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Sergio Caivano. Un uomo vero tra tanti mostri
07 Luglio 2024
 

Una domenica di molti anni orsono, all’altezza della Versilia, uscii dall’autostrada Genova-Livorno e, salendo per una strada tortuosa, raggiunsi la frazione di S. Anna di Stazzema, che da tempo avevo deciso di visitare. Mi ritrovai in un ampio parco, circondato da alberi di alto fusto, intitolato ad Anna Pardini, la piccola innocente vittima di 20 giorni massacrata dai nazisti in quel maledetto 12 agosto 1944 nel quale trovarono la morte 560 civili, per lo più vecchi, donne e bambini. Il parco era pieno di bus e di auto e vi parcheggiai la mia. Subito dopo la piccola Chiesa, al Museo Storico della Resistenza era in corso una conferenza. Entrai e colsi le ultime parole dell’oratore, che mi venne definito come un superstite.

Invitò i molti presenti, quasi tutti giovanissimi, a riflettere su quanto era accaduto e a chiedere giustizia, non vendetta. “S. Anna vuole essere un paese di pace”, disse. Qualche mese dopo, nel corso di una trasmissione televisiva, riconobbi il “superstite” di quella domenica. Era Enio Mancini, allora direttore del Museo della Resistenza di S. Anna di Stazzema, che raccontò di essere sfuggito miracolosamente alla morte. Il giorno dell’eccidio, Mancini era un bambino di sette anni che viveva col padre, la madre, la nonna ed un fratello. Furono tutti catturati ed un soldato SS ricevette l’ordine di ucciderli e poi di bruciarli col lanciafiamme. Racconta Mancini (Lettera ai compagni, rivista FIAP fondata da Ferruccio Parri e da Aldo Aniasi, n. 2 del 2010, pag. 24): “ Quel soldato aspettò che gli ufficiali se ne andassero e, mentre noi bambini piangevamo, ci guardò e con l’indice della mano destra sul naso ci fece cenno di stare zitti. Poi ci indicò una via di fuga. Iniziammo a correre increduli, poi dietro di noi sentimmo una raffica di mitra… mi voltai e vidi quel tedesco sparare in aria”.

Mancini aveva cercato per tanti anni quel soldato tedesco che gli aveva salvato la vita, senza tuttavia riuscire a trovarlo. Dalla rivista citata si apprende che il soldato si chiamava Peter Bonzelet, deceduto nel 1990. Un suo nipote, tale Jochen Kirwel, studente di teologia, venuto a conoscenza della storia e dei tentativi del Mancini di ritrovare il nonno, gli ha telefonato e poi scritto. Alla fine si sono visti. Sempre la fonte citata scrive: “L’incontro tra i due ha provocato grande commozione a S. Anna di Stazzema e pure a Magonza, città natale del soldato buono e di suo nipote. Jochen ed Enio si sono incontrati il 26 marzo a Roma…”

Tanti soldati tedeschi delle SS furono colpevoli delle atrocità compiute in quella piccola frazione del borgo apuano. Lo furono anche i fascisti che collaborarono all’impresa. Gli abitanti del borgo, per non dover rivivere la continua angoscia del ricordo, sono per lo più andati ad abitare altrove. Sorprende felicemente trovare un uomo, solo ma vero, che ha saputo riscattarsi dall’orrore e salvare la propria coscienza. Un barlume di luce in un mondo – quello nazifascista – caratterizzato da terrore, tragedie, morti. Una piccola speranza per il futuro del genere umano violentato allora dai fondamentalismi del nazismo e del fascismo. E il futuro, poco tempo dopo, con la demolizione del totalitarismo nazifascista da parte di chi si è battuto per la libertà e per la democrazia, si è rivelato certamente migliore.

Il 12 agosto di ogni anno S. Anna vede la presenza di tante autorità, anche non italiane, per commemorare i caduti e deplorare il tragico evento. Tra queste, anche Ursula Von der Leyen, Presidente della Commissione Europea.

 

Sergio Caivano


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