Si riapre un nuovo anno scolastico. Con quali novità?
Quello scorso ci regalava l’immagine di un ministro che impugnava un cacciavite. Ma di viti tolte non ne abbiamo viste. In compenso c’è stato un “giro di vite” notevole alle speranze di abrogazione alla Riforma Moratti che ormai ci appare alquanto consolidata.
Di più. Qualche mese dopo le elezioni, l’attuale governo ha votato una finanziaria che taglia sulla scuola quanto ha fatto l’ex Ministro, Sig.ra Moratti. Riflettendo possiamo dirci che il Ministro Moratti forse è stata poco furba: se qualcuno le avesse sussurrato all'orecchio “non tagliare i docenti del tempo pieno, aumenta invece gli alunni per classe!” avrebbe ottenuto risultati maggiori. L’attuale governo ha tagliato in questo modo 50.000 docenti. In compenso (ne sentivamo la mancanza) è avvenuta l’immissione in ruolo di altri docenti di Religione Cattolica.
I politici che emettono circolari e declamano discorsi contro il bullismo, sono gli stessi che con la scorsa finanziaria lo favoriscono nei fatti: non crediamo occorra dedicare nemmeno mezza riga al nesso tra classi sovraffollate e diminuzione della qualità dell'insegnamento e della convivenza civile nelle scuole. Il ministro Fioroni si è “indignato” per l'esistenza dei bulli, ma aumentando il numero di alunni per classe e allo stesso tempo aumentare i finanziamenti alle scuole private, non ci appare serio. Il Presidente Napolitano ha definito il bullismo calamità nazionale ma la finanziaria che ha controfirmato ha tagliato i finanziamenti agli enti locali, i quali, presumiamo, faticheranno non poco a gestire gli edifici scolastici.
Una recente e, velocissima, sentenza del Consiglio di Stato (maggio 2007) ha stabilito che l’ora di religione concorrerà alla determinazione del credito per l’ammissione agli esami di maturità. Una scelta questa che mette in discussione la laicità delle istituzioni e che di nuovo, sottolinea la subalternità culturale delle istituzioni dello stato rispetto a enti e autorità “altre”. Ciò in barba alla Corte Costituzionale la quale, in seguito al nuovo concordato del 1985, stabilì che l’IRC non può e non deve rappresentare una discriminante. E, come sappiamo, non è vero che i ragazzi che non seguono l’IRC non finirebbero penalizzati in termini di attribuzione di punteggio, in quanto esiste l’opzione delle attività alternative. Infatti le attività alternative non sono obbligatorie e, spesso, non esistono, tant’è che in genere, la soluzione adottata, è quella della non frequenza.
In un momento in cui la scuola è sempre più chiamata alla sfida dell’interculturalità (che non significa abbandono o svendita delle proprie tante e diverse identità ma incontro plurale), si “dimentica” che solo il principio di laicità può permettere rispetto e tolleranza nei confronti di fedi e culture altre. Spiace che questa recente sentenza del Consiglio di Stato sui crediti IRC evidenzi come il concetto di cittadinanza non sia così chiaro e univoco e come spesso anche le Istituzioni statali confondano cittadinanza con appartenenza religiosa.
Ci auguravamo, come primo segnale di miglioramento, di vedere gli istituti scolastici della provincia prestare maggiore attenzione agli alunni che non si avvalgono dell’I.R.C anche attraverso proposte chiare e rese evidenti all’atto dell’iscrizione nel gennaio 2007, come avviene per i loro compagni che si avvalgono. E, notiamo, la circolare ministeriale sulle iscrizioni è quasi indistinguibile da quella di un anno fa…
Nel corso dell’anno appena trascorso abbiamo avuto ancora un aumento delle iscrizioni alla nostra Associazione. A nostro avviso questo appare essere un indicatore positivo della attività di sensibilizzazione da noi svolta in provincia di Sondrio. Inoltre ci pare di cogliere, attraverso questo riconoscimento, una richiesta di maggiore laicità nelle Istituzioni che si occupano di formare i cittadini di domani. Nell’anno scolastico precedente sono state numerose le segnalazioni pervenuteci dai nostri soci e simpatizzanti, soprattutto inerenti alle proposte delle attività didattiche relative alle festività natalizie e alla mancata organizzazione di attività alternative all’I.R.C.
Ci spiace dover rilevare, con poche lodevoli eccezioni, anche la difficoltà che alcuni soci sottolineano nel rapportarsi alla Dirigenza scolastica: emerge a volte un vissuto di incomprensione rispetto ad una diversità di posizioni religiose, filosofiche o di idee che si percepisce tutti preferirebbero che non fossero esplicitate. Spesso l’idea è che, esistendo numericamente una maggioranza religiosa (reale ma anche conforme acriticamente ad una supposta tradizione), chi non condivide dovrebbe “abbozzare” nella migliore filosofia italica, visto che in fondo “non si fa del male a nessuno”. I pochi che si fanno carico di sottolineare queste “benedette” differenze percepiscono poca comprensione e la necessità di ribadire a chi, in teoria, lo dovrebbe sapere per competenza istituzionale, la necessità di creare contesti educativi trasversali, che contengano valori ampiamente sottolineati da programmi ed indicazioni ministeriali (oltre che dalla Costituzione). Non è facile, anche perché il genitore coglie la asimmetria di potere fra sé e insegnanti e dirigenti e l’immagine fantasma del proprio figlio vissuto come diverso dalle istituzioni, è dentro in ciascuno di noi.
I pochi genitori che vogliono dialogare con l’istituzione scuola su questi temi, alcune volte avvertono la presenza di un pre-giudizio ovvero hanno la sensazione di essere vissuti come genitori poco flessibili, ideologicamente rigidi e poco adeguati sul piano educativo semplicemente perché si definiscono, non tanto antagonisti ad alcune scelte educative tradizionali (tra cui la scelta dell’IRC), ma semplicemente portatori (sani) di idee differenti, né migliori né peggiori, semplicemente diverse.
Spesso constatiamo che, al di là delle altisonanti enunciazione sulla supposta “collaborazione scuola-famiglia” e sulla necessità che “queste due importanti agenzie educative dialoghino” , l’incontro dialettico con insegnanti e dirigenti è spesso difficile. La sensazione è quella di “rompere”, di disturbare il tranquillo corso delle lezioni, delle attività: spesso assistiamo ad un equivocare (comodo?) le nostre posizioni e le nostre richieste, che si traducono sostanzialmente nel mostrarci visibili come identità “altra”.
Nessuno e tanto meno la nostra Associazione, vuole disconoscere le tradizioni (che comunque fluiscono, cambiano e si adattano, ci piaccia o meno, al contesto culturale), nessuno vuole disconoscere l’importanza della cultura religiosa cattolica in una parte dei nostri cittadini, nessuno può non rilevare come i cittadini che professano la religione cattolica abbiano a disposizione sul nostro territorio sedi, operatori religiosi e laici, organizzazioni che a vario titolo soddisfano i loro bisogni spirituali e aggregativi. Nessuno all’interno della nostra Associazione vuole cancellare il presepe o sostenere che Babbo Natale sia peggio o meglio di Gesù Bambino.
Quello che rileviamo è che, soprattutto nell’ultimo decennio, tradizione e difesa del Presepe siano quasi diventati sinonimi di un certo fondamentalismo ed integralismo sia culturale che religioso così come il parlare di identità nazionale e culturale pare automaticamente rimandare ad identità religiosa e cattolica nello specifico. Vorremmo che la scuola non desse per acquisito una sorta di atteggiamento tollerante e così evitasse di confrontarsi con le sfide del quotidiano che concretizzano gli assunti educativi. Essere laici e assumere il concetto di laicità non si realizza nel definire la scuola come pubblica e naturalmente laica ma significa interrogarsi sui problemi che le idee (tutte!) pongono e trovare prassi educative che non escludano alcuno.
Ci sono state anche delle situazioni in cui l’Associazione ha interloquito e costruito interessanti ponti comunicativi con docenti e dirigenti, ponti che hanno contribuito da un lato a conoscere meglio gli obiettivi della scuola e, dall’altro, le finalità della nostra associazione.
Per quanto riguarda la proposta negli istituti scolastici della nostra provincia, delle attività alternative, il panorama è piuttosto desolante.
Molti soci scelgono la frequenza all’IRC (con il mal di pancia), altri l’uscita dalla scuola (in assenza di programmi), altri ancora accettano l’incertezza organizzativa, scoprendo poi che il proprio figlio non fa… nulla. Con piccole ma proprio piccole oasi.
Un istituto di Scuola superiore di Sondrio indica nell’allegato mod. B alla domanda di iscrizione le quattro possibili scelte per gli studenti che non si avvalgono dell’i.r.c., ma segnala specificamente che per le opzioni A e B (quelle che richiederebbero il coinvolgimento di personale docente), «...l’istituto difficilmente potrà garantire tali attività». (sic!!!) E l’istituto in questione è il Liceo Ginnasio statale “G. Piazzi” di Sondrio.
Nessun istituto della scuola dell’obbligo (vorremmo essere smentiti) indica nel modulo di pre-iscrizione che cosa è l’alternativa. È così impossibile? O invece è anche una scelta, consapevole o meno, della direzione?
L’esperienza che ci viene da altre realtà, indica che, a fronte di una attività strutturata e resa chiaramente visibile nei documenti che presentano la realtà educativa scolastica, il numero delle adesioni cresce.
Nel concludere ricordiamo che l’unico obiettivo che vorremmo raggiungere come Associazione (associazione che si regge sul lavoro di volontari e che trae sostentamento solo ed unicamente dalle quote di iscrizione), è quello di stimolare una riflessione sul significato di “cosa pubblica” e di laicità e di invitare le persone che si occupano di educare, non solo istruire, i nostri figli, a prestare reale attenzione alla diversità e differenza di cui ogni alunno è portatore, concetti che non possono essere relegati solo nelle carte di presentazione dei servizi o P.O.F.
Segreteria dell’Associazione Scuola e Diritti
(per 'l Gazetin, settembre 2007)