Che cosa abbiamo di più caro qui a Madonna di Tirano sia –è chiaro– dal punto di vista devozionale che da quello semplicemente ambientale, del Santuario con la sua piazza e, oso dire, le sue adiacenze? Ci sono nato e cresciuto e dopo lunghi anni di sofferta lontananza ci sono tornato a vivere accanto.
Dalla finestra della stanza che attualmente mi ospita posso contemplare quel manifesto sulla valle che è la fatidica facciata. Si comprenderà quindi la mia caparbia insistenza sul bisogno di restauro che affligge ormai da tempo la grande fontana che è come un sigillo posto a coronare e a conchiudere la piazza e l’intero complesso monumentale. Non me ne vogliano gli attuali amministratori se torno a ricordarlo.
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Riporto, qui di seguito il testo di un messaggio inviatomi da Ezio Maifrè:
Caro e stimato Padre Camillo, desidererei, se possibile, che commentasse sulla pagina del Giornale di Tirano e dintorni le parole di sua Santità Benedetto XVI, che pronunciò nel suo discorso all’Arcivescovado di Colonia venerdì 19 agosto 2005:
«[…] subito dopo la mia elezione a Vescovo di Roma, quale successore dell’apostolo Pietro, ho manifestato il fermo proposito di assumere il recupero della piena e visibile unità dei cristiani come una priorità del mio Pontificato.
«Con ciò ho consapevolmente voluto ricalcare le orme di due miei grandi Predecessori: di Paolo VI che, ormai più di quaranta anni fa, firmò il Decreto conciliare sull’ecumenismo Unitatis redintegratio e di Giovanni Paolo II, che fece poi di questo documento il criterio ispiratore del suo agire».
Sono sicuro che il suo commentare sarà tenuto in grande considerazione in questi tempi così confusi e di timide iniziative.
Cari saluti
Se non conoscessi Maifrè e la sua buona fede, sarei tentato di sospettare qualche insidia o qualche intento provocatorio nel suo chiamarmi in causa. D’altra parte, da un vecchio adepto come me del movimento ecumenico, che cosa ci si può aspettare se non una piena e convinta adesione alle parole pronunciate dal regnante pontefice nel citato discorso a Colonia? Ho già detto in altra occasione che anche da un collaudato controllore dell’ortodossia quale responsabile per lunghi anni della Congregazione per la dottrina della fede (ex Sant’Uffizio), possono venire delle sorprese. Si aggiunga che è capitato più di una volta che un uomo posto al vertice di un organismo complesso come la Chiesa, sia e appaia superiore anche a se stesso e alle proprie personali opinioni o propensioni.
Esiste o no quella che una volta si chiamava la “grazia di stato”?
Per essere pignoli e, se vogliamo, anche un po’ maliziosi, perché non citare tra gli altri papi anche il vero propugnatore del Concilio, Giovanni XXIII? Qual’è la novità di questo decreto conciliare? È il modo di concepire l’ecumenismo, non come il ritorno delle altre Chiese all’unico ovile della Chiesa cattolica, bensì il ritorno di tutte le Chiese disperse, la cattolica compresa, all’unità.
Questo dell’ecumenismo è un nodo ormai imprescindibile. Non si potrà più non tenerne conto e non farci i conti.
Ci saranno, volta a volta, dei passi avanti e dei passi indietro, ma il tracciato è quello e ha una sua progressiva continuità. È chiaro, per chi ha occhi non troppo velati da pregiudizi (ad esempio il pregiudizio identitario qua e là dirompente) che sono le stesse condizioni storiche della società in cui viviamo a consigliarlo e favorirlo, per citarne una, questa crescente compresenza di tutti a tutti che caratterizza la nostra epoca e la caratterizzerà sempre di più.
Non mancherà la voglia e l’occasione per tornarci sopra. A proposito di identità il campo è aperto a interferenze reciproche sul modo stesso di interpretarla.
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È un paradosso, me ne rendo conto, ma una delle ragioni che m’indurrebbero a condividere una qualche forma di riconoscimento pubblico delle unioni civili, ivi comprese quelle tra omosessuali, è che porrebbe fine, o toglierebbe credito e ragion d’essere, a certe manifestazioni già un po’, per la verità, leggermente stantie.
D’altra parte cosa credono i loro organizzatori? Che chi si trovasse casualmente presente a una di queste, compresa l’ultima, performances, se non avesse già maturato una sua convinzione, cambierebbe idea al solo assistervi? Se fossi nei loro panni paventerei il contrario.
Con i tempi che corrono la carta vincente è quella della normalità, o di qualche sua parvenza o avvicinamento. Prima lo capiranno – ma ho i miei dubbi – e meglio sarà per tutti.
Aggiungo un’altra considerazione, un po’ controcorrente: a cose fatte il matrimonio, e penso soprattutto a quello sacramentale, ne uscirà rafforzato. I primi ad avvedersene – vedi, ancora una volta, l’eterogenesi dei fini – saranno i preti, sui quali, già attualmente così oberati e a ranghi ormai notevolmente ridotti, finirà col cadere un di più di lavoro.
Camillo de Piaz
(da Tirano & dintorni, aprile 2007)