La velocità con cui viviamo la nostra esistenza, ci toglie troppo spesso il tempo per riflettere prima di usare la parola a detrimento della stessa, dimentichi che la parola è lo strumento che ci connota negli atti, nei comportamenti, nel linguaggio. Si assiste purtroppo quotidianamente a un suo uso improprio, senza considerare che la parola nelle sue diverse forme: parlata o scritta, ha segnato la nostra evoluzione, il mutarsi e l’evolversi della società che noi tutti componiamo. In ogni situazione, dalla più semplice alla più elaborata, la parola richiede cura e rispetto, perché ci rappresenta e ogni educatore (tutti lo siamo), in ogni ambito sociale, in ossequio al proprio ruolo, deve tenerla in cura per la finalità preziosa che riveste, ovvero la formazione.
La parola è lo strumento che ci permette di comunicare e pertanto va scelta con attenzione per raggiungere l’obiettivo. Non è solo l’insegnante a utilizzarla ad arte per il suo lavoro, ma ogni componente della società, nel proprio ambito, deve conferirle decoro. La parola è in ogni espressione veicolo di trasmissione per esprimere il proprio pensiero e il suo uso diventa sempre più delicato mano mano che chi la sceglie riveste ruoli importanti nella società fino a quelli istituzionali. Noi educatori nel formare e nell’insegnare facciamo uso costante della parola, la scegliamo con cura, pur di farne uno strumento educativo nella comunicazione e nell’ascolto. Le parole arrivano ai bambini, agli adolescenti, ai giovani che guardano a noi adulti come esempi da seguire. Ogni nostro errore è per loro un danno, ogni parola che sfugge anche se involontariamente al nostro controllo è un marchio difficilmente da cancellare. I bambini ci guardano e ci imitano! La parola ultimamente usata s****** e intorno alla quale ognuno si è espresso, manda all’aria qualsiasi tentativo di educarne all’uso, perché troppo in vista coloro che l’hanno usata in modo sconsiderato; la parola non può identificarsi a nessun livello con vendetta, livore, risentimento o altro; il termine usato è un uso sconcio che nessun educatore potrà mai né accettare né giustificare. L’uso di questa parola ci dice il livello culturale a cui siamo scesi e non ci invita a schierarci ma a rifiutarlo in nome dell’educazione.
Per il bene di tutti, è necessario che si ritorni a parlare con dignità e rispetto, in ogni ambito della vita sociale, a riflettere attentamente, memori dell’“Umorismo” di Pirandello, in cui l’invito alla riflessione è pregnante; l’uso della parola ci caratterizza come persone responsabili nei confronti di chi ci ascolta e il pensiero dei bambini ci obbliga a una scelta attenta e consapevole.
Lasciamo al di fuori della nostra vita ogni azione teatrante, il teatro è vita ma non ha bisogno di tali esibizioni.
Anna Lanzetta