dio, ossia mediante la sua infinita potenza» (p. 89). E Baruch Spinoza così può concludere che «per natura naturante dobbiamo intendere ciò che è in se ed è concepito per se, ossia quegli attributi della sostanza che esprimono un’essenza eterna e infinita, cioè Dio in quanto è considerato come causa libera» (p. 73).

 

 

Natura naturata

 Conseguentemente dice ancora che «per natura naturata intendo tutto ciò che segue dalla necessità della natura di Dio, o di ciascuno degli attributi di Dio, cioè tutti i modi degli attributi di Dio, in quanto sono considerati come cose che sono in Dio e che senza Dio non possono né esistere né essere concepite» (p. 73).

 

 

Gli affetti

 Si, «io mi accinga a trattare i vizi e le stoltezze degli uomini con procedimento geometrico, e voglia dimostrare con ragionamento certo cose che essi non cessano di proclamare ripugnanti alla ragione, vane, assurde e orrende» (p. 231) per cui «considererò le azioni e gli appetiti umani come se si trattasse di linee, di superfici, di corpi» (p. 231). Ora: «appetito… non è altro se non la stessa essenza dell’uomo, dalla cui natura segue necessariamente ciò che serve alla sua conservazione; e quindi l’uomo è determinato a farlo» (p. 253). Tre sono gli appetiti o le passioni primarie (o fondamentali): la cupidità, la letizia e la tristezza. Tutti gli altri appetiti derivano da questi.

«La cupidità è la stessa essenza o natura di ciascuno, in quanto è concepita come determinata a fare qualche cosa secondo una sua costituzione data qualsiasi; dunque, a seconda che ciascuno sia affetto da cause esterne con questa o con quella specie di letizia, di tristezza, di amore, di odio, ecc., cioè a seconda che la sua natura sia costituita in questo o in quel modo, la sua cupidità sarà necessariamente questa o quella, e la natura d’una cupidità differirà necessariamente dalla natura d’un'altra cupidità tanto quanto gli affetti da cui ciascuna deriva differiscono tra di loro» (p. 343). «La letizia è il passaggio dell’uomo da una minore a una maggiore perfezione» (p. 355) e «la tristezza è il passaggio dell’omo da una maggiore a una minore perfezione» (p. 355). A questo punto, io, Baruch Spinoza «chiamo schiavitù l’impotenza dell’uomo a moderare e a reprimere gli affetti» (p. 387) e dico che «poiché la ragione nulla esige contro natura, essa dunque esige che ciascuno ami se stesso, ricerchi il proprio utile, ciò che è veramente utile e appetisca tutto ciò che conduce veramente l’uomo a una perfezione maggiore, e, assolutamente parlando, che ciascuno si sforzi di conservare il proprio essere, per quanto dipende da lui» (p. 425). L’Etica ordine geometrico demonstrata adempie perciò lo scopo per la quale è stata scritta: rafforzare gli esseri umani nel loro percorso terreno.

Di fronte alle passioni gli esseri umani sono in genere deboli e indifesi. E si trovano in questo stato perché non conoscono sufficientemente la natura delle passioni. Spinoza ha adesso in mente di guidare gli uomini all’apprendimento di se stessi, del mondo e di Dio; ha cioè in mente di scrivere un’opera che renda più forte - attraverso la conoscenza - ogni uomo che si trovi alle prese con le proprie passioni e con i propri affetti. L’Ethica è dunque questa forza.

 

 

La conoscenza, la beatitudine e il carisma

Ma perché l’Ethica è dunque questa forza? Spinoza dice: «un affetto… è tanto più in nostro potere e la mente ne patisce tanto meno, quanto più lo conosciamo» (p. 557). Conoscere un affetto (essere consapevoli di una passione che ci sta agitando) ci rende automaticamente liberi. La forza dell’Ethica è allora proprio la conoscenza che scaturisce dalla lettura dell’Ethica. «L’uomo libero a nessuna cosa pensa meno che alla morte; e la sua sapienza è una meditazione non della morte, ma della vita» (p. 515). Solamente l’uomo che è guidato dalla ragione è un uomo libero. Per questo Spinoza può concludere che «nella vita… è anzitutto utile perfezionare l’intelletto o la ragione, per quanto possiamo, e in questo soltanto consiste la suprema felicità dell’uomo, ossia la beatitudine; giacché la beatitudine non è altro se non la stessa acquiscienza dell’animo che deriva dalla conoscenza intuitiva di Dio» (p. 529). La conoscenza degli affetti, l’esatta conoscenza degli affetti, conduce ora alla beatitudine. E l’Ethica è l’indicazione di questa conoscenza. La strada, il cammino, la via. Ma è anche (in virtù della comprensione che essa genera nell’uomo) la forza che l’uomo trova/prova nel suo cammino di autocoscienza. Conoscere gli affetti equivale a conoscere Dio: la Natura naturante che ha generato quella Natura naturata («l’intelletto in atto, sia finito o infinito, come pure la volontà, la cupidità, l’amore ecc. si devono riportare alla natura naturata, non già alla natura naturante», p. 75) della quale, poi, gli stessi affetti sono parte integrante. E conoscere Dio è «il bene supremo della mente» (p. 437).

Attraverso la conoscenza degli affetti gli esseri umani fanno propri gli affetti, la loro natura e le loro cause e così facendo si rendono partecipi dell’ordine geometrico necessario del tutto.

Gli uomini si appropriano delle loro passioni. Capiscono. Ne sono consapevoli. L’attrazione che essi avvertono verso la loro natura più intima è un istinto di ulteriore consapevolezza e intelligenza. L’Ethica è la forza. È quella forza che nasce da quel processo di apprendimento che si sta compiendo. La forza d’attrazione messa in campo da Spinoza è dunque quella che germoglia dalla comprensione gli affetti. Dal fare proprie le proprie passioni, dall’attrarle a se. Un’attrazione, questa, che genera una forza enorme. E un’attrazione che produce un carisma del tutto nuovo: quello per cui «chi conosce sé e i suoi affetti in modo chiaro e distinto ama Dio, e tanto più quanto conosce i suoi affetti» (p. 577). Ma non solo. Visto che «la suprema virtù della mente è conoscere Dio» (p.593) chi conosce se e i suoi affetti non solo ama, conosce, adora Dio ed è virtuoso al sommo grado ma «quanto più la mente» (p.611) sua ama Dio tanto più anche «la morte è meno nociva» (p.611). Il carisma generato dalla forza d’attrazione dell’Ethica ordine geometrico demonstrata di Spinoza è allora quello di un simile uomo.

Un uomo libero. Un uomo che conosce se e i suoi affetti. Un uomo che ama Dio. Un uomo che è guidato solo dalla ragione e per cui valgono fino in fondo le seguenti parole di Spinoza: «gli uomini che sono guidati dalla ragione, cioè gli uomini che cercano il proprio utile sotto la guida della ragione, non appetiscono nulla per se che non desiderino per gli altri uomini, e perciò sono giusti, fedeli e onesti» (p. 427).

Un uomo onesto. L’uomo per il quale Spinoza ha scritto questa sua Ethica.

Un uomo onesto che ha subito l’attrazione delle passioni.

 

 

«Massima superbia, o massima abiezione,

è massima ignoranza di sé»

Spinoza, Etica

 

Nda. Tutte le citazioni il cui numero di pagina è riportato fra parentesi sono tratte da: Baruch Spinoza, Etica, (testo latino dell’edizione critica di Carl Gebhardt, traduzione di Gaetano Durante, prefazione di Giorgio Agamben), Neri Pozza, Vicenza 2006.

 

Gianfranco Cordì


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