Sicuramente il primo ambito educativo è la famiglia.
Dire famiglia fino a 30 anni fa significava un gruppo composto generalmente da padre, madre, figli, più nonni eventuali. Prima ancora era un luogo dove da un’unica cucina gestita dalla ‘nonna’ uscivano più generazioni contemporaneamente, una sorta di famiglia allargata in cui i bambini trovavano un loro ruolo, accanto a genitori, zii non sposati, nonni. Da sempre le donne lavorano in casa e in campagna, ma la cura dei figli avveniva in contemporanea. L’organizzazione del lavoro moderno, dalla rivoluzione industriale in poi, ha costretto le madri a delegare la cura dei bambini. I primi asili nido erano nati, infatti, per sopperire a questo bisogno di accudimento. Ma dobbiamo attendere molto tempo prima di vedere istituzioni che si occupano di bambini in termini adeguati. Far crescere i figli diventa un compito sociale nel momento in cui le famiglie non riescono da sole a farvi fronte e la società decide di assumersi l’onere. E un indicatore della qualità della vita riguarda la presenza di servizi per l’infanzia.
In questi ultimi 20 anni le famiglie si sono trasformate, ovvero troviamo tanti modelli di convivenza che hanno modificato anche le pratiche di allevamento dei figli e in genere tutta l’educazione. Il divorzio introdotto nel 1974 e l’inserimento diffuso delle donne nel mondo del lavoro, hanno prodotto nuove realtà sociali per i bambini che vivono in modo molto diverso dai piccoli dell’immediato dopoguerra.
Dipende certamente anche dal contesto territoriale, ma generalmente oggi troviamo famiglie molto piccole, uno o due genitori, con uno o due figli, qualche volta si arriva a 3, raramente a 4 e 5. Genitori che lavorano e che affidano a nonni zii, baby sitter, la cura dei loro piccoli per alcune ore della giornata, dopo la scuola a tempo pieno per chi riesce a trovarla. La giornata di una famiglia normalmente attrezzata scorre su ritmi abbastanza frenetici; il mattino si corre per arrivare in tempo a scuola e al lavoro, il pasto del mezzogiorno non esiste per chi fa turni unici, il pomeriggio è ben occupato, la sera forse si salva, se non ci sono impegni sociali o sportivi o mondani.
In un quadro così delineato i bambini trovano spazi risicati, ma soprattutto vedono molte persone che si occupano di loro. La varietà va da famiglie monogenitoriali a famiglie allargate, ricostituite, dove i bambini convivono, a tempo, con nuovi padri e nuove madri, altri fratelli e parenti acquisiti. La ricomposizione familiare, a volte, diventa impegnativa. E con tutte queste figure adulte i bambini imparano a districarsi nei loro problemi, organizzano i fine settimana da un genitore, frequentano la scuola in un altro luogo, comprano i loro abiti in un altro, seguono corsi, frequentano persone in luoghi diversi. Molti adulti si occupano di loro e siccome è evidente che ciascuno riesce a gestirli per il tempo necessario, nessuno si preoccupa di coerenza educativa tanto difficile da raggiungere anche quando esistono solo due genitori. La coerenza rappresenta già un obiettivo faticoso per l’adulto, immaginarsi quando l’accordo dovrebbe riguardare più persone che per svariati motivi non condividono più nulla!
Anche quando si condivide il tempo da dedicare ai figli, spesso si rinuncia al ruolo di genitori perché troppo faticoso. I bambini spesso sono disorganizzati, ma come possono organizzarsi se i loro beni (quaderni, libri, tute, strumenti, costumi,…) sono in qualche casa che non ricordano più? Spesso sono fuori contesto e faticano a inserirsi dopo tanti in cui devono vivere. Molti genitori hanno grandi aspettative e investono sui figli per farne ragazzi di successo. Ma è proprio ciò che loro desiderano?
Qualche volta sono persi, non sanno a chi aggrapparsi, chiedere aiuto, da chi andare quando hanno paura, oppure non riescono a dormire sereni la notte. Come far capire agli adulti che vorrebbero semplicemente avere un punto di riferimento stabile per giocare, consolarsi, piangere o ridere quando ne hanno bisogno?
Molte famiglie faticano a creare un contesto adeguato di crescita per i loro piccoli. Il ruolo di genitore si è stemperato nelle molte figure che si occupano dei figli con la conseguenza che nessuno riesce più a dire di no ai bambini che semplicemente vanno contenuti. Da un lato vivono dentro una organizzazione adulta, con grosse possibilità di scelta del cibo, vestito, giochi o programmi TV e video, dall’altra mancano di una vita sociale: semplicemente della possibilità di giocare soli o con chi desiderano, dentro o fuori casa senza i controlli spasmodici degli adulti e al di fuori dei corsi e delle attività organizzate.
Dentro un quadro così parcellizzato il processo di condivisione dei valori che le comunità trasmettevano si è interrotto. Ma si è frantumato, secondo molti, proprio l’idea di comunità educante dove vigeva il controllo sociale sui minori, oggi il bambino appartiene solo alla sua famiglia e da questa frantumazione è nato l’individuo, misura di se stesso, creatore e giudice, centro del mondo. Ma questo è un altro capitolo.
Fausta Svanella