Il Consiglio dei ministri ha approvato la riforma della Rai aprendola –così come dicono– alla società civile. La novità per eccellenza è il nuovo assetto aziendale che prevede una Fondazione che la gestirà, con 11 consiglieri nominati da altre strutture, interne ed esterne all'azienda. Questo –sempre come dicono– sarebbe il segnale che i partiti resteranno fuori... Cioè i partiti non avrebbero a che fare con questi organismi: commissione di Vigilanza Rai, Conferenza Stato-Regioni, Cnel, Lincei, Rettori, dipendenti Rai, Cncu. Il problema, secondo noi, non è tanto credere a ciò che dicono, ma che queste persone lo dicano così, come se fosse vero e ben consapevoli che stanno prendendo in giro loro stessi e tutti gli italiani... È il nuovo modo di governare e gestire: non far comprendere più nulla creando confusione anche linguistica oltre che logica, tant'è che alla fine le decisioni sono altrove... nei partiti per l'appunto.
Per quanto ci riguarda, notiamo la presenza di un consigliere nominato dal Cncu (il Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti). Insediato e diretto dal ministero dello Sviluppo Economico e composto da diverse associazioni di consumatori (non l'Aduc), immaginiamo che indicherà il proprio consigliere a rotazione fra le stesse diverse associazioni che, singolarmente –più o meno tutte– dicono di essere contrarie al canone/tassa della Rai; quel canone/tassa su cui, in quanto consiglieri della Fondazione, dovranno ricontrattare ogni due anni.
C'è qualcosa che non ci torna. Già non ci tornava il fatto che le associazioni di consumatori dovessero essere finanziate e dirette da una delle loro principali controparti (il ministero/Governo). Ma che debbano decidere sull'entità di una della tasse più odiate dagli italiani e su cui loro stessi dicono di dare battaglia, ci sembra un po' troppo. Anzi: nella filosofia e nel metodo di dire e fare il contrario di quanto si asserisce spacciandolo per quello buono e vero; cioè come la storiella che i partiti ora sono fuori dalla gestione della Rai.
Noi probabilmente siamo rimasti indietro, non abbiamo seguito questa evoluzione della politica, del linguaggio e del governo della cosa pubblica fino ai livelli di cui stiamo parlando. Siamo rimasti a: semplicità, trasparenza, facile comprensione, separazione di funzioni e di poteri, cioè tutte quelle prerogative che sono il contrario del soviet che il Governo ha deciso di istituire per gestire la Rai.
Dispiace che nel Consiglio dei ministri ci sia stata unanimità su questa riforma, perché significa che è stata votata anche da chi, nel programma elettorale, chiedeva l'abolizione del canone/tassa.
Ricordando che gli italiani avevano chiesto con un referendum che la Rai fosse privatizzata e non trasformata in un soviet, prendiamo atto dell'unico fatto positivo: quando l'italiano medio non evasore fiscale, con la smorfia del disgusto pagherà il canone/tassa, saprà che ciò è dovuto anche ad alcune associazioni di consumatori oltre ai soliti che, direttamente o indirettamente, gestiscono il potere e l'economia di Stato nel nostro Paese.
Ci aspettiamo sempre più firme sulla nostra petizione online per l'abolizione di questa tassa/canone: www.aduc.it/dyn/rai
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
Didascalia immagine:
La mozione del 27° Congresso del Partito radicale (Bologna, 1982)
«…propone inoltre una campagna per il non pagamento del canone Rai per il 1983».