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Giovanni Maria di Lieto. Teoria della Politica: un “Manifesto” antistorico
30 Giugno 2024
 

La partecipazione alla competizione elettorale deve essere dettata da ragioni-sentimenti di dovere civico e da un atto d’amore verso la propria comunità. Moralità, onestà intellettuale vengono prima del “fare” e della capacità di “fare” (sono requisiti pregiudiziali rispetto al “fare”). Il popolo non deve essere separato dal “potere” e dagli eletti (altrimenti, popolo “governati da te”), ma deve essere coinvolto in un sistema e in una logica di partecipazione, confronto, trasparenza. Chi governa non deve “promettere” (politica cd. clientelare), ma applicare regole uguali per tutti coloro che si trovano nella stessa “posizione sostanziale”.

Si deve ritornare a pensare politica, fare politica, entusiasmarsi per la politica, entusiasmarsi per un’“Idea” di politica e di società (quale che essa sia). Il voto deve essere un voto libero e d’opinione. Lo stesso voto popolare non deve finire per diventare esercizio di democrazia formale o cd. di “superficie”: se le candidature sono esercizio di occupazione del potere, la libertà di espressione del voto è compromessa alla radice. La “storia” personale, fatti e/o comportamenti concreti del singolo devono giustificare l’“appartenenza” ad una formazione politica (qualsiasi sia lo schieramento in cui essa si colloca). Ogni formazione politica deve avere dietro di sé una “storia”, e accogliere al suo interno soltanto chi fa parte di quella “storia” e non chi vi si colloca esclusivamente per ragioni di mera “opportunità politica”. Il “qualunquismo” non deve far parte della cultura politica. L’Ottimismo dell’intelligenza deve essere di tutti gli uomini liberi. L’azione amministrativa deve sempre avere un’“anima”, riflettere una spinta ideale e di pensiero, riformista, propulsiva, non demagogica, al servizio dell’Istituzione. Il “sapere impegnato” deve diventare dovere di partecipazione, in contrasto con il “disimpegno” e il qualunquismo del “disfattismo” (va tutto male, bene che vada tutto male) e in contrasto con la retorica della discontinuità che non abbia al suo interno un’Idea nuova di società e di politica. Una società fondata sulla cultura del “merito” è una società “aperta”. Deve essere chiaro il senso della politica e dell’amministrare, i valori, i principi da perseguire, deve rinnovarsi la stagione delle Idee e dell’”impegno” nel segno della moralità, deve prevalere il “primato” della politica contro il qualunquismo del “disimpegno”. La rivoluzione deve essere nella non violenza e nella eticità dei comportamenti praticati, che devono costituire una forma di resistenza civile.

 

Giovanni Maria di Lieto


 
 
 
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