Tre ragazzi di 18 anni, studenti di agraria, che hanno già deciso: vogliono occuparsi di agricoltura. Molto più di una passione, come si può leggere nelle loro testimonianze. Amore per il territorio e la voglia di affrontare quella che oggi per molti è una sfida. Lasciamo a loro la parola...
Tirano & dintorni, giugno 2007
«Strategie per facilitare i coltivatori»
Dire che uno dei lati più belli di questo lavoro sia il contatto con la natura per me è banale, si sa quanto sia bello poter lavorare tutti i giorni nel verde ma quello che mi lega di più a questo ambiente è la possibilità di assistere la natura nella creazione di un frutto e giungere al momento della raccolta consapevoli di aver contribuito a creare un prodotto che di fatto deriva dalle conoscenze e dalla cura che durante tutto l’anno hai destinato alle tue piante. Credo che la professione di agricoltore sia solo ed esclusivamente passione, passione che cresce anno dopo anno, conoscenza su conoscenza, apprezzando quanto siano numerosi i lati che la natura ci riserva. Sicuramente il periodo invernale ci permette di affrontare le operazioni un po’ più rilassati mentre in primavera inizia il periodo dove una moltitudine di operazioni si sovrappongono e il nostro carico orario giornaliero aumenta notevolmente per poi rimanere costante durante tutto il periodo estivo e concludersi con la raccolta dei frutti, che risulta ancora la fase più attesa del ciclo produttivo ed è proprio in questo momento che riesco a capire se durante l’anno abbiamo lavorato bene. Non divido le nostre coltivazioni secondo un ordine di preferenza ma pongo l’intero spettro produttivo su un unico piano, le conoscenze e la preparazione che richiede il melo nella sua coltivazione mi spinge ad apprezzare questo frutto come qualcosa di molto differenziato (come una bottiglia di vino) anche se riconosco pienamente che al livello dei principali mercati (italiani e non) questo grado di differenziazione creato dalla mia simpatia verso questa coltura svanisce e le nostre mele non sono altro che una piccola percentuale dei 20.000.000 di quintali che ogni anno vengono prodotti in Italia. A volte mi lamento perché noto all’interno del nostro settore attriti che si oppongono al corretto svolgimento delle cose, sono molto favorevole alla cooperazione tra agricoltori.
Credo che la Valtellina e il settore agricolo valtellinese abbiano bisogno di una parziale modernizzazione che aiuti a produrre meglio, in modo ragionato pur mantenendo alcune tradizioni che hanno portato l’immagine della nostra valle nel mondo, i muri a secco creati dalle vecchie generazioni hanno fatto parlare viticoltori ed enologi dell’intero pianeta definendo la viticoltura valtellinese come viticoltura EROICA che solo certi uomini erano in grado di praticare, il nostro vitigno coltivato sull’intero versante esposto a sud ha fatto della Valtellina il secondo terroir al mondo per il Nebbiolo.
Parlando di modernizzazione, non dimentico mai queste considerazioni ma sono certo che potrebbero essere adottate alcune strategie che renderebbero il lavoro di ogni coltivatore più facile, qualcosa si sta muovendo ma come sempre sono gli agricoltori che si muovono per primi mentre preferirei che fossero le istituzioni (politiche e non) ad incentivare al cambiamento rendendosi conto dell’importanza del settore agricolo, manutentore del territorio in una valle fortemente propensa al turismo. Un sogno è quello di vedere ogni agricoltore valtellinese remare nella stessa direzione difendendo i propri interessi e i propri ideali consapevole che l’unione di tutti può portare vantaggi enormi e chissà magari spuntare anche qualche centesimo in più al chilo nella vendita dei nostri prodotti. Sono comunque fiducioso che qualcosa cambierà, per intanto non ci resta che affrontare ogni giorno il nostro lavoro e le sue numerose fatiche ma che alla fine regalano enormi soddisfazioni.
Luca Gasparotti
«Immense soddisfazioni faticate»
Agricoltura è passione, e la passione si sa non ferma la mente per pensare, la passione non ti fa riflettere molto ma ti spinge sempre in avanti portando immense soddisfazioni anche se molto faticate.
Perché dico questo? Lo dico perché una professione così non è da tutti, un qualsiasi lavoratore probabilmente non accetterebbe di compiere tali fatiche e certi turni di lavoro per raggiungere uno stipendio.
Certo, se dobbiamo guardare i nostri profitti alla fine dell’anno ci rendiamo veramente conto di quanto la passione giochi un ruolo fondamentale, avremmo bisogno di più aiuti da parte delle istituzioni che ci permetterebbero un margine di ricavo un po’ più ampio o perlomeno ci permetterebbero di ridurre i costi di produzione. Sicuramente il contatto con la natura aumenta la mia voglia di affrontare ogni giorno questo lavoro, il periodo più impegnativo si prolunga dalla primavera all’autunno (periodo di raccolta dei nostri frutti). Amo tutti i frutti che la nostra terra ci permette di produrre dalle mele all’uva che poi diventerà vino, vino che ha permesso di diffondere l’immagine della Valtellina in tutto il mondo e che continua ad attirare turisti che rivendono in un bicchiere le montagne e la natura valtellinese.
Ogni singolo agricoltore contribuisce a creare questa immagine e con rammarico mi accorgo che la gente non si rende conto di questo. Vorrei che ogni persona apprezzasse il lavoro di ognuno di noi e che offra a chi viene da fuori il prodotto della nostra terra che non ha niente da invidiare ad altri ma che crea invidia.
Manuel Merli
«Sono le vigne il biglietto da visita»
Prima di tutto l’agricoltura è una passione, è un lavoro particolare molto faticoso ed impegnativo che senza la passione nessuno stipendio ti spingerebbe a farlo. Il contatto con la natura è sicuramente il fattore fondamentale che mi fa apprezzare questo lavoro, lavorare tutti i giorni nel verde della campagna è un regalo prezioso che non molti hanno la fortuna di avere.
Il lavoro impegna tutto l’anno, sicuramente il periodo compreso tra aprile ed ottobre è il più impegnativo sia come carico orario giornaliero da sopportare sia come numero di operazioni che contemporaneamente devono essere effettuate per poter raccogliere, quando è il momento, le mele e di vendemmiare, ottenendo la migliore qualità dei frutti. Non ho colture che apprezzo maggiormente rispetto ad altre ma mi interesso dell’intera piattaforma colturale coltivata nella zona. Apprezzo molto il tradizionalismo e non pongo particolare attenzione a colture innovative che vengono proposte in alternativa ad altre, credo che la Valtellina e i Valtellinesi dovrebbero accorgersi del patrimonio che si presenta davanti ai loro occhi, territorio forgiato e modificato dalle fatiche dei nostri avi che noi abbiamo il compito di mantenere aiutando in questo modo anche il potente settore turistico che sta interessando sempre più la nostra valle.
Concludo facendo notare a tutti che sono le vigne della Valtellina il biglietto da visita che presenta la nostra realtà, le vigne abbandonate sono sintomo di un settore singhiozzante che ha bisogno di un po’ di aiuto (economico soprattutto). Sono convinto che un aiuto dato ad un agricoltore è un aiuto dato a tutta la valle, sono comunque fiducioso che quel poco che resta da cambiare in meglio cambi presto.
Marco Bettonagli