Commento al carme 63 di Catullo messo in trevigiano da Piccoli (Seconda parte).
Odi et amo, carme 85 di Catullo, va collocato nell’archetipo AB ZU, cioè in ordine assurdo. Odi et amo non è solo la percezione di una forte confusione sentimentale, ma è anche una ‘foto’ archetipica. Perciò lo spieghiamo meglio.
Dice lo Zingarelli ’98: assurdo [vc. dotta, lat. absurdu (m.) ‘dissonante’ di orig. indoeuropea]. No. Invece: ‘assurdo’ < ab su URDU/ordo, ordine AB ZU.
AB ZU è l’abisso sumero, l’assurdo; è l’ordine ‘che sta fuori dal mondo’, alle sue origini e alla sua fine. Celiando, possiamo dire che AB ZU è un enigma così assurdo che gli Indoeuropei (quelli che secondo Semerano ci danno per scienza le favole) lo considerano alieno –non comunicante con noi–; e l’assurdo è cosa di cui non si parla per definizione. AB ZU, come vedete, è parola linguisticamente correlata al latino, come E NIG MAH, ‘casa delle troppe cose’ si lega al greco ed al sumero.
Sono ‘troppe cose’ per i sedicenti Indoeuropei, che non riescono a collegare la loro mente sia con mente che questa con TE MEN [e basta leggere invertendo]: MEN TE.
In AB ZU, le pre-origini del mondo sumero, convivono confusi amore ed odio, dei e demoni, il maschile ed il femminile, Cielo e Terra.
AB ZU sono Sole (AB) Luna (ZU) confusi.
I due separati, Maschio e Femmina, si ‘separano e si uniscono’ nella storia dando AN TAR ISH, l’archetipo DA DUE UNO. TAR unisce, come la notte unisce in nero Cielo e Terra, e separa, come il giorno separa con la luce Cielo e Terra.
Questa storia finisce in Attis, che nel carme 63 si dispera.
L’universalismo dei carmi di Catullo non meraviglia più nel mondo globalizzato, mentre piace a questo veneto che scrive osservare l’archetipo DA UNO DUE, Attis –carme 63–, che emerge nel confronto tra la forma poetica latina del veronese Catullo con la forma trevigiana di Piccoli.
Attis è AN TAR IS evirato. Altrove parleremo del legame di Attis e Antaris tramite Agdistis.
La scrittura antica era ATTIS; il primo T maschera ‘n’ ed il secondo T maschera TAR, il taglio: AN TAR IS. Nessun dubbio che l’atto di taglio degli zebedei sia il punto topico di violenza ad un maschio. Il ‘ragàr’, tagliare in trevigiano, lascia un ‘rajòtolo’, un grappolino là dov’era un trionfo d’uva.
Questo verso latino: Devolsit ilei acuto sibi pondera silice
volto in: co na scàia de pièra al se ràga1 via nèti i afari picadi
collega a RA G AR.
‘Ragàr’ è ‘recidere’ in trevigiano, un palindromo che corrisponde al sumero RA G AR, Sole Luce Sole. Raggi è la parola italiana con la sillaba RAG che in sumero ha scrittura GAR.
Nu-Gar-Ra Violence (acts of). NU GAR RA, negazione RA GAR, ‘negazione della luce del Sole’ è propriamente la violenza del taglio degli zebedei.
L’ascolto attento fatto da Piccoli del carme di Catullo ci ha consegnato nel punto topico un rinvio alla radice.
Carlo Forin
1 Ragàr, recidere (Emilio Zanette, Dizionario del dialetto di Vittorio Veneto, De Bastioni ed., V.V.1980).
Acclaim / Ni-Me-Gar Drapes / Gar-Tag Goods / Ni-Gar Great-one / Sag-Me-Gar Greater than / Diri
Indecent / Nu-Gar-Ra Inundated land / A-Gar Make (to) / Gar Northern gate of the sun / Nan-Garu
Perfect tribute / Ni-Me-Gar Plain / A-Gar Posterior / Egar Put / Gar Seed (sower of) / Numun-Gar
Silence / Ni-Me-Gar Submit (to) / Gu-Gis-Gar Thriftless / Nu-Gar-Ra Violence (acts of) / Nin-A-Gar Warrior / Gar-Du Worthless / Nu-Gar-Ra