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Amando De Ossorio. La cavalcata dei resuscitati ciechi (1973)
25 Agosto 2007
 

Amando De Ossorio deve la sua fama al ciclo dei resuscitati ciechi, una variante sul tema degli zombi modificata nella storia dei Templari che tornano dalla morte e chiedono un tributo di sangue. Il film è ambientato in Portogallo, per sfuggire alla rigida censura franchista che non avrebbe permesso una pubblicità negativa alla Spagna turistica. L’antefatto mostra i Templari accecati e uccisi dal popolo che promettono un ritorno a base di sangue e vendette. La promessa viene mantenuta cinque secoli dopo nel paesino di Bouzano, proprio in occasione della festa che commemora l’uccisione dei Templari. La trama horror è resa meno cruda da una storia d’amore tra Luis (Tony Kendall), incaricato dal sindaco Ortiz (Ferdinando Sancho) di occuparsi dei fuochi artificiali, e Vivian (Esperanza Roy). Vivian è fidanzata con il malvagio sindaco, ma in passato ha avuto una storia con Luis e si rende conto di amarlo ancora. La mattanza dei resuscitati ciechi comincia per colpa dello scemo del villaggio che sacrifica una ragazza sulle loro tombe e pensa di poter guidare la vendetta. I cavalieri escono dalle fosse cavalcando destrieri zombi e si impossessano della città seminando morte e terrore.

La pellicola è il seguito de Le tombe dei resuscitati ciechi ma non è in connessione con la precedente e si può gustare anche senza aver visto il primo film. Il film successivo è La nave maledetta (1974), ma va citato anche La notte dei gabbiani (1975), ultimo capitolo della saga.

Il critico italiano non può fare a meno di notare analogie tra il cinema di De Ossorio e quello dei nostri Fulci e D’Amato, anche se al regista spagnolo manca la forza di filmare la morte e di andare oltre il consentito tipica di Fulci. H. G. Lewis, il padre del gore, fa sentire la sua influenza, soprattutto per molte sequenze di squartamenti realistici e di estrazione delle viscere dal corpo umano. L’ambientazione provinciale è perfetta e a tratti fa venire in mente Non si sevizia un paperino (1972), così come il pasto cannibale del cuore umano fa tornare alla memoria Antropophagus (1980). L’antefatto che narra l’eccidio dei Templari sembra figlio della medesima ispirazione che troviamo nelle prime sequenze de L’Aldilà (1981) di Lucio Fulci. La scena dei resuscitati ciechi che escono dalle fosse ricorda quella simile di Zombi 2 (1979), quando i corpi di vecchi conquistadores risorgono dalla morte. De Ossorio usa molto il rallenty per far muovere i resuscitati e l’andatura lenta dei morti viventi ricorda gli zombi di Fulci, anche se i due registi conservano una ben definita originalità. De Ossorio realizza un’insolita variazione sul tema degli zombi ispirandosi a un ciclo di poesie ottocentesche sui fantasmi dei Templari, anche se i suoi resuscitati sembrano una sorta di mummie. Molto intensa la lugubre musica di sottofondo che diventa angosciante ogni volta che i Templari colpiscono e ricorda le celebrazioni liturgiche. Tipico di un film di zombi è lo svolgimento finale sullo schema di un western (indicativa la presenza di Ferdinando Sancho, cattivo per antonomasia di tanti western italiani) con gli uomini assediati e i resuscitati che attaccano e uccidono. Molte analogie si riscontrano con La Chiesa (1988) di Michele Soavi, soprattutto nella parte finale, anche se qui non sono i demoni che aggrediscono il gruppo sotto assedio. Da notare un finale ad alta tensione con una bambina in pericolo usata come esca dal perfido sindaco Sancho.

La cavalcata dei resuscitati ciechi è un film che realizza una bella atmosfera di terrore durante una notte lunga e ventosa che termina con la luce del sole e una sorpresa finale. Punti deboli sono una lentezza eccessiva, alcuni dialoghi datati e un affrettato finale. Considerando che la pellicola è del 1973, resiste bene al passare del tempo e resta un esempio di horror intelligente e originale.

 

Gordiano Lupi


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