Il prefetto di Roma, Achille Serra (foto), ha auspicato una modifica dell'attuale normativa, sì che venga vietata la prostituzione per strada: sarebbero così evitate le insofferenze nei cittadini.
Dopo la videosorveglianza che, visto quanto viene proposto oggi, pare non sia servita a raggiungere l'obiettivo, continuano le richieste di provvedimenti che se non chiariti per bene corrono il rischio di essere solo tampone, e quindi con la caratteristica di rappresentare un costo per il contribuente e di essere inutili.
Cosa vuol dire «una normativa che vieti la prostituzione per strada»? Che sarebbe consentita altrove? E allora, perché il prefetto Serra non dice le cose in modo preciso, cioè legalizzazione della prostituzione? Cioè norme, diritti e doveri di chi fa il mestiere e di chi usufruisce di questi servizi. E il sottosegretario all'Interno Marcella Lucidi, che ha fatto sapere di voler portare la proposta in Consiglio dei ministri, intende anche lei legalizzarla?
Se non è questo che il prefetto voleva dire, e non sono queste le intenzioni del sottosegretario, ho il timore che, per l'ennesima volta, ci si sarà riempita la bocca di buoni propositi presentati con la mascella dura del tutore dell'ordine e con l'autorevolezza di far parte di un Governo, ma che l'andazzo in materia non subirà alcuna modifica.
Se si continuerà ad affrontare la prostituzione solo in termini di ordine pubblico e quindi con la repressione, si continuerà a prendere iniziative nel solco di tutte quelle che sono state prese fino ad oggi da quando l'adescamento e' diventato prima reato (legge Merlin del 1958) e poi illecito amministrativo (dlgs 507/1999), ma che comunque non ha impedito che il sesso a pagamento costituisse uno dei maggiori business, insieme alle droghe illegali, della malavita organizzata.
Donatella Poretti