Urla e vento, bestemmie e fulmini. Gli alberi si piegano, l’acqua piena di energia, rabbia, vomito... trascina a valle un fiume di follia, vortici di paura. Buia nella notte e nel giorno del luglio 1758, quando la furia del Mallero travolse il ponte dell’allora piazza grande (ora piazza Cavour) e portò con sé la statua di San Giovanni Nepomuceno che vi si trovava sopra, scaraventandola tra terra e massi. Mutilata. Decapitata.
Si trattava di una scultura settecentesca, alta circa due metri e mezzo, commissionata da Lorenzo Botterini Benaducci, sondriese emigrato in Messico alla ricerca delle radici spirituali dei popoli locali. Trovò fortuna e gloria e volle ricordarsi delle proprie origini facendo scolpire, in pietra arenaria, il Santo posto spesso sui ponti a protezione dall’invasione delle acque. In provincia di Sondrio si hanno tuttora gli esempi di Morbegno, Chiavenna e Traona.
Circa duecento anni dopo il disastro, un bambino dorme nel mattino ancora tiepido di un settembre in riva al Mallero, o forse si trova appena in uno stato di dormiveglia e il rumore del maglio dei fabbri Scarì trasposto nel sogno, diventa lo stanco progredire di un battello a vapore lungo il Mississippi mentre lui, seduto sulla riva, lo sta guardando passare. Ancora non sa che nel pomeriggio giocoso, nell’andare a riprendere un pallone fatto di stoffe finito dentro un cortiletto lì accanto, vedrà la testa di San Giovanni Nepomuceno, segretamente ripescata, posta ad ornamento di una fontana.
Successive segnalazioni ne hanno poi permesso l’acquisizione da parte del Comune di Sondrio il quale, dopo un attento restauro affidato a Giorgio Baruta, l’ha recentemente collocata nel museo del Castello Masegra, sorretta da un supporto abilmente costruito da Massimo e Michele Scarì, figli e nipoti dei proprietari del battello sul Mississippi.
Gianmario Bonfadini