Velletri (Roma), scorso 7 luglio di mattina. Auditorium ‘Romina Trenta’. Il concerto: “Rapsodiando tra vecchio e nuovo mondo”. Una meraviglia. Responsabili, con l’aggravante della reiterazione, sempre Valeriano Bottini e Giancarlo Tammaro in concorso con Iacopo Feresin e Francesco Grano ai due inconsapevoli pianoforti Erard 1879 e Pleyel 1998. La Fondarc e la Regione Lazio hanno abusato nel loro sostegno, ma non è più reato.
Questo dunque non è un articolo ma una nota scherzosa (con maldestro tentativo di imitazione del ritmo travolgente di Gershwin) e un ringraziamento molto sentito per aver proposto un evento eccezionale. Bella idea, per celebrare il centenario della Rhapsody in Blue, quella di proporre un mosaico di tessere lucenti, da Bach a Schumann a Brahms a Grieg, per poi arrivare all’esecuzione di questo capolavoro senza tempo della musica. Rapsodia nell’etimo significa cucire dei canti.
La magia di questa opera è unire il nuovo e l’antico, il progresso e il sentimento umano profondo, rappresentati dal pulsare metallico del treno e dalla malinconia del Blues dei canti degli schiavi d’America. Ma qui la “visione” artistica di Gershwin sembra calare dall’alto come nell’ispirazione notturna del poeta che al mattino si trova i suoi versi belli e pronti per intercessione di una qualche “divinità”. Jacopo Feresin e Francesco Grano, bravissimi nell’esecuzione dei brani di “avvicinamento” (e in un intimo bis da un corale di Bach), sono esplosi nella musicalità assoluta di questo capolavoro moderno che sembra miracolosamente sorgere da un brodo antropologico primordiale.
Parole in libertà o forse no. Ma nella sala c’era davvero voglia di volare, di ballare perfino. In fondo dare la mano allo Chagall che per fortuna si nasconde dentro ognuno è così bello, di più in questa epoca di diatribe infinite e fasulle. Grazie veramente a tutti per aver portato questo “Americano a Velletri” per aiutarci a “bussare alle porte del cielo”.
(da Controluce.it)