Il 2024 oltre ad essere un anno di rinnovo delle amministrazioni locali sarà anche decisivo per il futuro dell’Europa perché tra il 6 e il 9 giugno sono in calendario le elezioni europee. Si tratta di un autentico spartiacque tra due visioni politiche diametralmente opposte: da una parte ci sono i nazionalisti che vorrebbero un’Europa fragile, divisa e con tanti stati-nazione isolati e senza una strategia comune. Dall’altra invece gli autentici europeisti che desiderano un’Italia irrobustita in un’Europa forte, in grado di affrontare le enormi sfide che pone il presente. Abbiamo imparato una lezione preziosa con la gestione comune della pandemia e delle sue fasi successive: insieme si può fare tanto di più, molto meglio e ben prima.
Le elezioni europee, ancor oggi considerate come una verifica delle consultazioni nazionali, di fatto hanno assunto via via una rilevanza sempre maggiore. Questo voto può rappresentare una tappa importante nel cammino dell’Unione verso una più netta configurazione politica. Ciò dipenderà essenzialmente dalle forze politiche a condizione che: a) questa volta sappiano configurarsi come partiti europei, anziché nazionali oppure sommatorie di questi; b) lottino seriamente per conquistare la presidenza della Commissione europea, promuovendola come governo federale dell’Unione, invece di lasciare che siano i governi nazionali a decidere. Sarà allora la lotta politica per la conquista del governo europeo a determinare, in ultima istanza, la nascita di un potere europeo autonomo e capace di agire. Al riguardo, nel tradizionale messaggio di auguri di fine anno del Presidente Mattarella ci sono passaggi importanti come l’invito esplicito a recarsi alle urne, cosa non banale in un Paese con un trend preoccupante di astensionismo. Un’alta partecipazione al voto determinerà, di per sé, un rafforzamento delle istituzioni e della democrazia europea, dunque un avanzamento nella costruzione di un’Europa politica. Significativa anche la dedica alla pace quale barriera alla competizione permanente tra gli stati.
L’Ue è la prova evidente della fine di questa logica: da quasi ottant’anni non vi sono più guerre tra tedeschi, francesi, italiani e via elencando, perché ci siamo dati istituzioni comuni e sovranazionali. Per noi cittadini europei l’Unione è l’area della ‘pace realizzata’ e ora, per usare le parole del Presidente, occorre cercare di portare l’idea della sovranazionalità (art. 11, secondo comma della nostra Costituzione, vero e proprio Dna della nostra Unione) là dove gli altri stati aggrediscono il vicino per rafforzare il proprio potere. Dunque ci vuole una campagna elettorale condotta sui temi europei: quali scelte deve fare l’Ue per lo sviluppo sostenibile, per la rigenerazione industriale e dei territori; quali politiche attuare per l’immigrazione e per l’Africa; come gestire il mercato unico perché sia competitivo con gli Usa e la Cina (è il compito che la Von der Leyen ha assegnato a Draghi); quale politica di sicurezza estera e di difesa varare per essere un’unione federale capace di agire nel mondo; non da ultimo, quali scelte strategiche compiere per la gestione dell’intelligenza artificiale e per confrontarsi da europei con statunitensi e asiatici. Di queste cose ci piacerebbe sentir parlare in campagna elettorale dagli esponenti della cultura, della politica e dell’economia. Tuttavia abbiamo colto una nota stonata nella conferenza stampa di fine anno di Giorgia Meloni, quando ha detto che forse si presenterà come capolista in tutte le circoscrizioni per le elezioni europee. E ciò vale pure per la leader del Pd Elly Schlein. In tal caso in Italia l’elezione europea sarà il solito test per stabilire i rapporti di forza tra i partiti, ovvero l’opposto di quello che ci serve come cittadini europei. È scontato come sia la Meloni che la Schlein sceglierebbero poi di rinunciare al Parlamento europeo per rimanere a capo del governo e all’opposizione mostrando così, nello stesso tempo, poca considerazione per le istituzioni europee e per gli elettori che avranno deciso di votarle come loro rappresentanti in Europa. L’auspicio è che non si cada nel consueto gioco italico e provinciale di usare l’Europa a fini interni perché la credibilità del Paese ne uscirebbe compromessa.
Le elezioni europee servono a formare una classe politica europea, nell’interesse dei cittadini dell’Ue, per fare politiche comuni, con parlamentari e leader europei, non esponenti nazionali prestati all’Europa per un solo giorno.
Giuseppe Enrico Brivio - segretario della sezione “Ezio Vedovelli” Valtellina-Valchiavenna del Movimento federalista europeo
Guido Monti - responsabile del Comitato provinciale per l’Europa di Sondrio