Nel gennaio 2023, opera di esordio della collana “I nodi – Poeti italiani contemporanei” delle Edizioni Fili d’Aquilone, è uscito Missori / Missouri, un bel lavoro poetico di Giorgio Mobili. Critico letterario e traduttore, oltre che poeta, Giorgio Mobili vive negli Stati Uniti dal 1999, ma i suoi precedenti 25 anni li ha sviluppati in Italia, a Milano. Proprio su questo duplice orizzonte geografico si impernia la struttura stessa della raccolta: Missori è il nome di una fermata della linea metropolitana 3 di Milano, a lungo utilizzata dal Mobili durante i suoi anni milanesi; Missouri è il nome dello stato americano che lo ha accolto dopo il suo trasferimento dall’Italia: tuttora vive negli Stati Uniti, dove insegna alla California State University di Fresno.
Dunque, una raccolta la cui anima è in parte ispirata a Missori (cioè a Milano) e in parte nel Missouri. Non è affatto irrilevante questa differenza tra le preposizioni “a” e “nel” usate come avverbi di luogo, perché informano in modo diverso la percezione dei luoghi stessi e quindi le loro interrelazioni con chi vi si trova.
“A” è una preposizione anche foneticamente aperta, che non costringe la nostra percezione dentro un recinto delimitato da confini; non li definisce in modo chiaro, li lascia come liquidi e adattabili al contesto del dire. È come se delegasse a chi ascolta il ruolo di geografo dell’anima. “In” è invece una preposizione chiusa, che dice in modo esatto l’essere all’interno di un recinto delimitato da confini precisi. “Risiedo a Milano” non è la stessa cosa di “risiedo in Milano”. Nel primo caso voglio riferire che non ha importanza l’indirizzo, ovvero il confine toponomastico, in cui si trova la mia abitazione, mi importa dire che la mia abitazione “è” Milano. Nel secondo caso, invece, uso il nome della città in cui si trova la mia abitazione per riferire che vivo in un preciso indirizzo toponomastico che si trova, incidentalmente, dentro quella città. Nel primo caso suggerisco, nel secondo affermo. Anche “sono a casa” non è la stessa cosa di “sono in casa”. Tanto è vero che, quando diciamo "qui mi sento a casa", significhiamo che ci troviamo in un luogo che non è delimitato geograficamente in modo esatto, è una zona del mondo che offre al nostro animo una percezione di benessere. Se diciamo invece "sono in casa" indichiamo con precisione un luogo delimitato.
E vi sono, chissà perché, regole ortografiche che non prevedono mai l’utilizzo di “a” quando devo indicare unità geografiche ampie. Non è previsto si possa dire “vivo a Italia”, sono costretto a dire “vivo in Italia”. È quasi paradossale: tanto più è vasto il territorio che voglio indicare, tanto meno posso usare la preposizione aperta. Viceversa, la posso usare quanto più è concentrato e definito il territorio.
Le poesie di Missori / Missouri giustappongono spesso questi due stati in luogo (a / in) e usano, implicitamente, lo spazio sfumato del primo e lo spazio definito del secondo come metafora dinamica degli spazi dell’anima. La dualità significata da questa giustapposizione suggerisce che la vita stessa esiste e si sviluppa su due piani dimensionali. La sua dimensione interiore è un luogo-non luogo, uno spazio privo di confini specifici: è l’essere “a”. La sua dimensione esteriore e materiale è invece un’area costretta in molteplici confini, è l’essere “in”. Vivere è dunque la perenne oscillazione tra le catene del dentro e l’anelito del non-dentro.
Le composizioni della raccolta, di cui si apprezzano le limpidezze metriche, le felici rappresentazioni allegoriche e le sane incursioni immaginifiche, portano a leggere la perennità di questa oscillazione non come un succedersi di eventi tra loro in competizione, da subire passivamente, ma come un cammino in cui progressivamente raccogliere bocconi da consegnare alla memoria del futuro, in cui vivranno come istantanee dinamiche, con un ricco corredo di stati d’animo. La crescita umana è il frutto di questa oscillazione, dove il confronto tra le possibilità dell’indefinibile e le impossibilità del definibile genera vita.
La prima sezione della raccolta è “Missouri”. Ma il lettore non si aspetti una sequenza di poesie narranti l’America: tutt’altro. A dispetto, o a riprova, del dualismo “a / in”, Mobili accosta argutamente il suo dire poetico più impregnato di faccende americane a frammenti in cui sopravvivono, o meglio vivono, anche precise vite italiane. Si parla anche di Savona, di piazza Duomo, della nonna, delle Alpi. Viceversa, nella seconda sezione della raccolta, “Missori”, accanto a molti echi marcatamente milanesi, esistono e hanno un loro ruolo non secondario elementi che travalicano il confine milanese, da Pavia a Celle Ligure, da Cattolica a Marrakech, dal Gargano a Lisbona, e poi nomi di persone e di luoghi non italiani. Due sezioni, dunque, in cui si ricorrono perennemente le infelicità della costrizione e il desiderio della libertà storico-geografica. Per vivere occorre fare sintesi: e Giorgio Mobili traccia le linee di questa sintesi nella terza sezione della raccolta, “Il lungo inverno”, dove per l’appunto si incontrano e si confrontano liquidità e solidità in una sorta di caos che, lungi dall’essere disordine incontrollato, sono generative di vita, di consenso e di dissenso.
Mi pare che la poetica di Giorgio Mobili rappresenti, nel suo incedere che indaga l’inizio e la fine di ogni non-luogo, nel suo stile misurato e pacifico, nel suo rigore formale che paradossalmente ma acutamente accentua l’inarrestabile liquidità esistenziale e nella sua lettura in bilico tra introspezione ed estrospezione, un bel corredo simbolico della felice incapacità umana di esistere “qui e ora” e, al tempo stesso, “là e non ora”. O, meglio, di interpretare inevitabilmente il presente, ogni presente, con ciò che presente non è, sia spazialmente sia temporalmente. Felice incapacità, dicevo, perché se l’essere umano fosse capace di essere sempre qui, ora, là e non ora, non avrebbe la possibilità di dirlo e, non dicendolo, non potrebbe neppure creare, con la parola, la sua stessa anima e, in definitiva, la sua stessa esistenza.
Roberto Uberti
Giorgio Mobili, Missori / Missouri
Edizioni Fili d’Aquilone, 2023, pp. 73, € 13,00