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NOSTALGIA DELLE LUCCIOLE  
La natura è generosa. Prendi quello che ti offre, nel modo in cui te lo offre. Le lucciole ti illuminano il cammino solo se lasciate in libertà
16 Novembre 2005
 

Una lucciola!!! Da quanti anni non ne vedevo una!!!

È bastato quell’unico puntino luminoso, sbucato da chissà dove, per riportarmi alle primavere della mia infanzia. A quei tempi eravamo tutti poveri ma la cosa non ci pesava. Eravamo felici con niente. La natura, particolarmente a primavera, ci appagava con le sue meraviglie. Era una festa di colori. Nei prati facevano capolino i bucaneve (campanelle bianche che annunciavano l’arrivo della primavera).

Non coglierli mi diceva la nonna – fanno venire il mal di testa.

Credenze popolari – rispondevo ma non li colgo perché nei prati vivono, mentre nei vasi muoiono.

Poi era la volta dell’azzurro dei celestini, del viola delle bocche di leone, del giallo delle primule e delle scarpette della Madonna. Ma su tutti troneggiavano lei, la regina dei prati, la pratolina (detta anche margheritina), piccolo sole circondato da sottili petali bianchi.

Le serate in primavera erano particolarmente tiepide. I prati, come per incanto, si animavano di migliaia di piccole luci.

Sono le lucciole mi diceva la nonna segnano la strada al viandante nelle notti senza luna.

Ne ero affascinata, sarei rimasta a guardarle per ore.

È ora di rientrare.

Ancora un momento, nonna. Sono così belle!

Le guarderai domani sera.

E se domani non ci fossero più?

Per un po’ ci saranno, stai tranquilla.

Ma le piccole meravigliose lucciole non erano affatto al sicuro. I monelli si divertivano a raccoglierle in grandi quantità, in bicchieri, per farne dei fari dicevano.

Le lucciole, fatte prigioniere, si spegnevano inesorabilmente e i loro aguzzini, non sapendo più che farsene, quasi per vendicarsi, le calpestavano sotto i piedi. E così, giorno dopo giorno, la scia luminosa si assottigliava sempre più, fino ad annientarsi.


Vanna Mottarelli



 
 
 
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