Con la nuova ordinanza del ministro della Salute Livia Turco si consente, per la prima volta in Italia, la conservazione delle cellule staminali contenute nel cordone ombelicale per uso autologo, cioè terapeutico personale del nascituro. Destinandone comunque una quota da donare a fini pubblici. Ma la conservazione sarà ammessa solo nei centri pubblici chiedendo alle famiglie un contributo in base al reddito. Fino ad ora, invece, era possibile conservare il cordone per uso terapeutico personale solo se in famiglia c'erano casi di malattie curabili esclusivamente con l'uso di queste cellule, oppure inviandole all'estero, che continuerà ad essere consentito.
L'apertura che la nuova ordinanza fa sulla conservazione autologa è un primo timido passo avanti rispetto alla posizione di retroguardia tutta italiana. La soddisfazione è perché si è in parte superato il divieto ideologico alla conservazione autologa, ma ne resta pesante traccia nella campagna informativa che sarà promossa: non si limiterà alla promozione della donazione, ma scoraggerà quella autologa in virtù dell'assenza di evidenze scientifiche sull'efficacia della stessa... assenza tutta da dimostrare rispetto alla vorticosa evoluzione dell'uso di queste staminali. Il pregiudizio ideologico, invece, rimane tutto nel divieto che la conservazione avvenga anche in strutture private: un ostacolo da rimuovere per permettere l'esercizio di un diritto che altrimenti resterebbe solo sulla carta. Oggi la rete pubblica è carente e non riesce a coprire neppure il servizio della donazione, pensare che riesca anche a farsi carico della conservazione autologa e' semplicemente utopistico.
La soluzione è dietro l'angolo ed già scritta nella proposta di legge di cui sono prima firmataria e che raccoglie un consenso trasversale ai partiti: vi si sancisce il diritto di ogni donna a conservare il sangue del proprio cordone ombelicale, scegliendo se destinarlo ad uso autologo o donarlo attraverso le banche pubbliche; e si stabiliscono le modalità di autorizzazione e accreditamento dei privati per svolgere la funzione di banca. I privati devono stipulare una convenzione con un centro trasfusionale pubblico, sì da rendere possibile una donazione del sangue cordonale anche successivamente. Questo centro trasfusionale pubblico gestisce il passaggio delle cellule conservate da donatore a ricevente, richiedendo l’autorizzazione al proprietario, fornendo adeguata informativa medica e rimborsando le eventuali spese sostenute.
Sarebbe così garantita, attraverso la convenzione, la qualità del privato, e in capo al pubblico resterebbe la gestione per l'eventuale e successiva donazione per trapianto.
Se è il pubblico a fare la parte del privato, come dice l'ordinanza, si rischia di dare un colpo definitivo alla donazione, se invece il pubblico si avvale della collaborazione del privato, seguendo il principio di sussidiarietà, si possono ottenere risultati migliori e meno dispendiosi per le casse dello Stato. Mi auguro che questa carenza possa essere superata presto con provvedimenti parlamentari che la stessa ordinanza sollecita.
Donatella Poretti