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Antonella Pizzo: In un giorno di sole ad Albuquerque quattro persone
Antica città, Albuquerque
Antica città, Albuquerque 
13 Marzo 2007
 

Si identifica comunemente col cuore la sede di quel sentimento molto spesso banalizzato, spesso analizzato, discusso, dibattuto, esaminato, considerato, vissuto, sviscerato, anelato, cercato, desiderato, bramato, sognato, di quel sentire dentro che ci sconquassa, o che ci dà pace, ci riempie quel sentimento che regge il mondo, quel sentimento astruso che chiamiamo amore.

Fuori c’è il sole.

Può essere che questo sia il giorno giusto per ascoltare un po’ di musica; così metto in moto Benigni, canta Quanto t'ho amato, un bellissimo tema di Nicola Piovani con parole dello stesso Benigni. Recita il testo: Nell'amore le parole non contano mai, conta la musica. Può essere che apro un libro, una raccolta di 17 racconti di Raymond Carver pubblicata in Italia intorno agli anni ottanta. Può essere che leggo il racconto che ha dato il titolo alla raccolta, può essere che chiudo il libro e anche gli occhi. Può essere che mi pongo la fatidica domanda. Può essere che mi rendo conto di non trovare la risposta.

Mi faccio il riassunto, riconsidero ogni parte, rivedo ogni scena, ogni battuta.

 

È un bel giorno chiaro ad Albuquerque. Il sole illumina la stanza, s’attacca alle pareti, la luce abbaglia quattro persone che stanno sedute attorno ad un tavolo, due uomini e due donne, tre hanno nomi americani, d’altra parte Carver lo è, le persone si chiamano Mel, Terri, Laura, Nick, quattro persone senza particolari qualità, quattro persone che tracannano gin e pensano che quello è un giorno giusto per discutere d’amore.

Mel è un cardiologo, è del mestiere, persona qualificata insomma, così è Mel che prende la parola, dice che prima di studiare medicina è stato per cinque anni in seminario, considera quegli anni i più importanti della sua vita, dice che considera l’amore spirituale il vero amore.

Terri è la moglie di Mel, prima di sposarlo ha avuto una relazione con un altro uomo che l’amava così tanto che più volte aveva cercato d’ammazzarla.

Ti amo stronza, spesso le diceva. Quella era la sua più bella frase d’amore, quando l’afferrava per il capelli e la trascinava per casa era come se le avesse accarezzato la pelle per tutta la notte, un atto d’amore sublime era quando le sferrava un pugno nel naso o le sbatteva la testa nel muro.

Il suo era un amore assoluto, un amore così forte che era disposto pure a morirne. Ed, così si chiamava l’uomo, aveva cercato più volte di uccidere anche Mel, il rivale. Spesso li pedinava, li minacciava, alla fine, vedendo che Terri non voleva più saperne di lui, si era bevuto l’acido, che gli aveva bruciato le gengive, e poi si era sparato un colpo di pistola in testa.

Quello, ribadisce con convinzione Terri, è stato vero amore. Violento ma vero.

I quattro continuano a bere, fanno un brindisi.

Non siamo d’accordo, replicano Laura e Nick, noi ci amano da tempo, almeno da un anno e mezzo e intanto si sfiorano le ginocchia, le mani. Noi siamo molto attratti fisicamente, stiamo bene insieme, il nostro è vero amore.

No, ribatte Mel, e intanto continua a bere gin, non esiste il vero amore perché prima di amare le nostre attuali compagne amavamo le nostre prime moglie, credevamo che le avremmo amate per sempre, invece è finita.

Mel viene preso dall’ansia, gli è venuta la voglia di telefonare ai figli.

L’amore verso i figli. Questo è vero amore. 

 

«…parliamo come se sapessimo di cosa parliamo quando parliamo d’amore»

 

Mel racconta una storia.

Due vecchi hanno avuto un incidente in macchina, uno scontro frontale con un giovane di diciannove anni, il giovane muore, ma i novantenni ce la fanno, hanno tutte le ossa rotte, sono ingessati dalla testa ai piedi, in faccia sono bendati, il vecchio ha anche gli occhi bendati. Sono stati fra la vita e la morte per molti giorni ma non sono morti, però il vecchietto è triste perché essendo bendato non può guardare in faccia la sua amata e vecchia moglie.

 

La luce si stacca dalle pareti, il sole comincia a tramontare.

I quattro sono già ubriachi, Mel fa cadere la bottiglia del gin, il sole è tramontato, la stanza è buia, resta la domanda nell’aria: what we talk about when we talk about love?

 

Antonella Pizzo

 

Raymond Carver: Di cosa parliamo quando parliamo d'amore

 

 

http://antonellapizzo.wordpress.com

 

NOTA BIOGRAFICA E SITOGRAFIA

Antonella Pizzo (Palazzolo Acreide, 1954) vive a Ragusa.

Ha pubblicato il romanzo Di rosso smunto, Prospettiva Editrice, 2004; le sillogi in dialetto siciliano Strati, E su paroli nuovi, 2004 (premio speciale “Helikon”, 2° classificato premio Poesia @ Rete), Comu ‘n ciumi lientu; le raccolte di versi in lingua Fra poco l’autunno, Kult Virtul Press, 2004 e A forza fui precipizio, Lietocolle, 2005. Con Fara Editore ha appena pubblicato Catasto ed altra specie. Sue poesie sono state pubblicate in riviste e rubriche on-line (tra cui Liberinversi, La costruzione del verso, Poiein, Niederngasse, Un poeta, Domist, Scriptamanent, Gas-o-line, Rottanordovest, Faranews e altre) e in alcune antologie (tra cui Verso i bit: poesia e computer, Lietocolle, 2005 e Lo stormo bianco, Edizioni d’if, 2005). Inserita nell'antologia Il segreto delle fragole 2007, Lietocolle. La poesia "I miei pensieri in orizzontale e in verticale" è stata pubblicata nella rubrica “scuola di poesia” dello Specchio della Stampa. Collabora a TELLUSfolio.


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