Discorrere d’amore io che non sono poeta, che tale non mi dico per sorpresa o stupore, per pudore di fregiarmi di un titolo non mio, di vestirmi di un ruolo nobile e al tempo stesso derelitto, scrivere d’amore, dicevo da sola era come un ritorno d’eco in una valle.
Pensavo al coro di poeti d’oggi di ieri, come voce che si leva verso il cielo, un mormorio sommesso, un grido, un modo sublime d’esprimersi, di comunicare che scava e cerca, che certo in qualche modo raggiunge o trova nel giro, nel ritaglio, nel ricamo di spirale, una verità, una meta, un pensiero, che sonda le radici della storia, del sentimento, della società, che s’incunea dentro la coscienza propria e, forse, si spera, anche in quella dell’umanità.
Nel web ho avuto modo di conoscere poeti e poetesse contemporanei di grande preparazione letteraria, spesso dotati di altrettanta ricchezza spirituale, che non sono indifferenti al tema dell’amore, non foss’altro per il fatto che è motore del mondo, della vita, delle cose, non foss’altro perché è da sempre presente in poesia forse sin dal momento che è nata la prima poesia.
Ho cercato allora un pretesto per collegare questo così vasto affascinante tema (amore) a quel vasto e affascinante mondo (dei poeti) e l’ho tradotto in un azione/intervista.
Mi sono rivolta allora ad alcuni amici poeti chiedendo quale fosse la loro poesia d’amore preferita e di motivare liberamente questa preferenza, spaziando, se lo volessero, verso l’argomento del rapporto tra l’amore e la poesia, propria, di un autore prediletto o nel tempo.
Presento qui la poetessa e amica Erminia Passannanti, che ha risposto con meravigliosa prontezza alla mia richiesta, riuscendo con personale sintesi a coagulare un suo pensiero in controtendenza sugli argomenti proposti.
Se volete sapere qualcosa in più di lei, il suo sito, biografia, opere su
www.geocities.com/erminia_passannanti,
per ascoltare la sua voce
http://oboesommerso.splinder.com/tag/jiukebox_-_e_passannanti
e per trovarla sul suo blog http://erodiade.splinder.com.
Dirige la collana “Trasference: poetry and cinema series”.
Alivento
IN VERSI D’AMORE: LA SCELTA DI ERMINIA PASSANNANTI
La poesia che eleggo a mia lirica d’amore preferita è il sonetto di Shakespeare n. 130, datato 1609, dall’incipit «My mistress’ eyes are nothing like the sun», dedicato alla “Dark Lady”. Vi offro la poesia in una mia versione del 1989, che risale ai miei esercizi di traduzione poetica, ai tempi della mia prima laurea in Letterature Straniere:
William Shaskespeare - sonetto 130
"Gli occhi del mio amore non sono come il sole"
Gli occhi del mio amore non sono come il sole,
più rosso è il corallo della labbra sue.
Se la neve è bianca perché bruno è il suo seno?
Se il crine è fil di ferro, tale è la sua chioma.
Ho visto rose damascate rosse e bianche
ma non vedo tali rose sulle sue guance.
In alcuni profumi c’è maggiore delizia
che nell’alito della mia compagna.
Amo sentirla parlare eppur non nego
che la musica abbia accenti più graditi.
Confesso, non ho mai visto dea passare:
la mia bella cammina calpestando il suolo.
E tuttavia, dinanzi a dio, più raro considero
il mio amore d’ogni fasullo paragone.
Perché Shakespeare
Il poeta trecentesco e, dopo di lui, quello rinascimentale, esprime un ideale di mondo attraverso la lirica d’amore, collocando la propria poesia in uno spazio utopico mediato dall’ammirazione per la donna amata. Per creare questo spazio fuori natura ha dunque bisogno di sublimare le caratteristiche fisiche muliebri che inducono l’innamoramento, trasferendole su un piano per così dire ‘mistico’, infine snaturando entrambi. Al contrario, Shakespeare, per opporsi a questa tendenza e tradizione, riporta la donna a parametri di concretezza («la mia bella cammina calpestando il suolo») e con quest’abbassamento le rende giustizia come persona, esaltandone la realtà.
Nei suoi sonetti, inoltre, Shakespeare colloca l’amore erotico e passionale al cuore di un discorso metacritico, mediante il quale le realtà fisiche e caratteriali, non di rado imperfette, di due entità contrastive, la donna amata, la Dark Lady, e l’amante, diventano occasione per riflettere sugli strumenti stessi della poesia. Le fattezze e i comportamenti dell’amata sono situati al centro di un mondo che le ruota intorno con i ritmi del quotidiano, coinvolgendola nelle vicende umane a tutti i livelli, in tal modo tenendola il più possibile lontano da ogni ipocrita idealizzazione.
Il sonetto 130 alla Dark Lady annulla ogni cosmografia religiosa, che nella lirica trecentesca considera la poesia suscitata dall’amore ideale come un’imitazione dell’opera divina. Con wit squisitamente inglese, Shakespeare ne critica l’impianto tematico, fornendo una risposta alla nostalgia del sacro di cui è intrisa tutta la tradizione cortese.
L’ironia con cui Shakespeare mette a confronto la Dark Lady allo stereotipo della donna-madonna della lirica italiana petrarchesca dissolve la soggezione ad un modello insostenibile, dato dall’accumulazione di schemi sociali e culturali divenuti inattuali.
La fisionomia del poeta (eretico rispetto al culto della donna angelicata) che si fa strada in queste poesie è quella di un uomo che accetta ed ama la donna qual è. Questo genere di sonetto sembrerebbe rendere banale e ordinaria la donna amata, presentata non di rado come un’antagonista capace di aggredire e di difendersi, ma in realtà ne complica e celebra la dimensione mondana, piuttosto che semplificarla in uno stereotipo.
Le ragioni per cui apprezzo questo sonetto sul piano contenutistico sono semplici e schematizzabili:
Il tema suggerisce reciprocità: nell’amor cortese, il poeta amante non chiede un corrispettivo del
suo amore alla donna amata, mentre nell’amore dei sonetti di Shakespeare questa risposta è continuamente sollecitata. I contatti sessuali, allusi o esplicitati che siano (vedi altri testi di sonetti) sono descritti in modo naturale e intenso perché specchio dell’impeto dell’appetito di entrambi i sessi.
Il poeta esalta la concretezza: l’amore di questi versi non è un surrogato della devozione per i santi: è reversibile, scorre minacciato dal principio del logorio.
I versi sono un inno alla libertà: la libertà della Dark Lady non è mai messa in discussione, sebbene sia dolorosa e piena di conseguenze per l’amante che ne subisce gli esiti (la Dark Lady tradisce Shakespeare con il Fair Youth).
La poesia esalta l’amore come contatto: si tratta di un amore di vicinanza e somiglianza tra uomo e donna, dunque si può considerare un testo femminista.
Presente e passato entrano in un rapporto di sinergia: il testo si allaccia a tradizioni ed autori passati in quanto allude sia al modello del sonetto petrarchesco sia alla tradizione lirica dei troubadores e citando tali modelli, li fa rivivere dialogicamente nel presente.
Amore e scrittura sono presentati come urto di forze dinamiche: vige in questo come in tutti i sonetti di Shakespeare il sentimento del conflitto, dettato dalla passione, dal tormento ed dal sospetto, dimensione sempre utile all’erotismo.
Erminia Passannanti