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Giuseppina Rando. Oltre la realtà 
“Quel che affidiamo al vento” di Laura Imai Messina
16 Dicembre 2024
 

Laura Imai Messina

Quel che affidiamo al vento

Piemme, 2021, pp. 248, 13,00

(Edizione a colori, pp. 280, € 19,00)

 

 

Non è proprio un romanzo Quel che affidiamo al vento di Laura Imai Messina, ma una lunga, personale e poetica riflessione dell’autrice, affascinata dalla cultura giapponese intessuta di miti e racconti fantasiosi come quello di attribuire al vento la capacità di ascoltare le voci di chi si porta dietro il fardello di una perdita e di dar loro conforto e speranza.

Una storia creativa e al tempo stesso reale come si rileva in esergo:

ispirata a un luogo che esiste realmente, a nord-est del Giappone… Un giorno, un uomo installò una cabina telefonica nel giardino della sua casa ai piedi di Kujira-yama, la Montagna della Balena, subito accanto alla città di Otsuchi, uno dei luoghi più colpito dallo tsunami dell’11 marzo 2011. All’interno è posato un vecchio telefono nero, non collegato che trasporta le voci nel vento.

Migliaia di persone vi si recano in pellegrinaggio.

Sono persone a cui la morte ha strappato gli affetti più cari.

Giunge a Bell Gardia anche Yui, una dei sopravvissuti allo tsunami, una donna che ha smarrito sé stessa, la propria identità, la gioia di vivere, assieme alla mamma e alla figlia rapite dalla ferocia del maremoto.

In un’intervista Laura Imai Messina dichiara:

Mi sono imbattuta nel Telefono del Vento nel 2011, quando già vivevo in Giappone da molti anni. Fui colpita dalla magia di un posto realmente esistente, dove le persone alzavano la cornetta di un apparecchio non collegato per parlare con i propri defunti. Un angolo di mondo in cui si affida tuttora al vento la voce, perché raggiunga chi ormai è dall’altra parte.

E ancora:

Il Telefono del Vento è quel luogo in cui il pensiero diventa parola, e la parola pesa meno sul cuore del pensiero. Bisogna mettere ordine nei propri sentimenti per parlare con un altro, una terza persona. Il Telefono del Vento aiuta a fare quel salto.

È importante perché la perdita riguarda tutti gli esseri umani.

Prima o poi si rimane indietro.

Chiunque abbia amato un giorno si ritrova là.

E tuttavia la storia continua.

La visita al Telefono del Vento è, pertanto, il primo passo che fa la protagonista Yui per ritrovare se stessa, anche grazie all’improvvisa amicizia che instaura con Takeshi, medico vedovo, che deve crescere da solo una figlia divenuta muta nel giorno della morte della madre.

Nella narrazione ciò che colpisce non sono a le parole, ma il silenzio, quel silenzio interiore che permette di ascoltare la natura: …Il giardino bisbigliava incessantemente, come se confluissero in quel canovaccio di terra le voci… di tutti, voci dal silenzio universale, una sorta di panismo nell’immedesimarsi dell’io con la natura, col tutto. Tale processo di fusione l’io della voce narrante lo trasmette ad ogni personaggio che abbandona i propri confini per abbracciare l’identità universale della quale avverte di far parte, sorgente di conforto, di speranza e desiderio di ricominciare a vivere.

Un testo intimistico e allo tempo stesso universale, rivolto a tutti noi invitandoci a fare i conti con il passato, il presente e il futuro.

Yui e Takeshi s’incontrano per caso in questo luogo singolare e suggestivo e insieme ad altri visitatori, intessono un delicato racconto di vita e di morte.

Tutti i personaggi cercano risposte ed affidano le loro vite a quel vento che soffia su di loro come la carezza dei loro cari scomparsi, tranne il guardiano di Bell Gardia, che si gode la vita attraverso quella degli altri, con affetto paterno, con lo stesso amore che mette nella cura del giardino e della cabina telefonica, sempre pulita e accogliente, pronta per i visitatori.

Emerge la capacità dell’autrice di valorizzare la solitudine e il silenzio dove trovano spazio parole sussurrate pronte a concretizzarsi in azioni efficaci per rinsaldare legami che sembravano spezzati, vincere l’afasia (causata da un avvenimento tragico mai completamente metabolizzato) spazzare via rimorsi o lenire sofferenze.

Una prosa ora intensa, ora scorrevole, quasi sempre poetica accompagna, pagina dopo pagina, il lettore alla conoscenza di una cultura diversa, sapiente nell’affrontare il tema del distacco con delicatezza e sensibilità.

Dolore toccante, vissuto nello sforzo di superarlo per “rinascere”.

Fuori dal baratro si rivivrà apprezzando ciò che di bello ci offre l’esistenza.

Un testo avvolgente e misterioso che sembra veramente “fatto di vento”… voci e storie simili a folate, come sottolinea lo scrittore Paolo Di Paolo, per dirci quanto è maestosa e terribile la natura e soprattutto che “la realtà non è solo quella che si vede”.


Giuseppina Rando

 

 

Laura Imai Messina è nata a Roma nel 1981. A ventitre anni si è trasferita a Tokyo dove ha conseguito un dottorato in Letteratura e attualmente insegna presso alcune tra le più prestigiose università della capitale giapponese.

È autrice di romanzi, saggi e storie per ragazzi tradotti in più di 30 Paesi.

In Italia i suoi libri sono pubblicati da Piemme, Einaudi, Vallardi, Salani.


Foto allegate

Otsuchi. Il telefono del vento (foto di Matthew Komatsu)
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