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Luciano Canova. Diario albanese – 1. La questione balcanica, bar, trasporti pubblici
07 Agosto 2007
 

Da luglio inoltrato, Luciano Canova, che poi dall'autunno potremo seguire dall'Oblò francese(?) si trova a Tirana per ragioni di studio e lavoro e/o forse... (giudicate voi) un po' di vacanze. Su un blog che si nasconde nella rete con nomi diversi ha iniziato una sorta di diario (balkanblog, in codice) che, per allietarvi l'estate, Tellusfolio è stato autorizzato a riproporvi qui. Lo facciamo per parti, sfogliando più pagine alla volta per recuperare in fretta il pregresso e giungere velocemente a seguire il viaggio in tempo reale. Buona lettura. (e.s.)

 

 

venerdì, 20 luglio 2007

La questione balcanica

 

Cari amici,

eccomi in un Internet café di Tirana. Devo dire che la tastiera è una perfetta metafora di come si sta qui: ogni cosa è al posto sbagliato o, quanto meno, dove non te l'aspetti.

Così l'accento è dove dovrebbe essere il punto di domanda e i due punti in corrispondenza della chiocciola.

Per trovare la chiocciola, poi, mi sono rivolto al tipo che gestisce il posto e lui, guardandomi come un mentecatto, mi ha detto, come se fosse ovvio, di schiacciare F9...

Va be', che dirvi? Fa un caldo terrificante, ci saranno 6-7000 gradi fuori.

Tirana è un guazzabuglio incredibile, venuta su come un brufolo nella notte.

Ma mi piace e le persone sono divertenti. Ieri in nave il barman sorrideva a vedere l'unico italiano che non capiva una cippa di quello che gli dicevano intorno: mi è parsa la giusta rivalsa per chi, solitamente, la discriminazione la subisce.

Oggi primo giorno di lavoro ma i ritmi balcanici mi piacciono: caffè, pausa di due ore perché va via la corrente, tabella excel senza troppa lena, pranzo, caffè, pausa di 3 ore perché va via la corrente, altra tabella excel, s'è fatta 'na certa e ci vediamo domani...

Ogni Paese si riflette nella sua lingua e infatti l'albanese dà la sensazione compiuta, riflettendosi, di essersi frantumato in mille pezzi come uno specchio.

Il guaio è che le singole tessere, in qualunque modo le giri, non si riposizionano nella cornice neanche a forzare.

Spero di tenere un piccolo diario di viaggio su questo blog, anche se Internet è davvero lentissimo: oggi ho provato la sensazione da madeleine nell'ascoltare il vecchio rumore del modem che si connette a 56K.

Ora vado a comperare da mangiare: c'è un formaggio che m'attizza ma potrebbe essere stato fatto letteralmente con latte comunista, nel senso di fine anni '80.

Comperarlo o non comperarlo? Questa stasera è per me la vera questione balcanica.

 

 

lunedì, 23 luglio 2007

Tutti nello stesso bar

 

Qual è la differenza tra povertà e ricchezza? Passeggiando per Tirana, il modo migliore di darsi una risposta, forse, è dare un'occhiata ai bar e ai ristoranti: in una città di 700.000 abitanti, ce ne sono una miriade. Alcuni kitsch, alcuni posh, ma ciò che conta, in termini di qualità, è che non sfigurerebbero neppure in corso Como.

Ai lati delle strade, invece, condomini decadenti di epoca comunista, piccole botteghe dove improbabili commercianti cercano di sbarcare il lunario, rifiuti e palazzi dismessi...

Il contrasto è impressionante: eppure, quando si entra nei locali, è come isolarsi all'interno di un acquario, staccare la spina e non pensarci più: chissenefrega se non c'è acqua per la popolazione.

Ciò che conta è avere un posto dove berci sopra.

La differenza tra povertà e ricchezza, specialmente in questa stagione, è palpabile attraverso i sensi: in particolare, olfatto e tatto.

Appena si entra in un bar, o in un ristorante, si è piacevolmente invasi dalla brezza del condizionatore, che fa bella mostra di sé davanti all'uscio: il chiacchiericcio e le risate facili proseguono col lento brontolio litanico dell'aria che viene costretta a modificarsi.

Forse è proprio una bella metafora: l'aria che conduciamo attraverso il condizionatore per farci sentire più liberi.

Di una libertà, appunto, condizionata.

Quando si esce, però, si è immediatamente travolti dall'inferno dei 40 gradi senz'ombra: l'aria ti si appiccica ai vestiti e, forse per la prima volta, pensi a quei poveretti che, ai bordi della strada, cercano di vendere banane nerissime o raccattano lattine nei cassonetti della spazzatura.

La tentazione è quella di tornare dentro, nell'isola della dimenticanza: siedi ad un tavolino, ricominci a chiacchierare e, improvvisamente...

POF.

Va via la corrente e, democraticamente, l'aria si fa irrespirabile anche dentro, costringendo i tuoi pensieri a galleggiare stancamente nell'afa insopportabile di questo spicchio di Balcani. Così, anche i proverbi si spezzano a metà, mentre ritrovi la consapevolezza di un'umanità da condividere: e finalmente ti accorgi che siamo tutti nello stesso bar...

 

 

martedì, 24 luglio 2007

Trasporti pubblici

 

Oggi sono salito sul bus per piazza Skaldelberg (centro centro): un biglietto costa 20 leks (circa dieci centesimi di euro).

Il prezzo è onestamente minimo, così come la probabilità di arrivare a destinazione.

A parte questo, però, mi sono seduto e ho guardato in giro: accanto a un prete ortodosso, infatti, sedeva spensierato un televisore. Tutti e due se ne stavano composti, ognuno nel suo scranno: il primo sembrava uscito da un'icona bizantina e il secondo da qualche discarica dell'Unieuro.

A un certo punto, il sacerdote è sceso sorridendomi cortese, mentre il televisore ha proseguito il suo viaggio nella massima indifferenza di tutti.

Arrivati a piazza Skaldelberg, anche io ho dovuto accomiatarmi da Telefunky (l'ho battezzato così), fermandomi ad osservare il bus che ripartiva in una nuvola di azoto e pensando a dove mai quel televisore potesse andare di bello.

Chissà... Certo è che, anche in caso di guasto, non sarà un problema per lui fare autostop.

Ha almeno quattordici pollici da alzare all'insù.

 

Luciano Canova


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