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Gianfranco Cercone. “Un altro ferragosto” di Paolo Virzì
17 Marzo 2024
 

È sempre per me motivo di sorpresa constatare come l’antico genere della commedia abbia mantenuto inalterate nei secoli, dal teatro al cinema, alcune caratteristiche, e allo stesso tempo come sia capace di raccontare le trasformazioni del mondo.

Un esempio recente della longevità del genere, è la commedia, realizzata da Paolo Virzì, dal titolo Un altro ferragosto, seguito di un’altra sua commedia di successo, di trent’anni fa: Ferie d’agosto.

Un elemento caratteristico della commedia che si ritrova nel nuovo film è il banchetto nuziale, quello che doveva concludere positivamente l’intrigo amoroso al centro delle commedie più fedeli agli antichi modelli. Ma, più sottilmente, mi sembra propria della commedia nel film di Virzì, la bonomia che lo anima: nel senso che i personaggi - anche se si dividono in due gruppi contrapposti, se quelli di un gruppo hanno caratteristiche più positive che negative, e quelli dell’altro gruppo più negative che positive - sono tutti visti almeno con una certa simpatia. E se è forse impossibile una riconciliazione tra loro, si indovina l’auspicio dell’autore che il conflitto non sia condotto fino alla più aspra discordia.

I due gruppi in questione si riconoscono facilmente appartenenti alla sinistra o alla destra sociologiche. I personaggi di sinistra confluiscono all’isola di Ventotene per una riunione familiare in onore del nonno gravemente malato. Quelli di destra, appunto per una festa di nozze.

I personaggi di sinistra sono certo più colti, hanno più senso civico, sono accoglienti nei confronti delle minoranze. Ma allo stesso tempo appaiono a volte più esangui, come minati da una vocazione al fallimento, sdegnosamente ma anche disperatamente minoritari. Ne è un emblema il personaggio del nonno, pallido, chiuso nella cerchia dei suoi familiari più intimi, e che ama dialogare con le ombre dei morti, come i confinati in quell’isola ai tempi del fascismo: Altiero Spinelli, Ernesto Rossi..., che rappresentavano un’altra Italia, rispetto al passato ma anche al presente, e prefiguravano un’altra Europa.

Quanto ai personaggi di destra sono certo ignoranti, cafoni, razzisti, a volte fuorilegge, ma sono anche sanguigni, espansivi, animati da una loro cieca vitalità. Dietro la loro estroversione balena a momenti la disperazione, un bisogno inconfessato di amare e di essere amati.

Un rimprovero che si può facilmente muovere al film è la semplificazione, il ricorso a una serie di clichés che non possono rendere conto della tante sfumature e contraddizioni della realtà. Ma in effetti il ricorso ai tipi e alle maschere è anch’esso caratteristico del genere della commedia. E bisogna riconoscere che lo sguardo di Virzì è così acuto da riuscire a cogliere, anche attraverso tali schemi, almeno alcuni aspetti della realtà.

Allo scopo si è servito di un folto gruppo di attori e caratteristi - così folto da darci a momenti un senso di dispersività - tutti efficaci. Voglio almeno ricordare Silvio Orlando, Christian De Sica, Sabrina Ferilli, Anna Ferraioli Ravel e Andrea Carpenzano.

Si tratta di un film nel complesso divertente, a momenti toccante. Tra i suoi meriti c’è quello di rievocare, in un film popolare, il manifesto di Ventotene.

 

Gianfranco Cercone

(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 16 marzo 2024
»»
QUI la scheda audio)


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