Antúnez (foto) è un cubano incarcerato ormai da più di diciassette anni per essersi proclamato contrario alla dittatura di Fidel Castro. Il 15 marzo scorso è scaduto l’ultimo giorno del periodo per il quale è stato condannato alla prigione, in processi che sicuramente saranno presto revisionati, quando in Cuba avverrà quello che sta avvenendo in tutta l’America Latina. La dittatura, non paga delle condanne che una sopra l’altra ha fatto cadere sopra questo prigioniero politico, persiste nel mantenerlo in carcere senza altra giustificazione che la volontà autoritaria.
Antúnez è uno dei 300 prigionieri politici che soffrono la violenza permanente di un regime che non permette alla Croce Rossa Internazionale di visitare il suo paese e men che meno le carceri, nelle quali si mortificano prigionieri per reati comuni e detenuti per ragioni politiche, processati in giudizi sommari che non richiedono un tempo superiore alle 72 ore, perché scrivono opinioni contrarie al governo, militano in partiti politici che chiedono libertà di espressione ed elezioni, formano gruppi per la rivendicazione dei diritti umani o nelle loro case prestano libri di autori od orientamenti censurati dal governo, com’è il caso della Dichiarazione dei Diritti Umani dell’ONU.
Antúnez è un cubano nero, espressione con il colore della sua pelle di un paese dove, nei limitati spazi del potere autoritario, i neri non possono far valere di essere una porzione altissima della popolazione. Antúnez venne recluso molto giovane, all’età di appena 17 anni e ha trascorso metà della sua vita tra le sbarre, soggetto a maltrattamenti degradanti rispetto ai quali non ha mai smesso di ribellarsi, cosa che ha contribuito ad alimentare la crudeltà dei suoi carcerieri. Antúnez ha sfidato la morte nei suoi reiterati scioperi della fame, con i quali ha reclamato la libertà per i suoi compagni di carcere. Antúnez ha sfidato le incomprensioni della comunità internazionale, fuorviata dalla fitta propaganda narcotizzante che la dittatura cubana ha amministrato e amministra ogni giorno.
Antúnez, dal 15 di marzo, data nella quale ha raggiunto l’ultimo giorno della sua condanna, spera nella libertà. Sicuramente la spera per poter pronunciare fuori dalla porta del carcere la rivendicazione della dignità per il suo popolo, per i suoi compagni di prigionia, della libertà per la sua patria e della tolleranza per la nazione cubana. In questo nuovo grido di coraggio il regime trova conferma delle “ragioni” per incarcerarlo nuovamente e continuamente; e già nella sua vita è più il tempo di Antúnez prigioniero che quello di Antúnez libero.
Jaime Mario Trobo
(liberamente tradotto dallo spagnolo – Red.)
M.A.R. por Cuba
(Madri e Mogli Anti-Repressione per Cuba)