Sarò breve, per scelta e perché non mi ritengo un economista. C'è da essere contenti del fatto che la questione delle pensioni sia al centro del dibattito e, persino, dello scontro politico di questi giorni. Eugenio Scalfari, mercoledì scorso, nel suo editoriale su Repubblica ha fatto menzione, addirittura di quelli che definisce padri del liberalismo italiano: non solo Luigi Einaudi ma anche Benedetto Croce, Gaetano Salvemini ed Ernesto Rossi. È il frutto del nostro impegno in questa maggioranza e in questo Governo se Scalfari ha l'ardore di nominare qualcuno che ha molto a che fare con la storia radicale e con quella di Marco Pannella? Ho l'impressione che così non sarebbe stato senza il nostro determinante contributo all'alternativa prodiana.
Sabato mattina Giovanni Sartori sul Corriere della Sera, indirettamente, ha avuto modo di criticare questo giovanilismo imperante (a cui v'aggiungerei un “nuovismo” che ben poco di riformatore porta con sé). La chiosa sartoriana: «Ho conosciuto moltissimi maestosi imbecilli a tutte le età, così come persone che restano intelligenti a 90 anni» ha molto della parola ultradecennale di Marco Pannella. Anche questo è un indizio che va contro la nostra irrilevanza in questo momento storico.
Per durare e far avanzare i germi dell'alternativa bisogna però avere il coraggio di non arretrare, anzi è necessario rilanciare. Ora, infatti, si potrà aggiungere al nostro dibattito, quello radicale e non solo, solo un paio di libertà individuali? Al posto di incomprensibili scaloni e scalini, di patti tra generazioni con contraenti solo immaginari e di vincoli di bilancio nazionali ed europei si potrà pensare di cominciare a parlare agli italiani di libertà di iniziare e terminare il proprio lavoro o i propri lavori quando si vuole e quando si valuta opportuno o necessario per le proprie necessità ovvero progetti?
Si potrà parlare, loro, di libertà (e quindi responsabilità) di impiegare tutte le risorse economiche guadagnate o per un immediato investimento in benessere o per le più diverse forme di capitalizzazione e di accantonamento rigorosamente private per quando si smetterà di lavorare? Certo libertà il cui esercizio va introdotto, persino disciplinato, progressivamente e con eccezioni riguardanti i mestieri che comportano profili di pericolo per l'incolumità pubblica ma sempre meglio che continuare a parlare di obblighi d'età o scelte obbligate tra padrone, stato e fondi molto chiusi.
Altrimenti queste libertà di scelta, oggi e più ancora domani, continueranno ad essere privilegio – di fatto – solo di chi avrà avuto la possibilità durante il primo lavoro di creare le condizioni per ottenerne un secondo (magari subito dopo una baby-pensione) oppure di chi boiardo di stato o di parastato ovvero destinato a carriere automatiche non avrà problemi di usura, flessibilità, mobilità lavorativa e nemmeno di calcolo della pensione mensile sull'ultima retribuzione.
Michele Rana
(da Notizie radicali, 16 luglio 2007)