«Il Bitto, indiscusso prodotto d’eccellenza, deve diventare il trascinatore delle produzioni casearie minori, anch’esse rappresentative di un territorio e di una economia che necessitano di una giusta e doverosa valorizzazione… Un patto tra montagna e fondo valle per un giusto sostegno verso le persone della nostra comunità che ancora oggi si dedicano a modo attivo all’agricoltura».
Credo di sintetizzare così, e in modo corretto il pensiero del sindaco di Albaredo, Patrizio Del Nero, che ha organizzato e ha introdotto i lavori del convegno “I sapori del Bitto” tenutosi ad Albaredo sabato 8 ottobre.
Un convegno sicuramente interessante , dove il protagonista è diventato un formaggio minore, il Matusc, poco conosciuto, ma sicuramente importante nell’economia della comunità e di tutta la valle di Albaredo.
Il giusto sottotitolo del convegno, «dal Bitto al Matusc, i prodotti tipici d’eccellenza per la tutela del consumatore e la valorizzazione del territorio montano», ne sintetizza l’obiettivo: i prodotti minori, i più autentici, i più legati al territorio devono essere maggiormente valorizzati e allora il Bitto, prodotto d’eccellenza ormai conosciuto da tutti, può diventare la locomotiva per trascinare gli altri prodotti.
La ricerca storica dell’agronomo Paolo Canale ha portato informazioni interessanti riguardanti la probabile etimologia del nome (da matte, parola tedesca, che significa telo?) ed anche sulla lavorazione (in Albaredo il Matusc è prodotto quasi esclusivamente dalle donne). Gli interventi di Walter Raschetti, presidente del Parco delle Orobie, di Marco Deghi, direttore della Latteria di Delebio e dello storico Mauro Rossetto hanno aggiunto altre considerazioni interessanti al convegno: la difesa della tipicità passa attraverso la valorizzazione del territorio che ne permette anche la salvaguardia, ma deve essere autentica, lontano dall’«invenzione della tradizione» che negli ultimi anni sta lentamente creando confusione tra i consumatori.
Il Matusc è autentico, è il tipico prodotto di una agricoltura sommersa, famigliare, microaziendale ancora particolarmente presente nella comunità di Albaredo, dove sono state contate 23 piccole aziende famigliari che continuano a perpetuare l’arte di produzione di questo semplice ed umile formaggio.
E chi ci vieta di valorizzare il Matusc come un formaggio dietetico, vista la sua tradizione di formaggio povero, fatto con un latte il più possibile magro per poter produrre anche quel mezzo chilo di burro che veniva subito venduto per poter avere qualche soldo?
Non solo Bitto, quindi, ma anche Matusc, il formaggio povero, e altri prodotti caseari che dal prossimo anno troveranno ad Albaredo la giusta valorizzazione nella nuova latteria Alpi Bitto, con l'apporto della Latteria di Delebio. Tutto perché la stagione casearia della valle non si limiti a 2 mesi all’anno negli alpeggi ma si completi anche per tutto l’anno.
Renato Ciaponi