Federica Manzon
Alma
Feltrinelli, 2024, pp. 272, € 18,00
Vincitore del Premio Campiello 2024, Alma di Federica Manzon non è un romanzo semplice e scorrevole pur sprigionandosi dalle sue pagine, intrise di passato e di presente, un coinvolgente magnetismo.
Il passato riguarda la Storia, forse dimenticata, relativa all’Ex-Jugoslavia nel decennio 1991/ 2001 (dopo la morte del Maresciallo Tito); sono i conflitti armati tra le varie etnie di quei territori, abitati da sloveni, serbi, croati, bosniaci che in modo drammatico li hanno vissuti.
Il presente è quello della protagonista, Alma nome poetico di “anima” da cui emerge l’anima triestina dell’autrice, nata a Pordenone ma sempre vissuta a Trieste. Anima triestina… “sfaccettata… lacerata e profonda... sospesa tra confini sottili che uniscono e dividono mondi diversi e intrecciati…1
Trieste considerata “la meno italiana” tra tutte le città della penisola e non tanto perché posizionata al confine, ma per aver vissuto da vicino i contraccolpi della guerra interetnica sconvolgendo quasi il nuovo ordine mondiale in seguito alla seconda guerra mondiale.
Trieste, splendente nei suoi palazzi bianchi con la braccia sempre aperte ad accogliere profughi e perseguitati, fa da cornice al romanzo e la protagonista Alma la rappresenta proprio quando, in età matura, ritorna alla città amata dopo essersi allontanata da giovane.
Significativa la dedica espressa da Federica Amazon nel ricevere il Premio:
…lo dedico a tutte le persone che stanno attraversando il confine, in particolare il confine Orientale dell’Italia, e che lo fanno sognando un presente - prima ancora che un futuro - migliore, in un momento in cui a Trieste il trattato di Schengen è stato sospeso in anticipo rispetto a altre parti d’Europa, ed è ancora sospeso.
La vicenda, narrata in terza persona, inevitabilmente, porta con sé riflessioni profonde e interrogativi sulle relazioni, sull’identità e sul rapporto con il passato che ne fanno un romanzo stratificato dove trovano collocazione personaggi che la stessa Storia nel proprio divenire ha creato: i nonni materni di Alma, custodi della tradizione mitteleuropea, la madre che - non accettando l’orgoglio dei genitori, cultori della tradizione austro-ungarica e convinti di appartenere ad una classe colta e distinta - si ribella e va a lavorare nella Città dei matti dopo aver sposato un uomo slavo senza passato, che viene da di là e che lavora — ma non si sa bene in che modo — con il Maresciallo Tito, condannandosi a un vita di precarietà sul Carso. Alma soffre tanto l’assenza del padre, con lui piace conversare in quelle poche ore che lo vede: …Certe sere sentiva la madre piangere in camera sua. Andiamo a cercare papà, le diceva allora, ma sua madre scuoteva la testa, non avrebbe saputo dire dove fosse, da qualche parte a est, in qualche hotel della Jugoslavija o forse nella villa di qualcuno…
E poi arriva il misterioso Vili, un bambino figlio di dissidenti politici, portato a casa loro, proprio dal padre, una notte durante l’infanzia di Alma e divenuto poi, nel tempo, fratello, amico, antagonista, il suo amore e il suo tormento.
In tale ambiente Alma cresce, ma si muove a fatica: ora finge, ora si isola, ora avverte un senso di estraneità verso tutti e tutto.
…Lei non saprebbe dire dove sta la sua appartenenza, neanche la sua città lo sa: si è pensata sempre parte di una nazione che non era la sua, immaginava l’Austria, sognava il regno degli slavi, e perfino la nazione garibaldina, ma poi è rimasta estranea a tutto e soprattutto a se stessa.
Alma trova rifugio nella lettura e nella scrittura, diventa giornalista per raccontare ciò che vede: narra, tra l’altro, di Franco Basaglia (lo psichiatra che ha chiuso i manicomi con la legge del 1978), delle sue battaglie e del come la propria madre ha collaborato nella casa di matti.
All’improvviso un giorno Alma sparisce, va a vivere nella Capitale… dove non c’è maldicenza, appropriazione indebita, menzogna tradimento che non possa essere cancellato da un regalo a poco prezzo fatto recapitare da un tassista notturno. Vi si abbandonerà e dimenticherà…
Dimenticherà fintanto che non tornerà a Trieste, chiamata da Vili per ricevere l’imprevista eredità di suo padre, sempre sfuggente, senza radici, sognatore e stravagante.
A Trieste il passato inonda il presente e lo fa mentre Alma passeggia per le vie, guarda il suo mare, ritrova i luoghi che hanno segnato l’infanzia e l’adolescenza con poca gioia e tanto dolore.
Sul dolore così si esprime l’autrice in un’intervista:
…. Credo che ci sia un grande tabù rispetto al dolore, che per molti dovrebbe essere nascosto e attutito. A volte stare dentro a quel dolore e attraversarlo è l'unico modo per uscire dall'altra parte. Ripenso allora a Trieste, che è una città multiculturale che non è mai stata inclusiva nel senso buonista che pensiamo. Trieste è molto conflittuale, ma quel conflitto non sfocia mai nella violenza, semmai nella capacità di prendere atto che, se le differenze non ci fossero, perderemmo la ricchezza che offre l'incontro con l'altro. Mantenere un po' di conflittualità nelle nostre vite è un modo interessante di stare al mondo.
In Alma la conflittualità di Trieste si manifesta nell’intima inquietudine che non le dà pace e la spinge a cercare ciò che ancora non sa e che forse potrebbe appagarla. Sono questi i temi con cui Federica Manzon intreccia una singolare storia che ha a che fare con la famiglia, il passato, i morti e le radici… e quel genere di cose che stanno sepolte sotto terra, e conduce il lettore nel mondo balcanico forse non da tutti adeguatamente conosciuto. Certamente il romanzo si può leggere anche come uno stimolo per recuperare coscienza e conoscenza di ciò che è stata, negli anni Novanta del secolo scorso, la guerra nei Balcani, troppo ignorata aldiquà del confine: un conflitto su più scenari che è stato genocidio, stupro come arma di distruzione e pulizia etnica, traffici in armi e droga.
Per le vie di Trieste il dolore passato e il nuvoloso presente si rincorrono nella mente inquieta di Alma e si acuiscono nel giorno della Pasqua ortodossa quando incontra Vili per ricevere l’eredità del padre.
Vili è proprio l’ultima persona che Alma avrebbe voluto incontrare in ragione del rapporto di amore-odio vissuto in passato. Passato che, quasi per magia, durante l’incontro, lei “vede” sotto una nuova luce. In entrambi si è maturato un processo di crescita grazie al superamento del concetto di identità e di radici che delle guerre e del sangue sparso è stato la miccia. …Il passato, le radici, debbano essere qualcosa che si muove, come i rizomi, in superficie, che attraversa i confini. Le radici degli alberi non si curano dei confini, attraversano e vanno oltre… I luoghi, sottintende l’autrice, altro non sono che metafore di vita, posti in cui ciascuno di noi sente la necessità di abitare o di amare.
Questo il messaggio che si coglie: il senso delle origini… persone che diventano luoghi e le loro storie compongono una unica, autentica Storia universale.
Giuseppina Rando
1 Diego Zandel, “Alma, l’anima lacerata e profonda di Trieste” (Osservatorio Balcani e Caucaso. Transeuropa, 02/04/2024).