Lunedì 30 aprile e martedì 1° maggio a Firenze i musei principali (tra cui la Galleria degli Uffizi e l'Accademia) saranno chiusi. Il 1° maggio non si tocca! Il lunedì è giorno di chiusura, come i barbieri prima delle lenzuolate del ministro Bersani. Si poteva però ovviare al lunedì perché è una decisione locale... impossibile, perché chi decide per i fondi si riunisce una volta al mese e di questo accavallamento di feste se ne sono accorti troppo tardi e di altri fondi da altre fonti, non se ne parla neanche, sono già destinati a formazione e aggiornamento.
Insomma una storia di burocrazia mista all'abituale ottusità populista che, oltre ai musei, in alcuni giorni canonici vede le città anche senza autobus pubblici: Primo maggio, Pasqua, Ferragosto, Natale e Capodanno. In quelle parti del mondo dove queste feste sono tali, in quei giorni ci si sposta, si va ai musei, si leggono i giornali e si vedono le news televisive con soluzione di continuità, ma nell'Italia papalina e statalista, in nome dei diritti alle feste (tutti insieme in coda da qualche altra parte) e della rigida burocrazia, l'interruttore viene spento. I danni sono palesi per tutti e si evidenziano nell'aspetto economico.
Ci verrebbe da invitare le autorità, nazionali e locali, a riflettere su come superare velocemente questa impasse, ma ci rendiamo conto che parleremmo contro dei muri di gomma con dietro macchine infernali.
Ad esserne coinvolti sarebbero il ministero del Lavoro e quelli dei Beni culturali e dei Trasporti, le amministrazioni comunali e provinciali di città come Firenze (e relativi consigli di quartiere e amministrazioni dei comuni delle rispettive aree metropolitane), nonché le amministrazioni regionali di appartenenza e –perché no– le amministrazioni delle comunità montane, quindi i sindacati, i prefetti, i comandanti delle forze dell'ordine (quattro o cinque) e le varie associazioni di categoria (commercianti, albergatori, trasporto pubblico e privato, etc.), insomma un “ambaradan” incredibile, simile a quello che sfila davanti al premier designato quando deve formare un governo sì da capire chi scontentare meno. Solo l'idea di metterli tutti insieme fa venire i brividi alla schiena e rimpiangere quando c'era il Podestà, con poteri esecutivi ben diversi dal suo successore Prefetto. Ma siccome il Podestà non ci piace e, allo stato dei fatti, la missione sarebbe impossibile, forse il primo passo –molto timido, ma primo– sarebbe vendere gioielli come Uffizi e Accademia a privati veri (con la totale esclusione di quei finti privati che hanno il capitale pubblico), sì che dalle logiche della burocrazia e dei finti diritti si passerebbe a quelle del profitto e della concorrenza, potendo decidere di essere aperti o chiusi quando e quanto lo ritengono opportuno e comprendendo –per esempio– che la quantità di biglietti di questi due giorni di chiusura sarebbe più che sufficiente a coprire le spese. Fantascienza? Non per imprenditori, lavoratori, consumatori, ma probabilmente lo è per i burocrati.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc