Siamo d'accordo con il senatore Umberto Bossi per lo sciopero dal gioco (Lotto, Superenalotto, lotterie varie, ecc.) che porta alle casse dell'erario 9 miliardi di euro (2006).
Avevamo già fatto notare che lo sciopero fiscale è già in atto: con 115 miliardi di evasione la “rivolta” non ha senso. Ci sono milioni di contribuenti a reddito fisso che pagano per gli altri milioni di connazionali che alimentano i 115 miliardi di evasione.
Che fare dunque contro un Governo sanguisuga? Si potrebbe non pagare le tasse attuando uno obiezione fiscale e andando incontro alle relative conseguenze (ricordiamo che gli Stati Uniti d'America ebbero origine proprio da una rivolta fiscale). Oppure si possono attuare forme di protesta come quella indicata dal senatore Bossi. Non esiste un obbligo di giocare e rinunciando si diminuiscono le entrate per l'erario. Non facciamo certo i moralisti, ché ognuno del proprio denaro fa ciò che vuole, ma questo è uno Stato che vieta, per esempio, i casinò ma consente giochi più “pericolosi” e non rispetta le regole del gioco dell'azzardo.
Un esempio? Il Superenalotto. In un sistema di libero mercato chi gioca dovrebbe avere il corrispettivo del rischio. Nel caso del Supernalotto, la probabilità di azzeccare la combinazione è di una su 622 milioni e per una giocata di 0,5 euro si dovrebbe avere, in caso di vincita, 622 milioni il valore della giocata, cioè 311 milioni di euro. In realtà si riceve solo il 30% del premio. Se il ragionamento appare assurdo si consideri il gioco alla roulette. I numeri sono 36 (37 con lo zero) e nel caso di una puntata vincente su un solo numero, si riceve 36 volte la posta (comprensiva di quest'ultima). Lo stesso ragionamento si dovrebbe applicare a tutti i giochi, Superenalotto compreso. C'è un'evidente disparità tra il rischio e il premio in palio ed è lo Stato a guadagnare.
Insomma, contro il vampiro moralista è bene sottrarsi. In questo caso al gioco.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc