Venerdì , 22 Novembre 2024
VIGNETTA della SETTIMANA
Esercente l'attività editoriale
Realizzazione ed housing
BLOG
MACROLIBRARSI.IT
RICERCA
SU TUTTO IL SITO
TellusFolio > Bottega letteraria > Prodotti e confezioni
 
Share on Facebook Share on Twitter Share on Linkedin Delicious
In libreria/ Roberto Uberti. Del movimento come illusione 
“La casa gialla (cortometraggio)” di Silvia Comoglio e Giorgio Mobili
17 Ottobre 2024
 

Per i tipi di Fili d’Aquilone, nella collana “I segni”, è apparsa a marzo 2024 La casa gialla (cortometraggio), una pregevole opera firmata a due mani da Silvia Comoglio e Giorgio Mobili. È un libro bifronte: nelle pagine si alternano con regolarità i testi poetici di Silvia Comoglio, poetessa ormai di lungo corso, e le immagini fotografiche di Giorgio Mobili, anch’egli poeta per la verità, ma per quest’occasione artista dell’immagine.

Oltre al titolo, che pure incuriosisce, colpisce il sottotitolo: “cortometraggio”, un termine che richiama alla percezione comune l’idea di un breve filmato. Ci avventuriamo dunque nelle pagine (è pur sempre un libro, o no?) con un senso di incuriosito disorientamento: stiamo per “leggere” qualcosa o stiamo per “vedere” qualcosa?

Per rispondere a questa domanda e affrontare serenamente questa lettura (o visione?) dobbiamo, prima di tutto, fare qualche breve premessa.

Sappiamo che un cortometraggio, un filmato, è tecnicamente una rapida successione di fotogrammi, ovvero di singole immagini, per definizione statiche, che, messe insieme, danno l’illusione del movimento. Ciò non soltanto nel vecchio mondo analogico, in cui i fotogrammi fissati sulla pellicola sono anche fisicamente ben separati tra loro, ma anche nel mondo digitale, in cui i filmati non sono altro che sequenze continue di byte statici i quali, messi insieme ed elaborati in modo opportuno, disegnano immagini in sequenza che, di nuovo, danno l’illusione del movimento.

Illusione: non è dunque un movimento vero? Osservando un filmato, la velocità di elaborazione di ciò che il nostro occhio vede viene superata dalla velocità con cui le immagini statiche si succedono e il nostro cervello viene quindi ingannato: crede di vedere qualcosa che si muove, ma il movimento che percepiamo è solo un’illusione. I fotogrammi, analogici o digitali che siano, alla fine sono singoli scatti, istanti piccolissimi fissati su pellicola o digitalmente, e poi riprodotti. Ebbene, come si fa allora a immaginare un cortometraggio dentro un libro? Un libro non è un display, un monitor, uno schermo cinematografico, è una sequenza di pagine. Dove sta, dunque, il movimento promesso dalla parola “cortometraggio”? Il cortometraggio (ovvero l’illusione del movimento) su cui si sviluppa il libro non può certo essere dato dalle fotografie che si succedono come singoli fotogrammi nelle pagine: troppo lenta sarebbe la loro successione. Eppure, sfogliando le pagine, avvertiamo con precisione il senso di un movimento: man mano che la lettura-visione procede ci accorgiamo che il movimento è creato da una dualità di stimoli: da una parte una successione di immagini statiche, dall’altra una successione di lemmi e fonemi (che chiamiamo parole) riuniti in insiemi di senso compiuto che chiamiamo poesie. Ecco, nel libro succede questo fenomeno: il movimento, o la sua illusione, è offerto perché ci sono sia immagini sia parola poetica. Quest’ultima guida il movimento. Le immagini lo sostengono.

Eppure, “parola” e “immagine” sono due linguaggi. La parola vive solo grazie al suo movimento, al suo essere letta, parlata, ascoltata nel tempo. L’immagine vive solo grazie all’aver fissato il tempo nella sua staticità. Non è dunque facile, benché non certo nuova, la scelta di accompagnare poesia e fotografia: si corre il rischio che ciascuno dei due linguaggi sopraffacci l’altro e in qualche modo lo cannibalizzi. Qui la parola poetica, dinamica anche quando è fissata nello scritto, deve muoversi facendosi largo in un lago marmoreo di momenti statici, le fotografie.

Ci si domanda allora se e quale ancillarità reciproca abbiano qui i testi e le fotografie, Noi siamo abituati a due tipologie di abbinamento testo-immagine: o il “didascalismo testuale”, dove il testo è ancillare all’immagine (l’esempio più comune e diffuso è quello dei libri d’arte, delle riviste e di certi social), o il “didascalismo visuale”, dove l’immagine è ancillare al testo (l’esempio più comune è quello dei manuali tecnico-scientifici o dei blog). Tertium non datur? In questo libro il rapporto tra testo e immagine inventa una sua terza via, suggerendo, attraverso le atmosfere generate dalle parole e dalle immagini, non già la ricerca di un equilibrio formale tra i due linguaggi o un asservimento reciproco, ma una loro pacifica convivenza, un rispetto. I due linguaggi si rispettano reciprocamente, nessuno dei due pretende di spiegare l’altro, nessuno dei due vuole imporsi sull’altro. Le poesie non sono didascalie alle fotografie, né le fotografie sono illustrazioni delle poesie: sono nel medesimo recinto per un solo motivo: perché stanno bene insieme. Si rispettano. Molto più banalmente, sono nel medesimo libro perché è bello così, perché la loro alternanza nelle pagine è esteticamente piacevole, perché ogni poesia racconta di sé e ogni fotografia pure, perché sono narrazioni parallele, non duetti. Il loro scopo è sostenersi a vicenda e creare il cortometraggio, il movimento, o la sua piacevole illusione.

Il lettore non si incisti dunque nella ricerca di sottili e improbabili richiami o allusioni tra il contenuto delle fotografie e il contenuto delle poesie, perché – anche se ritenesse di individuare qualche elemento che in apparenza le unisce – esso sarebbe del tutto casuale e fortuito.

Torniamo al nostro quesito iniziale: questo cortometraggio che è “La casa gialla” va letto o va osservato? Siamo lettori od osservatori? La risposta è che la giustapposizione continua di testi e immagini ha per effetto quello di educare l’osservazione a leggere e la lettura a osservare. Ma vi è di più. Per colmare la misura gli autori hanno scelto per titolo il riferimento a una casa, cioè a quello che chiamiamo un “immobile”. Qualcosa che non si muove. I due autori provocano le leggi della dinamica usando un oggetto immobile per presentare un cortometraggio, ovvero qualcosa che descrive il movimento.

In fondo è proprio il dualismo immobilità/movimento ad attraversare tutta l’opera. La ricerca poetica e visuale di questo libro si snoda attraverso le continue alternanze delle sezioni in cui è suddivisa l’opera: prima le sezioni chiamate “backstage”, poi le sezioni chiamate “in scena”, spesso inframmezzate da veri e propri atti, poi di nuovo backstage e di nuovo in scena, e così via. Anche questo espediente letterario, richiamando la dinamica delle rappresentazioni teatrali, diventa visuale e dunque sorregge lo svilupparsi del cortometraggio. Se ci si pensa è come la vita: vi è sempre un backstage in cui ci prepariamo ad andare in scena, recitiamo i nostri atti poi torniamo nel backstage per preparare un’altra andata in scena, e avanti così per tutta l’esistenza.

Le poesie di Silvia Comoglio, non precisamente numerabili data la loro struttura fluida, delineano chiaramente questo percorso. Una poetica, la sua, caratterizzata – come unanimemente noto alla critica – da una poderosa ricerca sul dilatarsi della parola poetica e sul suo contrarsi, del dire senza poter dire, del costruire disfacendo. E qui ulteriormente sorretta dalla presenza di ben ottanta domande, segno inequivocabile dell’incompiuto che ci viene a cercare (non è anche questo un movimento?).

Le 46 fotografie di Giorgio Mobili (più una di Gianni Mobili e due di Gabriel Mobili) fissano istanti lucidi nella loro inquieta seraficità. Danno testimonianza di uno sguardo che si lascia sorprendere da visioni sfuggenti eppure normali, registrando la pacata dimensione dell’istante eterno. Dalla composizione essenziale e precisa, sono fotografie in cui l’ispirazione informale si tramuta in rigore formale. Sono domande esse stesse, sono consultazioni con l’incedere fluido e secco dell’esistenza. Anche questo è movimento.

Ecco il cortometraggio, ecco l’immobilismo della casa gialla e il suo movimento. Ecco l’illusione del movimento. Ciò che si muove non è la realtà che ci circonda, ma la nostra percezione di essa.

 

Roberto Uberti

 

 

Silvia Comoglio e Giorgio Mobili, La casa gialla (cortometraggio)

Edizioni Fili d'Aquilone, 2024, pp. 119, € 15,00


Articoli correlati

 
 
 
Commenti
Lascia un commentoNessun commento da leggere
 
Indietro      Home Page
STRUMENTI
Versione stampabile
Gli articoli più letti
Invia questo articolo
INTERVENTI dei LETTORI
Un'area interamente dedicata agli interventi dei lettori
SONDAGGIO
TURCHIA NELL'UNIONE EUROPEA?

 70.8%
NO
 29.2%

  vota
  presentazione
  altri sondaggi
RICERCA nel SITO



Agende e Calendari

Archeologia e Storia

Attualità e temi sociali

Bambini e adolescenti

Bioarchitettura

CD / Musica

Cospirazionismo e misteri

Cucina e alimentazione

Discipline orientali

Esoterismo

Fate, Gnomi, Elfi, Folletti

I nostri Amici Animali

Letture

Maestri spirituali

Massaggi e Trattamenti

Migliorare se stessi

Paranormale

Patologie & Malattie

PNL

Psicologia

Religione

Rimedi Naturali

Scienza

Sessualità

Spiritualità

UFO

Vacanze Alternative

TELLUSfolio - Supplemento telematico quotidiano di Tellus
Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - ISSN 1124-1276 - R.O.C. N. 32755 LABOS Editrice
Sede legale: Via Fontana, 11 - 23017 MORBEGNO - Tel. +39 0342 610861 - C.F./P.IVA 01022920142 - REA SO-77208 privacy policy