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SPIKE LEE. «Sei ancora capace di perderti?»
06 Novembre 2005
 

Dura 45” e termina, dopo una serie di input visivi e scritti che spingono alla meditazione, con una domanda rivolta alla platea d’individui: «Sei ancora capace di perderti?». Firmato Spike Lee, pseudonimo di Shelton Jackson Lee.

Parliamo dello spot, che il celebre regista newyorkese (sebbene nato ad Atlanta, in Georgia) ha girato per la campagna di lancio del nuovo modello d’automobile di una famosissima marca. Location Buenos Aires, un po’ perché girare là non costa molto un po’ perché la gran capitale sud-americana ha un indubbio e invidiabile fascino architettonico e, com’era nel pensiero di Jorge Luis Borges, un genius loci dal misterioso respiro. Una pubblicità molto raffinata, già scorsa sugli schermi televisivi e cinematografici d’Italia.

Il cineasta di Malcolm X, He Got Game, Aule turbolente, Clockers, Bus in viaggio, Fa’ la cosa giusta, Mo’ Better Blues, Jungle Fever, Quando eravamo re, S.O.S. Summer of Sam-Panico a New York, Lei mi odia, citate non in ordine cronologico, e innumerevoli altre pellicole di successo, sempre supportate dal dono di una provocatoria intelligenza, sa creare un racconto cinematografico anche quando si dedica alla pubblicità: «Giro spot pubblicitari dal 1988, come protagonista e regista – ha dichiarato – Ho una mia agenzia, la Spike DDB. Ci piace fare pubblicità intelligente e possibilmente creativa, ma spesso la creatività dipende dal cliente con cui hai a che fare». Dice, ad ogni modo, di non accettare, anche seguendo ragioni ideali, qualsiasi offerta gli venga rivolta.

Spike Lee non è, tuttavia, solo un regista, in quanto sceneggia, produce e recita pure. In un film lui ci sta a tutto tondo e a 360°. Al di là dello spot in questione e della sua divulgazione alla stampa con l’anteprima al Cinema Anteo di Milano, è stata, questa, l’occasione di vedere dal vivo e da vicino un formidabile personaggio dell’industria cinematografica statunitense e mondiale.

Spike è comodamente seduto sul palco, occhiali con una montatura di tartaruga di grandi dimensioni e dalle lenti piuttosto spesse, al lobo dell’orecchio sinistro una pietra preziosa – un diamante? – dimostrandosi pacato, sereno, ironico, e non si scherma, mai, con opinioni di comodo o di circostanza. Ascolta con attenzione le domande rivoltegli e tradottegli e, prima di rispondere, trascorre ancora alcuni secondi in riflessione. E risponde ad ogni domanda, da quelle sul cinema a quelle sui suoi hobbies (ama gli orologi) e sullo sport – Spike Lee è un noto appassionato di basket e tifa per New York Knickerbockers, ma segue anche la boxe, il baseball e il tennis; in occasione del suo passaggio milanese il presidente dell’Inter Massimo Moratti gli ha regalato un abbonamento alla squadra neroazzurra – veniamo ad apprendere che non guidava e, anche se adesso dietro le pressioni della moglie ha preso la patente, preferisce sempre farsi scarrozzare da qualcuno per le trafficate strade della Grande Mela, la sua città, quella di cui è follemente innamorato.

Per quanto riguarda il suo rapporto con i motori (ha ricevuto in questo suo viaggio italiano una magliettina da Valentino Rossi per il proprio figliolo), serafico afferma... «Le automobili? Mi portano dove voglio»... sostiene, ovviamente, che... «Il cinema è un linguaggio universale»... ricorda che... «L’anno prossimo è il 20° compleanno di Lola Darling e che i registi possono invecchiare bene come il vino»... A proposito di Lola Darling, questa pellicola venne girata non appena Spike Lee ebbe fondato la sua casa di produzione 40 Acres and a Mule Filmworks, per rammentare la promessa che il Governo degli Stati Uniti aveva fatto ai soldati di colore che si erano battuti nel corso della Guerra Civile fra Nord e Sud. Un nome, un impegno.

Inevitabile chiedergli della tragedia dell’inondazione di New Orleans, con la folla di disperati creatasi, una triste cartina di tornasole dello stato degli States. E qui Spike Lee si accende di pura indignazione... «Nessuno si assumerà la responsabilità di questo dramma, di avere portato alla morte migliaia di persone. Quello che occupa in questo momento il mio pensiero. È stato un colpo terribile lo spettacolo di quell’umanità messa in ginocchio. Anche nei paesi cosiddetti ricchi esiste una sottoclasse, come i bambini che si svegliano la mattina con la fame e vanno a dormire la sera ancora con la fame. E in Iraq sono finiti molti soldi... E, se sei nero o di altri colori, non ti puoi attendere niente. Ma, se da George Bush me l’aspettavo, non così da Condoleezza Rice, che a dramma in corso assisteva a una rappresentazione teatrale e andava a comprarsi le scarpe in un’elegante Avenue. È veramente assurdo che lei si sia permessa di affermare che il colore della pelle non condiziona la politica: sono fandonie. Forse è stata drogata o le è stato dato del crack da Bush. O un sortilegio, chissà? È pazza». Da brivido la sincerità con cui si espone. Parole testuali, ve l’assicuro, con tanto di decine di testimoni. Si è capito, insomma, che Spike Lee non adora affatto la nota politica afroamericana.

Spike Lee è appena tornato da Venezia e sta partendo per Parigi. Spesso gli hanno attribuito sentimenti antitaliani accusandolo di avere dipinto nei suoi film a fosche tinte di mafiosità e malaffare personaggi dalle origini tricolori. Ci pare un’accusa abbastanza pretestuosa o anche un pizzico di... coda di paglia? In realtà l’uomo di fronte a noi si palesa educato e non sembra il tipo da operare distinguo razziali, nonostante l’orgoglio della sua afroamericanità. Quali i suoi programmi futuri, Mister Lee?

«Prima di venire in Italia ho concluso le riprese del mio 19° film: la storia di una grande rapina in banca, a New York, con 52 ostaggi. Fra i protagonisti Denzel Washington, nella parte di un detective, e Jodie Foster. La pellicola uscirà in marzo».

Tornando allo spot, dopo una serie di frasi che si compongono nelle maniere e con le immagini più disparate, durante il viaggio dell’automobile dalla città alla campagna, e che vorrebbero definire e denotare le certezze, o presunte tali, del nostro mondo, c’è l’interrogativa e quasi filosofica chiusa Sei ancora capace di perderti? Che cosa risponderebbe a tale quesito Spike Lee?

«Vorrei. Yes, sì», e un sorriso enigmatico ma da bambino gli increspa l’intelligente volto.

Alberto Figliolia


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