La libertà di informazione non ha mai cessato di essere in pericolo. Qualcuno potrebbe obiettare che di libertà del genere, nel nostro Paese, ce n'è poca... per cui continuerebbe solo l'andazzo di sempre. È vero fino ad un certo punto, perché comunque noi siamo qui, ne disquisiamo, facciamo ricorsi contro chi vorrebbe metterci il bavaglio, etc.
Ma quel che mi stupisce sempre più è la pochezza di motivazioni che spinge alcune persone e alcune aziende a difendersi dai danni che questa libertà provocherebbe loro. Tutto in nome della privacy e per difendersi dalla diffamazione.
Noi non abbiamo peli sulla lingua e quando abbiamo da fare o da dire qualcosa, procediamo. Non dobbiamo dar conto a nessuno del nostro pensiero e della nostra azione e, forse anche per questo, qualcuno vorrebbe metterci il bavaglio. La guerra (se così può essere chiamata senza esagerare), però è tra poveri, come si dice in gergo. Non è tra noi e il potere che si sente scalfito dal nostro perdurare e perseverare. No. È tra noi e alcune aziende private che, in nome della giustizia, intendono impedire che si parli di loro con un qualche dubbio.
Sul sito ci sono settori che sono il “terrore” di queste aziende: “Cara Aduc” e “Dì la tua” in modo particolare. Il meccanico di Palermo per cui, in seguito ad una presunta incomprensione, un suo cliente ci ha scritto per avere qualche consiglio. L'agenzia di viaggi del padovano portata in giudizio con l'accusa di non essere tanto ligia alle promesse e agli impegni di lavoro. Il commerciante online di Bari che, in difficoltà economiche come lui stesso ammette, di fatto fa cassa coi soldi di chi acquista le sue vantaggiose offerte inviando la merce molto oltre la data limite di consegna su cui si era impegnato e solo dopo molte insistenze e minacce di vie legali da parte dell'acquirente. Queste le vicende in corso. E tutte con la strenua assistenza di avvocati che –a nostro avviso– argomentano questioni lunari (nei modi e nella sostanza) che più di una volta ci hanno fatto venire il dubbio che, università da una parte, aule di tribunale dall'altra, abbiano bisogno di dosi massicce di buon senso, rigore, disciplina (in senso didattico) e, soprattutto, molto, ma proprio molto meno giurisprudenza e fantasia di applicazione. Cioè: certezza del diritto!
Per chi volesse approfondire, l'indice dei “Comunicati Stampa” e “Osservatorio legale” potranno essere di conforto.
A parte lo sviluppo di queste vicende da un punto di vista giudiziario (i vari ricorsi che se anche al momento fossero per noi positivi, non esaurirebbero le vicende), ciò che ci lascia esterrefatti, e che ci dà la forza e la caparbietà per non mollare, è il rifiuto di replica sempre sul nostro sito di questi presunti danneggiati. Noi, non essendo un tribunale, non entriamo nel merito del problema in sé che ha fatto venire dubbi ai loro clienti, ma siamo interessati all'aspetto informativo della questione, che è quello su cui stiamo spendendo le energie. Non comprendiamo perché un'azienda, più o meno villaneggiata da alcuni suoi clienti scontenti, non pensi che le faccia gioco una loro risposta, con uguale rilievo sul nostro sito, ad ogni specifica contestazione. Sembra di no. E a questo confronto preferiscono la cancellazione delle lettere o dei discorsi presunti lesivi accordata da magistrati che, talvolta, ci sembra che non leggano neanche i testi di cui intimano l'oscuramento. Il risultato sapete qual è?
1 - Siccome noi non siamo una loro azienda concorrente che, dopo la martellata in testa, va a fare business da un'altra parte...
2 – Siccome noi esistiamo per difendere e affermare i diritti degli utenti e consumatori, e abbiamo deciso che il modo più utile sia quello dell'informazione che crea responsabilità e consapevolezza nei singoli...
3 – Siccome, proprio per quanto sopra, le martellate in testa sono nel conto dell'azione che abbiamo intrapreso e, volta volta, costituiscono solo occasione di migliore riflessione per meglio organizzarsi e partire con un bagaglio più raffinato, graffiante e insidioso...
4 – Siccome se non continuassimo come facciamo non saremmo noi stessi, ma cambieremmo la ragion d'essere della nostra vita e della nostra azione tramite l'associazione...
Siccome... siccome... Il risultato è che noi parliamo delle nostre vicende giudiziarie, sul nostro sito e attraverso i media che reputano interessanti le questioni da noi sollevate.
Secondo voi, per un'azienda con presunti problemi di qualità del proprio servizio, è meglio che loro stesse rispondano punto per punto e con eguale rilievo alle contestazioni sollevate o che, non comparendo nulla di queste contestazioni, si ritrovino ovunque informazioni sul fatto che loro chiamano a giudizio e oscurano in difesa della loro onorabilità e che un'associazione come la nostra fa il “diavolo a quattro” per difendere il diritto all'informazione dei consumatori?
La risposta, in un mondo dell'informazione a tutto tondo, della trasparenza, della limpidezza, sarebbe semplice. Ci sono aziende che pagano pubblicità impostata sul negativo anche per attrarre la curiosità. Ma sembra che non sia semplice. Anzi. Ciò che ci conforta è che, alcune aziende, sia in “Cara Aduc” che in “Dì la tua”, abbiano optato per il confronto non giudiziale, anche “a muso duro”. Fatevi un giretto sul sito e ve ne renderete conto. Le altre, invece, per il loro business hanno deciso di mettere in bilancio anche le parcelle degli avvocati. Noi, nell'augurar loro che debbano esser condannati a pagar anche le parcelle dei nostri legali, per il momento le ringraziamo per averci dato motivi e ragioni per rafforzare i nostri convincimenti e la nostra azione di libertà nell'informazione e, di conseguenza, nell'economia.
Vincenzo Donvito