A distanza di anni dalla pubblicazione, mi piace rinnovare la memoria di questa raccolta, preziosa già nel titolo: Giracéo (Capogiro), che si potrebbe tradurre anche Girotondo, perché dà esso stesso il capogiro: “… ma che beglio/ carosello/ sto campane/ rannacciatu/ ca te fa/ ju giraceo (ma che bel/ carosello/ questo vivere/ rattoppato/ che ti fa/ girare il capo)”. Da notare la um finale che perde la m e la ane a sostituire la desinenza are; la troncatura in à per la perdita della desinenza verbale ant o ent, segni di trasformazione del latino parlato originariamente.
È evidente da queste poesie – a suo tempo apprezzate anche dal compianto Achille Serrao – che Maria Lanciotti diviene custode e testimone di una lingua e d’una cultura – della storia – da essa espresse “Ji fatti restéenu trénto/ a lla mommoria/ e sse passéenu a gli ari/ pe durà (I fatti/ restavano/ nella memoria/ e si passavano agli altri/ per durare)”: ora è la poesia dialettale a “passare” i fatti, lottando contro il tempo de “l’usa e getta” che relega la storia e gli avvenimenti nel terreno della “curiosità” o del chiacchiericcio televisivo.
Anche i dolci della tradizione sono occasione per custodire il gusto, ma soprattutto per ribadire l’importanza del “fare insieme”, condizione necessaria perché il dolce venga bene: “Ju dorge ci vè bè/ se gliu facimo nzunu”. Altro stile “controcorrente” all’egoismo e dell’individualismo, diffusi oggi.
Per l’Autrice, fare poesia nel dialetto sublacense è ritrovare ossi e una manciata di grano che la incoraggiano a seminarli ancora una volta perché altri li ritrovino, nel ricominciare “quella fatica/ che se finisce/ muore anche la vita”. La stessa fatica ‒ come la stessa vita – del germoglio, il quale “spunta da un muricciolo/ e s’attorciglia/ a uno sterpo/ per risollevarsi” e si chiede, come tutti noi: “Ce lla faciaraglio o no? (Ce la farò o no?)”. Ecco una poesia che non offre risposte, ma anche, e soprattutto, domande.
Maurizio Rossi
(da: Poeti del Parco, 11/03/2023)
Maria Lanciotti, Giracéo (Capogiro)
Edizioni Cofine, Roma, 2013