Ultimo giorno in Albania.
Me ne vado con la giusta dose di malinconia e un bel gruzzoletto di emozioni, felice di non avere ancora decifrato completamente questo splendido Paese e curioso, dunque, di potere continuare a farlo in un imprecisato futuro.
Tirana è una città invisibile di Calvino: potrebbe chiamarsi Folliria. Sono indeciso tra due teorie: secondo una, gli abitanti ogni notte si scambiano i rispettivi appartamenti, di modo che la mattina dopo ti sembra di non riconoscere i passanti per le strade, quasi fosse la prima volta che li incroci; secondo l’altra, invece, Tirana è una specie di città girasole, le cui abitazioni, appunto, ruotano continuamente alla ricerca della luce (ed è questa, forse, la ragione di tante dissonanze architettoniche).
Qualunque sia la chiave di lettura, comunque, lascio questo Paese in armonia col disordine: stonare, a volte, è il miglior modo di riempire un pentagramma.
Kennedy, in un suo famoso sopralluogo ai tempi della cortina di ferro, ebbe a dire Anch'io sono berlinese.
Anche per me la metamorfosi è compiuta.
Concludo, dunque, con un nuovo inizio: edhe une jam shqip
Anch'io sono albanese!
Luciano Canova