È uscito da poco il n.40-41 del semestrale di critica della poesia contemporanea Testuale. La rivista, distribuita per abbonamenti e in libreria, è consultabile anche in internet all’indirizzo www.testualecritica.it. Come è noto questa pubblicazione è nata nel 1983 ad opera del sottoscritto, di Gilberto Finzi e di Giuliano Gramigna. Purtroppo Giuliano Gramigna è recentemente scomparso: un grave lutto per la letteratura italiana e europea, e una perdita incolmabile per i nostri affetti e per il nostro lavoro.
La rivista è stata pensata e fondata quasi un quarto di secolo fa nella convinzione che la poesia recente, nuova (ma ciò vale anche per l’arte, la musica, ecc.), fosse, e sia ancor oggi, sottoposta a una facile critica pseudopsicologica e contenutistica, con scarso riguardo alle problematiche del testo. Troppo sovente le recensioni sono di taglio giornalistico e non si curano di analisi approfondite e interdisciplinari.
In fatto di interdisciplinarità il nostro lavoro è invece per lo più sostenuto da strumenti (psicanalisi, nuove scienze, ipotesi biologiche, ecc.) che, certamente, non vogliono scavalcare i tradizionali indispensabili istituti linguistici, retorici, semiotici, ma, tuttavia, si apprestano con possibile frequenza analitica a cogliere la totalità delle scritture nell’ambito della totalità dell’uomo.
La rivista (salva l’eccezione di qualche Quaderno) pubblica esclusivamente saggi, appunto testuali (per quanto possibile), non pubblica recensioni, non ospita poesie se non nell’ambito appunto delle ricerche testuali.
Il numero doppio 40-41, che copre l’anno 2006, pur uscendo nella primavera del 2007, si concentra, in particolare, anche per quanto riguarda i Quaderni e la Monografia, su due problemi che, possiamo ben dire, ossessionano la creatività poetica (e artistica) di questi primi anni del nuovo secolo: vale a dire il rapporto anche conflittuale fra la purezza primigenia della parola poetica e il suo coinvolgimento ora nella filosofia, ora nei diversi drammi della realtà effettuale, delle sue ideologie e delle sue tragedie quotidiane. Infine si tratta di una antica domanda: la poesia vive specificamente tutta entro il suo significante (senza vergogna si può dire che sia autoreferenziale), oppure ha il compito di rilasciare messaggi impegnati (per stare a una vecchia formula), socialmente impegnati? E la poesia è una cosa autonoma, oppure è solo un progetto, uno dei tanti, del pensiero, del pensiero filosofico e dell’azione prammatico-comunicativa?
Potrebbe sembrare un dibattito in buona parte obsoleto, quasi di maniera, ma il fatto che continui (forse per sua intrinseca esigenza) ci spinge a verificare sui testi quelle che infine sono le loro intrinseche ragioni d’esistenza e di presenza.
In proposito rimandiamo al sommario di questo numero (appunto consultabile in sito) e alla nota redazionale. Rimandiamo alla discussione socio-poetica sulla testualità e l’esperienza umana di Pasolini; sul pensiero poetante della rinnovante filosofia romantica di Leopardi e già, nella definizione, analizzata a suo tempo da Segre; sulla corporeità descritta da Eleonora Fiorani nell’ambito delle trasformazioni antropologiche globalizzanti, ecc.
Se è possibile (ma non è pacifico che si possa!) sintetizzare la posizione della rivista in proposito a questi temi ci riferiremo alla convinta distinzione fra l’autonomia del testo, e la valenza caduca dei pre-testi. Valutando preponderante, forse esclusiva, la valenza della forma. Forma perpetuamente formantesi (metamorfosi propriamente biologica) nell’ambito appunto di una biologia e fisiologia del segno. Come dire che la poesia è e va, i pre-testi si consumano in un processo energetico d’entropia.
Il Quaderno curato dal massimo italianista croato Mladen Machiedo con l’antologia dei maggiori poeti croati del ‘900, potrà servire al lettore (al di là del piacere della lettura e della sensitiva testualità di diversi componimenti) per cogliere la dismisura delle contraddizioni alle quali su accenniamo. I poeti croati non possono non essere fortemente ideologizzati e quindi i pre-testi sovente dominano il testo. Troppe e sanguinose sono le vicende storiche che hanno tormentato quel popolo, con le altre genti balcaniche: perciò è forse difficile chiedere a quelle scritture di esaltare innanzitutto la supremazia del significante. Tuttavia gli autori più sensibili – e tali sono quelli di questa raccolta – sanno metabolizzare la tragedia di vivere in un lirismo di altissima qualità. Invitiamo chi ci legge a godere dei testi, rintracciabili, tutti, nel sito web della rivista.
Una sintesi di qualità, sempre in relazione alle contraddittorie e anche ossessive vicende scritturali su accennate, si può cogliere a nostro avviso nel Poema incessante della scrittrice milanese Claudia Azzola. Perciò, eccezionalmente, in occasione di questo numero della rivista (con le sue discusse argomentazioni), abbiamo voluto dare spazio a questa antologia poetica. Claudia Azzola - mai tradendo la valenza formale della sua scrittura - risolve le contraddizioni in una energica visione poetica (e anche, non vanamente, nostalgica) dell’Europa, delle sue mitiche radici, in cui si con-fondono prolificamente i valori tangibili (nella tangibilità della parola), classici e nordici, della religiosità e del paganesimo.
Gio Ferri
(giugno 2007)