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“Vivo!” Kenneth Foster: la sua storia e la nostra storia
31 Agosto 2007
 

Il 30 agosto qualcosa è cambiato nella vita di Kenneth Foster. Il 31 agosto infatti è stato il suo primo giorno da risorto.

È cambiato qualcosa, forse, il 30 agosto nella vita di Rick Perry, metallico governatore del Texas, e del boia, al quale ha armato la mano robotica di una siringa dal contenuto mortale, per due volte appena pochi giorni fa. Che sia davvero cambiato qualcosa quel giorno per il folle manipolo di giudici di vita e di morte che non hanno rinnovato, per questa volta, la loro fidelity card di assassini. Nulla è cambiato invece nel cuore di coloro che nel mondo hanno visto la campagna di raccolta firme per chiedere la giusta giustizia dovuta a Kenneth e hanno chiuso gli occhi considerandola inutile se non fastidiosa per i loro invalidissimi motivi. Motivi?! Qualcosa invece è cambiato di certo nel cuore di chi ha aderito a questa campagna, può sentirsi ora completo, appagato, certo di aver fatto qualcosa di buono per la vita. Per una volta ha avuto conferma che i sogni non sempre si frantumano contro il muro di incubo della realtà. A queste persone, a cui mi sento di dire grazie, non solo perché non hanno gettato la lettera che ho loro consegnato o che hanno trovato nei negozi o nella loro cassetta delle lettere, ma perché semplicemente hanno avuto la volontà di tentare, almeno provare a salvare una vita umana, di accarezzare un sogno, come prima cosa e, come seconda, di dissociarsi da una politica che nel 2007 non è più accettabile, specialmente da un paese che pretende di aprire la via in campo sociale e democratico per tutti noi poveri disgraziati che statunitensi non siamo. A queste persone voglio dire quello che sento di aver imparato, il nostro piccolo, piccolissimo sforzo ha salvato Kenneth, unendosi nella totalità degli appelli da tutto il mondo, e questo, che era la missione finale, è la cosa più importante, ma ha anche avvicinato noi stessi alla nostra anima, per un attimo ci ha uniti nella speranza. Speranza, che per quello che mi riguarda, è esplosa come se fosse un guscio la sera del 30, a poche ore da quella che sarebbe stata la sua ultima ora, rivelando il suo contenuto: una splendente certezza, attraversata da una emozione travolgente prima e quieta poi. Una certezza, che anche io, come te, e tutti coloro, che di buona volontà, hanno messo il loro nome contro la sua esecuzione, che nasce dal fatto di essere concretamente una piccola tessera dell'immenso puzzle che, completamente formato, si è trasformato nella chiave di uscita dal braccio della morte per Kenneth. C'è motivo di credere che se anche una sola di quelle tessere non si fosse collocata al suo posto, magari il governatore Perry non avrebbe esercitato il suo divino potere di concedere la grazia. Questo è un ragionamento che serve per avere fiducia in quello che abbiamo fatto, anche se, dal mio punto di vista, non mi sento di aver realizzato nulla di miracoloso, ho solo dedicato un po' del mio tempo ad un progetto che mi è sembrato subito degno di esser intrapreso. Kenneth Foster, oggi può vivere proprio grazie a te, proprio grazie a me, in una certa percentuale. Non smettiamo di credere nei sogni, cerchiamo di realizzarli anche con quel poco che abbiamo a disposizione perché lo abbiamo già fatto oggi e non vi è motivo di credere che non possa ricapitare. A volte può esser dura svegliarsi di botto e scoprire che tutti quelli intorno a noi, con la loro sfiducia, avevano ragione, ma non per questo ci è consentito fermarci, non per questo ci è consentito seguire la corrente di un fiume che ci porta solo alla deriva spirituale. Non avremo fiducia nel sistema, io non l'ho, ma dobbiamo averla in noi stessi, avere la certezza che se quel fiume sta portando in un verso molti nostri vicini non per questo quello è il verso giusto, continuare a seguire il nostro cuore, anche come semplice gesto di lealtà verso noi stessi è ciò che ci dobbiamo e che dobbiamo alla società.

Questo è quello che ci insegna oggi, con tanto di dimostrazione, Kenneth Foster. Fai quello che puoi fare e certo hai già fatto qualcosa. Kenneth, pur non sapendo se avesse vissuto, mi ha voluto regalare qualcosa lo stesso, i bei momenti di umanità mentre distribuivo le lettere, l'entusiasmo di chi le ha accettate con fermezza, il vedere che in certi negozi dove le ho lasciate diminuivano in numero un poco alla volta e che mi ha fatto stare bene e, anche coloro che, chi più chi meno duramente, le ha rifiutate difendendo le sue, per me inconcepibili, posizioni, anche queste persone mi hanno fatto crescere. Quindi grazie Kenneth per aver messo la tua vita in palio per donare vita a me e chi come me nel mondo. E per il regalo più bello, a sorpresa, la sera del 30.

Kenneth Foster, matricola 999232, questo numero può benissimo essere il numero della pagina del libro degli errori, degli orrori, che pare essere il più scritto, quello con più ristampe, il più aggiornato e quindi il più apprezzato della storia dell'umanità.

30/08/2007, altro numero, tra gli orrori del mondo, che posso solo immaginare, in questa data ho la certezza di uno: quello che poteva essere l'omicidio di Kenneth Foster, orrore divenuto tale concepito nell'errore giudiziario, viziato da razzismo e da basso livello economico nella classe sociale, oltre ad un sistema giudiziario che per educazione definisco rivedibile.

Kenneth Foster, trentuno anni, oltre un terzo dei quali passati nel braccio della morte, e una figlia proprio undicenne che non ha ancora potuto abbracciare.

Una breve storia della sua vicenda è certo doverosa per darti l'idea di cosa è capitato, e per l'ennesima volta, nel sistema giudiziario statunitense. Premetto che io non ero sul posto, chiaramente, e non sono qua a fare l'avvocato ma riporto ciò che ho letto; rapina in banca effettuata da tre uomini, la telecamera li riprende e tra loro NON c'è Kenneth Foster. Una guardia perde la vita sotto i colpi di pistola di uno dei rapinatori. L'assassino è stato a sua volta ucciso dalla in-giustizia texana l'anno passato, e qui, dove molti diranno che è giusto, io apro una parentesi: ritengo che l'omicidio è l'atto di crimine estremo e vanno ricercati dei provvedimenti, ma vorrei salire alle cause di una rapina a mano armata, specialmente in un paese dalle spiccatissime disuguaglianze sociali. Credo che in un certo qual modo, in un determinato clima sociale, il fuorilegge sia figlio proprio di un sistema sociale che lo incanala già ad una vita di crimine con percentuale direttamente proporzionale al clima nel quale respira dal momento in cui nasce. Pare quasi che queste sacche sociali siano create ad arte e da sempre in quel paese così che il potere stesso possa sfogare i suoi istinti omicidi sui suoi figli resi diversamente abili alla nascita proprio da lui. Potrei dilungarmi, ma queste pagine non sono qui per questo.

Questo passaggio è solo per dire che sono contrario alla pena di morte comunque perché, cito il grande maestro educatore Gandhi, “occhio per occhio e il mondo diventa cieco”. Del resto nemmeno il più folle degli assassini annuncia la data della morte alla sua futura vittima. Non certo undici anni prima, non certo con la benedizione della legge, e non certo un rapinatore di banche, tantomeno Kenneth Foster, innocente. La pena di morte è una enorme pietra, franata di colpo, che blocca nettamente la tua strada e sai esattamente quante curve ti separano da lei. La pena di morte è la più chiara espressione, nella sua malignità, nella sua follemente fredda decisione, di omicidio premeditato. Per me è quindi l'atto criminale più grave al mondo: si uccide al pari di chi ha ucciso e in più si prende il sovrannaturale potere di giudicare vita o morte, proprio come il famoso gesto col pollice di quegli stolti degli imperatori romani.

E poi è molto ipocrita, dal mio morale punto di vista, che un paese che riempie i suoi militari di onori e riconoscimenti tanti più “nemici” uccide, che ha un presidente mandante di precedentemente detti omicidi, uccida un suo figlio per un solo omicidio. Come è possibile? Ah si i militari sono in guerra e devono sparare per non essere uccisi, sì a volte anche per svago certo, ma allora anche i rapinatori devono sparare per proteggere se stessi; i militari sparano in una grande guerra, il rapinatore spara in una guerra più piccola. Allora perché ai primi medaglie e ai secondi morte?! No medaglie a tutti non mi pare corretto, morte a tutti?! No nemmeno. Punizioni per entrambi e rieducazione, questa è la mia posizione.

Scusami sono quello che è definito il classico polemico, torniamo ai fatti. Bang bang e la guardia purtroppo muore durante le funzioni della sua professione. I tre lasciano la banca fermano una macchina e salgono su quella di Kenneth, che ignaro li scarrozza in giro.

Vengono fermati dalla polizia e i delinquenti da tre sono ora quattro. I due rapinatori all'interno della banca durante la sparatoria scontano tutt'ora l'ergastolo, l'assassino come ho detto è stato assassinato l'anno passato, e Kenneth si è guadagnato la morte per aver dato un passaggio a tre sconosciuti, come risultò infatti dal giro delle sue conoscenze, tabulati telefonici, ecc. Questo è ciò che ho letto il giorno in cui ho iniziato a impiegare un po' del mio tempo a favore di Kenneth Foster. Mettiamo, ora, che le indagini fossero tutte sbagliate e i miei complimenti alla polizia, e che Kenneth fosse complice, addirittura parente dell'assassino, ma la telecamera non mente: durante la rapina lui non era lì.

E questa ipotesi l'ho fatta solo per il fatto che io non ero sul posto e per essere il più obiettivo possibile. Io credo nell'innocenza di Kenneth Foster, troppi precedenti oramai sostengono il mio credo. Se non sbaglio proprio due italiani negli anni venti, a questo punto non così lontani, erano stati caldamente invitati a sedersi sulle sedia elettrica forti della loro dimostrata innocenza.

30/08/2007 rischia di venire ucciso, per prima, un uomo, poi un nero e poi un povero; rischia di venire ucciso, per primo, da un uomo, poi da un bianco, e poi da un ricco. La in-giustizia texana, fatta di “uomini” bianchi e ricchi.

Eppure un elemento in comune c'è da tutte e due le parti del muro, anzi del vetro della sala d'esecuzione, quell'elemento è l'uomo, meglio l'essere umano (per non discriminare la donna nella generalità del nome “uomo”).

Kenneth Foster, essere umano, come il suo disumano esecutore, come i suoi milioni di inumani esecutori nel mondo e come me, come te, perché trentuno anni fa pure io, pure tu e anche tu potevamo nascere nel corpo di Kenneth Foster.

Kenneth pare guadagnarsi la morte nel 2007 con il colore della sua pelle, con i soldi che non ha e quindi con due avvocati ridicoli passati per proforma d'ufficio, con il fatto di esser stato nel posto sbagliato nel momento giusto, e con il silenzio di tanti Pilato che guardano e si rimettono in cammino.

30/08/2007, fortunatamente, sopravvive un uomo. Questo però, premettendo la mia gioia, non mi permette di usare questo articolo per ringraziare il governatore, né tantomeno un ingiusto sistema. La giustizia è stata resa, (anche se l'ergastolo, in cui è stata commutata la pena, per un innocente però mi pare ben lungi dall'essere giusto), ma questo non cancella l'ingiustizia commessa, che potrà ripetersi.

Io non ce l'ho fatta a rimanere inerte, così ho cercato di fare il minimo che potevo. Ho stampato, e poi copiato, da internet il modulo prescritto indirizzato, cito dal testo, Honorable governor Rick Perry, anche se gli estremi per chiamarlo onorevole non li vedo nemmeno all'orizzonte di questo deserto di galanteria, e l'ho consegnato a vari negozi, a persone e specialmente ai ragazzi perché noi giovani di oggi saremo il nostro mondo di domani, e ho imbucato il documento tutte le notti dal giorno che l'ho saputo nei vari portalettere delle case che danno sulle strade a Morbegno e in due paesi vicini. Durante le mie consegne mi sono venuto a confrontare con diverse persone, tra cui un proprietario di attività che molto gentilmente, al contrario di altri, ha accettato di esporre le copie che gli assegnavo ma mi ha chiesto il perché c'è nell'aria tutto questo accanimento, queste dita puntate sul minimo errore degli Stati Uniti, e che per il Darfur e altre zone del mondo dove i morti non sono uno ma centinaia di migliaia non si fa nulla, e perché si parla delle esecuzioni statunitensi e non di quelle cinesi... La risposta più semplice è che mi pare che i cinesi per lo meno si fanno i loro affari, non stanno colonizzando il mondo con le loro armi e i loro tsunami mediatici, (al massimo con i giocattoli che, però, guarda caso sono bambole, aerei militari, guerrieri in perfetto stile occidentale, quindi se vogliamo fanno inconsapevolmente una bella propaganda al sistema stelle e strisce) dando da intendere il loro pessimo esempio imperante come l'esempio unico, e quindi giusto nella sua totalità, mascherandolo sotto sembianze democratiche con qualche azione, che come dimostra questa vicenda, evidentemente è solo di facciata. Se ho i pantaloni sporchi non dico ad altri di lavare i loro, prima è bene che io stesso mi lavi i miei. Il negoziante è rimasto sulla sua idea e ha concluso con: “La loro politica la eleggono in 350 milioni, quindi vuol dire che la maggior parte delle persone è a favore della pena di morte e questo è democratico. Chi siamo noi per insegnare la democrazia a loro?!” Il suo discorso non fa una grinza, è certo che i suoi politici, a parte quando non rubano voti in Florida, sono eletti democraticamente, eletti democraticamente da persone a cui manca coscienza democratica individuale e quindi per me si può al massimo affermare che democraticamente si elegge la non democrazia.

Mi è stato dato da intendere, che non ha valore salvare una sola vita quando nel mondo milioni, miliardi di persone soffrono e migliaia e migliaia hanno chiuso gli occhi proprio il 30 agosto. Perversamente mi è stato dato da intendere che è in qualche modo egoistico concentrarsi su un solo essere umano in una realtà malata come questa. Una società mondiale malata come questa. Ma forse una società malata non è fatta di individui che stanno male?! E allora non si deve partire da uno e cercare di guarirlo?! Nemmeno i chirurghi più esperti credo operino a cuore aperto due, dieci, mille pazienti insieme. Pure il mio medico, quando vado da lui per un raffreddore, mi fa entrare da solo. Uno. Oggi quell'uno era (è) Kenneth Foster. Per Kenneth Foster c'era almeno la possibilità di fare qualcosa molto più concretamente rispetto a tutti gli altri ai quali nemmeno è concessa la fortuna, nella sfortuna, di poter avere un palcoscenico mondiale al quale presentare le proprie vicende. Sono scuse per me trincerarsi dietro quella freddezza, quel distacco, quell'ipocrisia che porta a dire: “Chi è Kenneth Foster? Perché devo aiutarlo, ce ne sono di poveracci che muoiono di fame, di loro nemmeno si dice molto...” Be', lui è un essere umano e l'occasione per aiutarlo stavolta era tangibile, reale, materiale, il non farlo è per me sottrazione di aiuto e il cercare di giustificare questa scelta con discorsi “umanitari” del tipo che ho descritto è solo un'aggravante.

Il mondo, a cui piace dire: “O tutto o niente”, perché sa che spesso avrà tutto, questa volta ha applicato bene il concetto, o si salvano tutti o che importanza ha salvarne uno?! Il problema sta nel fatto che non si può salvarli tutti e quindi, ben sapendo questo, certe persone scendono facilmente la discesa dell'ipocrisia per tagliare il traguardo del: “Be', uno più o uno meno”.

E dietro questo buonismo il mondo si lava la coscienza senza più nemmeno dover usare il sapone.

Kenneth Foster, 31 anni, ha veramente rischiato di essere ucciso sul pianeta di Ponzio Pilato, ucciso dall'odio, l'ignoranza, l'ipocrisia, il razzismo, dalla voglia nulla di impegnarsi per qualcosa che vale la vita, dalla lontananza che il materialismo ha aperto tra gli esseri umani, dall'individualismo che erige i suoi spessi muri attorno alla nostra anima e dalla sfiducia dilagante che oramai ci fa apparire tutto impossibile e che ci lascia dormire beati in un sonno narcotizzato durante il quale chi è sveglio può permettersi di legare fili forti di cattiveria ai nostri corpi e farci marionette ideali per lo spettacolo che quel giorno gli consentirà di alleviare la sua noia.

È triste scoprire che per molti non vale più nemmeno la pena di credere di poter fare qualcosa, qualcosa pensato per migliorare la collettività.

Ognuno sarà giudice di se stesso.

Se il tuo destino sono stati questi undici anni, che nemmeno mi va quasi di concepire per la loro follia, affinché potessero cambiare opinione anche a uno solo di noi sulla pena di morte, allora, forse, non li hai vissuti invano. Se le mie parole hanno potuto cambiare opinione, anche a uno solo di voi, sulla pena di morte, allora non ho scritto invano.

Grazie alla mia Viviana, e a un mio amico che nei giorni di questo piccolo progetto mi hanno sostenuto e aiutato. Grazie anche a te che ancora una volta hai letto questo mio articolo, il primo che scrivo con il cuore leggero. Bentornato Kenneth, grazie.

 

Niccolò Bulanti

(per 'l Gazetin, settembre 2007)


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