“Quando il regime ha cominciato a uccidere giovani manifestanti inermi mio figlio Ghiath mi ha strappato una promessa: non avrei più preparato il tavolo coi dolci in vista delle festività finché il regime stesso non fosse caduto” (Sozan Matar).
Ora su quel tavolo ci sono caffè, datteri e dolci tradizionali. Il regime è caduto, la promessa mantenuta.
Ghiath Matar è il giovane di Darayya, nel sud della Siria, conosciuto come il Ghandi siriano, a capo del movimento non violento che distribuiva bottiglie di acqua e rose ai soldati siriani affinché non sparassero ai loro stessi fratelli. È stato ucciso sotto tortura.
Gli occhi dei genitori (foto all.) raccontano cosa è stato fatto al suo corpo mentre era ancora in vita. I fratelli di Ghiath sono stati arrestati a distanza di poco tempo. La famiglia ha saputo che sono stati uccisi a Seydnaya, ma nessuno ha ridato loro le salme. Vogliono verità e giustizia per tutti i figli della Siria. La loro dignità e la loro compostezza, di fronte a tanto dolore, meritano di essere raccontati.
Io sono qui per loro. Perché sono indignata dall’informazione che rincorre l’uomo forte, asseconda i pregiudizi di conferma e fa paternalismo calpestando le voci e il dolore dei civili. Vanno raccontate le persone che hanno subito la guerra, le violenze, il regime e i gruppi terroristici per capire davvero la Storia e restituire un volto umano a tutti i popoli.
Hanno ucciso Ghiath Matar, ma Ghiath Matar sarà per sempre vivo.
Asmae Dachan
(da Facebook, 30/12/2024)