Regia di Lucio Fulci. Direttore della fotografia: Sergio Salvati. Musiche originali: Fabio Frizzi. Soggetto: Ettore Sanzò e Gianni De Chiara. Sceneggiatura: Ettore Sanzò, Gianni De Chiara, Giorgio Mariuzzo e Lucio Fulci. Scenografia: Francesco Calabrese. Costumi: Massimo Lentini. Montaggio: Vincenzo Tomassi. Intrerpreti principali: Fabio Testi, Ivana Monti, Guido Alberti, Enrico Misto, Ajita Wilson, Marcel Bozzuffi e Saverio Marconi.
Un ottimo poliziottesco condito di violenza e messaggi sociali, in puro stile Lucio Fulci, cineasta abituato ad andare oltre e a filmare scene di orrore estremo, superando i limiti che altri registi erano soliti imporsi. Fabio Testi è Luca, contrabbandiere vecchio stampo che si vede uccidere il fratello da un’organizzazione di nuovi malavitosi guidata dal Marsigliese e dal traditore Perlante. La posta in palio è il nuovo mercato della droga che dovrebbe soppiantare il vecchio traffico del contrabbando di sigarette. Luca vuole vendetta, individua nel boss Sciarrino il possibile colpevole, ma alla fine si rende conto che il nemico è Perlante, un boss che ha sempre servito fedelmente, e si allea con il vecchio rivale per combattere una lotta all’ultimo sangue.
Lo scontro è tra la nuova e la vecchia criminalità, tra un mondo di delinquenti che si muovono secondo determinati valori e i boss del futuro che cercano solo il profitto. La pellicola gode di un’ottima fotografia e di inconsuete scene di inseguimenti marittimi a bordo di motoscafi. Potremmo definirlo un poliziottesco atipico ben ambientato nel golfo di Napoli e ricco di scene di azione molto acrobatiche. Il ritmo è quello di un noir di Scerbanenco, pure se Milano rappresenta solo la città natale di Luca che si è trasferito a Napoli dopo aver perso il lavoro. Fulci dissemina la pellicola di messaggi sociali e giustifica la scelta malavitosa del protagonista con la chiusura della fabbrica. L’economia napoletana è basata sulla camorra perché manca il lavoro, fa dire il regista ai suoi personaggi. Non ha tutti i torti, ma la denuncia sociale è forte. La moglie di Luca è un’ottima Ivana Monti, la coscienza del contrabbandiere, la donna che gli sta vicino e soffre per lui, ma vorrebbe convincerlo a cambiare vita. Tra gli attori citiamo anche un buon Saverio Marconi, perfetto nella parte del boss doppiogiochista che si schiera con la nuova malavita. Il film si ricorda anche per molte scene spettacolari come l’inseguimento tra motoscafi nel golfo di Napoli, l’uccisione del fratello di Luca che precipita sulle scogliere, i funerali in mare del contrabbandiere, un malavitoso che finisce nell’acido solforico, una donna sfregiata con il fuoco, omicidi efferati a base di corpi maciullati, l’uccisione di Perlante con il collo che implode in un eccesso di sangue e molte altre che non è il caso di menzionare per non togliere il piacere della sorpresa.
Luca il contrabbandiere realizza anche una bella ricostruzione della malavita napoletana dei primi anni Ottanta e fornisce un quadro dei possibili scenari futuri. Il Marsigliese rappresenta il nuovo contrabbando, quello disonesto, che non si tira indietro di fronte a niente e che cavalca lo squallido mercato della droga. Luca, invece, è un contrabbandiere pulito, onesto, che si limita al commercio di sigarette, una frode fiscale che non uccide nessuno. La pellicola è intrisa di citazioni di vecchi film western e poliziotteschi che fanno capolino attraverso la figura del suocero di Luca, appassionato dei due generi cinematografici. Il film è rapido, raccontato per immagini e con pochi dialoghi, le scene d’azione sono ben fatte, solo le parti di raccordo risultano lente e macchinose. Una sequenza ben girata è quella della retata della Guardia di Finanza per i vicoli di Napoli, che riproduce uno spaccato realistico dei bassifondi partenopei. Lucio Fulci porta la macchina da presa nelle case della gente, fa sentire il profumo del pesce ai mercati generali, filma la povertà di chi si ciba con spaghetti al pomodoro e nasconde stecche di sigarette. Una scena di insolita violenza è quella che vede protagonista Ivana Monti, violentata in diretta telefonica per intimorire il marito, sfregiata e sodomizzata su ordine del boss. Fulci riesce a essere credibile anche nelle poche sequenze di erotismo malsano che non possono mancare in un noir che si rispetti. Si sente la lezione di Scerbanenco e ci sono molte similitudini con il cinema violento ed efferato di Ferdinando Di Leo.
Ottimo il finale, con la prevedibile resa dei conti, ma soprattutto con una stupenda frase messa in bocca a un vecchio boss: «Bisogna tenere a bada la droga, perché con questo sole e con questo mare la droga che c’entra?». Il messaggio profondo è contro la droga, come sempre basta non fermarsi in superficie e giudicare un film solo da poche scene efferate e per alcuni eccessi di violenza.
Luca il contrabbandiere non presenta una sola sequenza gratuita, tutto è giustificato dalle regole non scritte di un buon racconto nero. Fulci amava molto questo film e lo riteneva una delle sue opere più riuscite. Non aveva torto.
Gordiano Lupi