C’era una bambina che amava ogni cosa e ogni essere vivente: il male, per lei, non esisteva.
Si nutriva quasi esclusivamente di sogni. E credeva che il mondo fosse il suo mondo di sogni.
Le accaddero durante il primo tratto di vita cose ingiuste e inaccettabili, poiché incompatibili con quel mondo che credeva unico e vero; perdeva i sensi, quando andava a scontrarsi con cose che per lei erano fantasmi cattivi, con i quali non poteva battersi in alcun modo.
Questa bambina era tanto gracile quanto indomabile. Non aveva peli sulla lingua, non aveva timori reverenziali per nessuno: né corone, né tiare, né aureole le facevano chinare il capo. Ma nel profondo amava, perdutamente amava, una figura chiamata Cristo: da lui si sentiva compresa.
Poi si innamorò del ragazzino biondo che era gentile, e si scrivevano letterine dolcissime, ma intervenne la Morale e la bambina dovette strapparsi dal cuore quel primo fiore. Perse il suo mondo di sogni, e si trovò catapultata in un luogo che non capiva e non le piaceva.
Vibrava sempre come un criss impazzito, e non sapendo dove andare a parare, dove andare a colpire, si ripiegava su se stessa per non ferire, per non venir spezzata.
Incontrò il ragazzo del suo Destino. Aveva undici anni. Questa bambina era attratta irresistibilmente dalle cose oscure, e niente poteva incontrare di più oscuro di quegli occhi profondi come un baratro tempestato di fioriture rare.
Quel ragazzo non le tolse mai più gli occhi di dosso, dopo il primo sguardo, ma non le rivolse mai la parola. La seguiva ovunque restando però alle sue spalle, a misura di sicurezza. Fu lei che si girò di scatto e gli si conficcò interamente nell’anima.
Il ragazzo stette male da morire. Non voleva essere avvicinato, poiché era al massimo vulnerabile e non voleva che si risapesse. Era un solitario che si compiaceva della sua solitudine e ne faceva una bandiera eroica.
E la sciocca bambina sentì che avrebbe seguito quel vessillo fino all’inferno, perché il diabolico ragazzo le fece intendere che lei, e solo lei, avrebbe potuto spezzare il suo isolamento.
In realtà il poverino era nato affetto da melanconia grave, tendente alla paranoia, e voleva condurre nel suo oscuro ostello la impavida bambina, perché lo difendesse da se stesso.
Non riesce nel suo intento in quanto non trova il modo di farsi avanti, e la ragazzina, stanca di aspettare e persa ogni speranza, acconsente a sposare un colosso con gli occhi azzurri, che ama la terra e i piaceri della vita. Si butta insomma nella sua stessa antitesi, quasi a volersi disfare di se stessa.
Presto ha tre figli, e lavora come un mulo frustata dal marito che è molto ambizioso.
Quando compie trenta anni, la ex bambina si chiede: “E la mia vita?” E in un lampo vede il mondo a rovescio, e lei che procede come un gambero.
Il malinconico con gli occhi profondi come un baratro, prima di dissolversi le aveva incastrato nel petto una maledizione: “In me sei mia. nessuno mai ti amerà come io ti amo” e quell’anatema era l’unico indirizzo per il criss che aveva ripreso a vibrare in modo forsennato, in cerca di bersaglio.
Impiegò quasi un anno, per trovarlo. Lo scovò una mattina dopo mesi di appostamenti.
“Passavo di qui” disse lei, decisa a distruggere la sua ossessione. Ma anche lui voleva vendicarsi per il presunto abbandono.
Cominciò la guerra fredda. Fu la donna a cadere per prima: “Ti maledico”, gli disse, “ma da questo momento appartengo solo a te”.
La donna informò il marito, che a parole si era sempre mostrato aperto di mente e in tutti quegli anni aveva fatto i comodi suoi, e gli disse che non avrebbe lasciato la famiglia, avrebbe tenuto fede a tutti i suoi impegni, fino alla fine, ma amava un altro. Ora e per sempre.
Il marito passò varie fasi, poi si stabilizzò in quella di torturatore.
Dell’altro, nessuna notizia.
Segregata e maltrattata, dilaniata nei sentimenti, la donna capì che sarebbe impazzita e cercò una via d’uscita.
“Tregua”, chiese al marito.
“Mai, finché morte non separi. Luciderò le mie scarpe con la tua pelle finché morte non separi.”
La donna, che ora pesava 38 chili, tentò la fuga. Ingoiò un centinaio di pasticche, buttò nel secchio le scatole vuote, si stese nel letto, si accese una sigaretta e partì.
Il marito rientrato prima del tempo la trovò che stava schiumando, e la portò in braccio al pronto soccorso.
Tre giorni di coma, e al quarto la donna aprì gli occhi e realizzò che stava ancora in questo mondo. Piantonata. Si disperò, altro non poteva fare.
A casa l’aspettava il marito con una fame arretrata di dieci giorni, ma lei gli disse: “Non ti azzardare a toccarmi, te ne farei pentire.” Chissà da dove le veniva tutta quella boria, che però impressionò il marito, il quale capì che qualcosa di irreversibile era accaduto alla sua consorte pazza.
In realtà fu lui a impazzire. Non sapeva chi attaccare e come attaccare, e non voleva nemmeno discutere un possibile trattato di pace.
Tentò di uccidere la moglie. Lentamente, perché, le andava dicendo, doveva pentirti prima di rendere l’anima.
La torturò a lungo. Esausto si abbandonò per riprendere forze, e in quell’attimo con un guizzo la donna imboccò il corridoio e uscì sul pianerottolo urlando “aiuto, aiuto, aiuto.”
Il marito subito la riagguantò, la riportò dentro casa, chiuse la porta, la stese a terra e prese a sbatterle il capo sul pavimento.
Bussarono alla porta. Il marito si ricompose, adagiò la donna svenuta sul divano e alle persone accorse alle grida disse: “Una piccole baruffa, sapete com’è.” Ma la donna trovò la presenza di spirito e il fiato sufficiente per dire: “Non andate via, vi prego restate.”
E quella sera stessa abbandonò la casa con i suoi figli, qualche giocattolo, i libri di scuola, una busta con un po’ di biancheria, e la piccola macchina, una giardinetta, divenne la provvisoria casa.
La donna si riorganizzò. Ottenne la separazione, che voleva consensuale, e accettò tutte le condizioni infami poste dal marito. Si sobbarcò interamente l’onere di crescere le figlie con i suoi soli mezzi, senza far mancare loro nemmeno il superfluo.
La storia non finisce qui.
È qui che comincia la storia.
La donna pensava – lo voleva pensare – che l’uomo del mistero si fosse tenuto alla larga per non crearle problemi, ma ora che lei aveva disinnescato il pericolo saltando direttamente sulle mine, sarebbe arrivato a portarle la ricompensa.
Invece il nostro eroe malinconico, compreso che la via era libera, sparì definitivamente, temendo di essere coinvolto nella storia che gli era piaciuta fino ad un certo punto, finché non aveva preso una piega inattesa.
La donna divenne un grumo di selce.
E freddamente ragionò che era ora che si mettesse a crescere sul serio.
Maria Lanciotti