Per andare a giocare con Elda passo dal buco della rete. Mamma dice che i nostri vicini sono strani, che escono solo di notte come i fantasmi, e non vuole che io vada in quella casa. Ma io ci vado sempre di nascosto.
Fa caldo. Elda sta in culotte, io porto anche il cappellino di paglia.
Giochiamo a mamma e figlia. Elda è la mamma:
– Dai, sfaticata, è ora di pranzo e ancora non metti niente sul fuoco.
Elda dà ordini come una mamma vera, io fingo di obbedire.
Su una cassetta di legno rovesciata mettiamo per tovaglia le foglie del pergolato. Poi dispongo in bell’ordine i pezzi del servizietto di coccio che mi ha portato la befana quest’anno. C’è anche la brocca.
– Va a prendere l’acqua alla fontana –, ordina Elda.
Corro alla fontana, riempio la brocchetta fino all’orlo e la porto a tavola camminando piano per non farne cadere nemmeno una goccia. Come faccio a casa mia tutte le sere all’ora di cena.
– Sei lenta come una lumaca –, dice Elda. – Dio mio, che figlia mi doveva capitare!
È tutto pronto. Sediamo e cominciamo a mangiare.
– Questa minestra è squisita – dico io fingendo di succhiare il brodo.
– Fa schifo – dice Elda, e fa volare lontano il piattino. – Ti ho detto mille volte come cucinare la minestra e ancora non l’hai capito. Morirò di fame, se va avanti così.
Elda non morirà di fame, ma io fingo di preoccuparmi:
– Mammina, ti preparo subito una minestra più buona.
Corro a raccogliere le erbette fiorite di tutti i colori e le spezzetto nel pentolino, dopo averlo lavato e riempito con l’acqua pulita.
– È pronto – dico, e le verso la minestra nel piattino.
– Non mi va più – dice Elda dopo la prima cucchiaiata, e scaraventa via tutto.
Quasi quasi me ne torno a casa mia, questo gioco non mi diverte.
Sistemo il mio servizietto nella scatola, e mi avvio verso il buco della rete.
– Torna subito indietro –, strilla Elda. Ma il gioco è finito, lei non è più la mia mamma e io non la sto a sentire.
Sto sgusciando nel mio orto, quando Elda mi afferra per le gambe e mi tira indietro. Il mio cappellino resta impigliato nella rete, il servizietto vola in aria e ricade in pezzi.
– Stupida e cattiva! – dico a Elda piangendo.
– Non piangere, piccolina. Ora mamma ti lava il faccino e ti mette il profumo – dice Elda, e mi porta nella legnaia dietro casa.
La legnaia è vuota e odorosa di vellutina.
Elda mi fa sdraiare per terra. Ora giochiamo al dottore. A me tocca sempre la parte della malata.
Elda mi sfila la canottiera, mi poggia l’orecchio sul petto e dice che i polmoni stanno bene, poi mi tasta la pancia e dice preoccupata che è troppo dura e che la deve massaggiare.
Si mette in ginocchio e spinge le mani sulla mia pancia, avanti e indietro, come fa la mia mamma vera quando impasta uova e farina.
Io sto comoda e fresca, e quel movimento dolce mi fa chiudere gli occhi.
– Dormi piccina, ora la dottoressa ti cura – dice Elda, e mi sfila le culotte mentre mi bacia piano su tutto il viso.
Questo non mi piace. Voglio andare via. Ma Elda mi tiene giù, e intanto mi sgrida: – Niente capricci, bambina. Io sono la dottoressa e ti devo guarire.
– Non sono malata e non voglio più giocare al dottore –, le dico. – Anzi, non voglio più fare nessun gioco con te, e non vengo più a casa tua.
Vorrei alzarmi, ma Elda mi sta sopra con tutto il suo peso e mi fa le coccole.
L’odore di vellutina si è fatto più forte. Sento anche l’odore acre che viene dal porcile, poco distante.
Da fuori non arriva alcun rumore. Non c’è più nessuno, al mondo. Solo Elda che mi respira in faccia il suo alito caldo, odoroso di minestra di erbe.
Mi accorgo che c’è una finestrella nella legnaia, dalla quale qualcuno ci sta guardando.
Dico a Elda che c’è una grossa faccia piena di peli incastrata nella finestrella, ma lei mi risponde tranquilla che me lo sto sognando.
Vedo ombre passare davanti alla porta e sento rumore di passi che si allontanano. Allora Elda si stacca da me e dice che il gioco è finito.
Ha ragione la mia mamma. Questa è una casa strana, ma io ci tornerò anche domani passando per il buco della rete.
Speriamo che vengano i fantasmi a darmi i brividi come oggi.
Maria Lanciotti