Ricorderete che “In versi d’amore” nasce dall’idea di chiedere ai miei amici poeti quale sia la loro poesia d’amore preferita e di motivare liberamente questa preferenza, spaziando, a piacimento, verso l’argomento del rapporto tra l’amore e la poesia, propria, di un autore prediletto o nel tempo.
Mi piace il fatto che nel proporre il secondo “In versi d’amore” dopo Erminia Passannanti sia la volta della poetessa Iole Toini. La successione tra loro non è solo meramente cronologica, dovuta al fatto che l’una, Erminia, mi ha risposto per prima e Iole subito dopo, ma è anche una sorta di naturale, concatenato percorso che ben serve a contrapporre due modi diversi e ugualmente interessanti di affrontare l’argomento, a spiegare come poesia non sia solo studio ma anche vita.
Sviscerare le connessioni letterarie, la storia, gli agganci alla società, la sua evoluzione della quale letteratura e poesia sono specchi e causa in un inanellarsi nel quale distinguere cosa incida prima e cosa dopo può essere frutto di infinite discussioni teoriche con risvolti analitici e politici. Questo è l’approccio più squisitamente critico letterario, richiede preparazione, studio, conoscenza, tende maggiormente a far sparire sullo sfondo l’io del poeta, ad esaltarne il ruolo intellettuale, per quanto egli umanamente resti sempre presente quanto meno nel fatto oggettivo della preferenza poetica espressa. L’altro modo di trattare il tema dell’amore è quello viscerale, che esalta la passione in genere o per qualcosa/qualcuno in particolare. La parola da mangiare. La parola da sputare, un sentire profondo e sensoriale, un tutt’uno tra chi scrive e legge, elegge e spiega, e spiegando a sua volta torna alla poesia. L’amore in poesia che diventa amore per la poesia.
Qui c’è tutta Iole in modo così vero spontaneo naturale che emerge con forza dalla sua risposta, pervenutami via a mail, che io riporto a seguire intatta, non solo perché risponde al tema in modo personalissimo ed originale, non solo perché sceglie non una ma due bellissime poesie, ma perché leggendo ci si accorge che, sottratta l’introduzione a spiegazione e giustificazione, nel resto del suo discorso non c’è quasi soluzione di continuità di genere tra il testo poetico prescelto e il testo scritto a commento.
Se volete conoscere meglio Iole Toini segnalo il suo blog.
A questo link potrete ascoltare la sua voce e leggere una breve biografia.
Alivento
IN VERSI D’AMORE: LA SCELTA DI IOLE TOINI
Cara Ali,
Confesso che sto stretta dentro queste cose. Perché non le so fare.
Ho una mia teoria sullo “stare” nella letteratura. Ed è il piacere. Puro semplice e nudo piacere. Tutto quello che ruota intornofuori a un'appassionata lettura e al tentativo di sputare quello che di mio ne viene, è per me fatica e pigrizia e indolenza.
Quello che segue è frutto quindi di questo ozio spudorato.
La poesia d'amore, per me, non esiste. Non come tema classico, quello che tenta di descrivere un sentimento canonico, al quale ci hanno ammaestrati.
La poesia d'amore non dichiara il suo amore: lo fa. Lo tiene sulla lingua, lo benedice e maledice. Poi lo sputa.
OLTRANZA OLTRAGGIO - Andrea Zanzotto -
Salti saltabecchi friggendo puro-pura
nel vuoto spinto outré
ti fai più in là
intangibile - tutto sommato
tutto sommato
tutto
sei più in là
ti vedo nel fondo della mia serachiusascura
ti identifico tra i non i sic i sigh
ti disidentifico
solo no solo sì solo
piena di punte immite frigida
fai più in là
e sprofondi e strafai in te sempre più in te
fotti il campo
decedi verso
nel tuo sprofondi
brilli feroce inconsutile nonnulla
l'esplodente l'eclatante e non si sente
nulla non si sente
no sei saltata più in là
ricca saltabeccante là
L'oltraggio
Questa è una delle più oltre la misura belle poesia d'amore che io conosco e amo. Quando le parole spaccano la cosa, si ficcano nella arteria più fonda, ne tastano i pungiglioni, si lasciano ferire e fiorire e ancora e giù sapendo l'assurdità il limite - il proprio - l'incompletezza – sempre.
Eppure esaltando toccando infilando, quasi che l'amore fosse amante, lì, e così, vero possibile, quasi si sollevasse di schiena e le parole a cingere il collo amandolo amandolo amandolo. Poi si chiudessero sopra, morte traboccanti sradicate, intensamente vive, con la voglia che sfrigola ancora attorno attorno, per il loro amore così intoccabile così insaziabilmente infinito, divinamente assoluto.
SYLVA - Andrea Zanzotto -
Finita, ieri, il mio cuore ti disse.
E ancora inizio non avevi
e ancora mai nell'inizio non sei
e sempre sei l'annuncio dell'inizio.
Intatta, vigoreggiante pietra.
Mondi, furore nitido,
piaghe innumeri eccelse.
Corpi e occhi in scrigni e culle, corpi
candidi, cellule
di attive nevi,
mobili corpi tenerezza
alla mano, terrore
all'anima, fucate
fosforescenze su tormenti e faglie. Io
io vi richiamo, io sono.
Ancora tutto: altre iridate sapide
tentacolate psichi,
altre macerie infestate di semi,
altri misteri inesplosi, tutto
ancora
tutto da consumare e da servire.
Non ha inizio l'amore.
«Or volge l'anno, sovra questo colle...»
E fronde cupe cupo nel fondo
del bosco, dell'unico bosco,
del bosco eterno mi fanno mi vivono
mi stormiscono in mille
diversi cupi cori.
Chi meglio del grandissimo Zanzotto ha saputo 'toccare' questa cosameraviglia?
Come staccando le dita da terra, levandosi a fionda nella garrula forma del niente che ci lavora e squassa e squama e tenta. Mai finire. Battere e levare. Spacca spacca e guada il fondo, dalla paura muta e nera e odiosa, dalla bellezza stralunata, dalla forma che si disfa e ci infila e si muta e apre e ancora. La bellezza che ti strappa e cuoce, come una donna che ancheggia per la strada, come un'altitudine improvvisa la curva di un fiume. Senza smettere di volerla, caderci in bocca, mai sconfitti. Vinti.
Lei così matura e vivida e luminescente. Sensualissima nudità di tutto.
Gorgo forma eccelsa. Brama. Ecco, l'amore schizzato di punta e poi volato come mai stato come un niente come il motivo per cui si resiste al mondo.
L'unico. La poesia è amore. Questo è quanto.
Iole Toini