Alla fine è giunta in porto smentendo ogni previsione avversa che la voleva infrangersi a bordo della sua fragile barchetta, nel mare tempestoso europeo, contro gli scogli sovranisti. Si era arrivati persino a ipotizzare che sarebbe stata bocciata, e al contrario Ursula Von der Leyen ha ricevuto di nuovo l’investitura del Parlamento europeo e guiderà la Commissione europea per un altro quinquennio. Un esito non scontato e che prima di lei era riuscito a un altro esponente dei popolari, il portoghese José Barroso.
Alla fine ha ottenuto 401 suffragi, 40 in più della soglia di maggioranza di 361, pari alla somma dei voti dei partiti che la sostengono, popolari, socialisti e liberali. Ma in realtà nel segreto dell’urna si sono celati sia varie defezioni da parte di franchi tiratori che il sostegno decisivo di qualche conservatore non allineato e soprattutto del gruppo dei verdi, così come 5 anni fa fu determinante il supporto dei 5 stelle, stavolta però sfavorevoli alla riconferma. La bionda signora l’aveva chiesta sulla base di alcune priorità d’azione quali il sostegno all’Ucraina, la lotta al caro affitti e un più deciso controllo alle frontiere. Queste linee-guida non hanno invece convinto i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, che contavano di diventare fondamentali per la rielezione di Von der Leyen e dare così più peso al nostro Paese per riuscire ad ottenere l’assegnazione di un commissario europeo di alto livello e una vicepresidenza esecutiva. Però i loro calcoli sono andati in fumo perché i potenziali voti a sostegno di Ursula non avrebbero avuto comunque rilevanza e la scelta di FdI sarebbe stata in ogni caso ininfluente. Quindi i conservatori europei hanno preferito votare contro e giocare apertamente la carta della forza di opposizione, almeno per il momento.
In effetti quegli stessi voti torneranno forse buoni in futuro, siccome la nuova maggioranza Ursula alla lunga potrebbe rivelarsi molto più fragile di quanto appare. Si è compreso che la fiducia sarebbe passata al momento del discorso di presentazione del suo programma tenuto dalla popolare tedesca, una relazione equilibrata nei minimi dettagli, in modo da soddisfare non solo la maggioranza consolidata che la sosterrà nella legislatura, ma pure i provvidenziali Verdi da cui otterrà una sorta di appoggio esterno e gli stessi Conservatori e riformisti, cui sicuramente avrà modo di appoggiarsi in futuro. Promesse come quella di istituire un commissario al Mediterraneo, incaricato di creare partenariati coi vari stati della regione (quelli da cui partono i migranti clandestini), di triplicare i membri di Frontex, per giunta istituendo un commissario alla semplificazione, sono musica per le orecchie di Meloni & c. Nulla è del tutto prevedibile e a differenza della scorsa legislatura, quando Von der Leyen passò per un soffio, adesso la base di appoggio iniziale è molto più elevata grazie ai Verdi. La rieletta presidente della Commissione si è guardata bene dal parlare di maggioranze stabili, malgrado il parere diverso dei suoi tradizionali alleati, e infatti la realtà è che i Verdi sono stati i grandi sconfitti di queste elezioni, e Von der Leyen lo sa perfettamente così come il partito popolare che della rinuncia al Green Deal ha fatto la sua bandiera elettorale. Non a caso il suo capogruppo Weber è stato tra i fautori di un’apertura alla destra, quantomeno a quella dei pragmatici conservatori della Meloni, sebbene l’atteso boom che ci si attendeva dalle urne non sia stato così eclatante, complicando i suoi piani. Una volta che la Commissione sarà formata di fatto e sostenuta dal voto di fiducia dei suoi rappresentanti, non è da escludere che nei prossimi anni i popolari possano orientarsi decisamente a destra, magari quando vorranno porre fine alle politiche ambientaliste. Allora i voti dei Conservatori e riformisti potrebbero tornare utili o addirittura indispensabili. E pensare che l’unica palese alternativa a livello europeo, quella tra i sostenitori del processo d’integrazione e i suoi detrattori disposti a svuotare di potere l’Ue dall’interno, dovrebbe essere ormai ben chiara a tutti, però a quanto pare la ruota gira diversamente.
Il successo della Von der Leyen sarà una vittoria di Pirro per il progetto dell’Ue? È lecito avere delle perplessità al riguardo, ma è meglio attendere i fatti.
Guido Monti