Matthieu Aikins
Chi è nudo non teme l’acqua
Traduzione di Luca Fusari
Iperborea, 2023, pp. 416, € 19,00
Il titolo è un proverbio dari, il dialetto persiano parlato in Afghanistan insieme al pasthu; il sottotitolo riporta: “Un viaggio clandestino”: Aikins, giornalista canadese-americano che è stato a lungo in Afghanistan, del viaggio fa vivere ogni dettaglio, con l’accuratezza del giornalismo di inchiesta, e allo stesso tempo trascina dentro le storie di Habib e Omar e dello stuolo di persone che incontrano nel loro viaggio clandestino verso l’Europa. “In un certo senso, lui chiarisce, cominciai a scriverlo nel 2008, quando attraversai per la prima volta l’Amu Daria”, poi sono seguiti sette anni di reportage sul campo con Omar a fianco, interprete per le forze alleate. Alla fine del 2015 Omar vuole andare in Occidente, causa l’inasprirsi della guerra civile e gli attentati a Kabul, mentre i soldati americani cominciano a lasciare il paese per la fine della missione militare annunciata da Obama nel 2014.
Il giornalista ha l’aspetto di un afghano grazie agli antenati provenienti dal Giappone e dall’Europa, per questo, col nome di Habib, sceglie di partire clandestino con l’amico e di condividerne i rischi, intanto registra giorno per giorno ciò che vive, e se lo invia sulla mail dal cellulare. Chi è nudo non teme l’acqua è un percorso vero sulle rotte dei migranti nelle mani di trafficanti che intascano soldi, procurano documenti falsi, corrompono funzionari, organizzano trasferimenti, spostano la gente come pacchi, come “palloni da prendere a calci”, via terra, sui monti, nel deserto, e cercano di fare attraversare i confini.
Dall’Afghanistan i migranti devono passare dalla Turchia per raggiungere l’Europa: Omar vuole andare in Italia e poi tornare a Kabul per portare con sé la ragazza di cui è innamorato. Sa che se arriveranno i talebani, uccideranno tutti quelli come lui, che ha collaborato con gli eserciti stranieri. Di afghani compromessi nel 2016 ce ne sono tanti, perché dall’inizio della missione militare una larga parte degli afghani espatriati erano rientrati e si erano arricchiti nel boom economico post invasione. Chi è ricco si può comprare una cittadinanza e andarsene in sicurezza, i poveri si rivolgono ai trafficanti per comprare documenti di espatrio. Senza di loro non si può fare niente. Dovunque si trova qualcuno che ti indica il trafficante migliore.
Tutta la famiglia di Omar riesce ad arrivare in Turchia - alcuni figli sono già al sicuro in Europa; lui, in attesa di un visto da Istambul che non arriverà mai dopo il tentato golpe militare turco, deve affrontare un viaggio pericoloso: non è facile attraversare i confini al primo tentativo, spesso si deve affrontare un percorso più lungo e più duro per sfuggire alla polizia turca che blocca, picchia e rimanda indietro.
La chiusura delle frontiere trasforma l’Europa in una fortezza da espugnare: se Schengen dà libertà di movimento all’interno dei paesi UE, gli accordi di Dublino stabiliscono che i profughi chiedano asilo nel primo paese di approdo, dove si prendono le impronte digitali: gli accordi tra UE e Turchia devono impedire ai rifugiati di raggiungere l’Europa - in cambio di tre miliardi e di privilegi. Lesbo col suo campo di Moria, dove Omar e Habib arrivano da Smirne con una traversata surreale in gommone - 50 persone in meno di due metri quadrati -, è un vero inferno, una prigione sudicia, piena di violenza, di furti, di stupri, dove si staziona per mesi e mesi in attesa di una risposta alla richiesta di asilo. Il nome Lesbo terrorizza i migranti che lasciano la sponda turca. Ben ventisette nazionalità sono presenti a Moria nel 2016 e il sogno di ognuno di loro è arrivare da Mitilene ad Atene, poi tentare di entrare in Europa per mare, per terra, o su un aereo, se il trafficante ha procurato un documento credibile a somme altissime.
Con una telefonata Aikins potrebbe farsi portare il passaporto e uscire da ogni pericolo ma “quando i guasti del mondo ci appartengono andiamo alla ricerca di qualcosa che li ripari”; e siccome non troviamo soluzioni “la vicinanza - lui scrive - era l’unica solidarietà che potevo offrire”.
Se ci chiediamo come sia finito il viaggio, per lui sicuramente bene, visto che siamo a leggere il suo romanzo-reportage, ma prima ha voluto essere sicuro che ce l’avesse fatta anche Omar.
Quello che cattura il lettore non è solo il coraggio di chi parte col desiderio di ricominciare la vita altrove, la pazienza infinita che porta ad aspettare mesi e anni pur di realizzare il sogno dell’Occidente, a riprovarci fino allo sfinimento, ma è anche la scoperta di luoghi così drammaticamente belli, è la storia dei vari Paesi, la conoscenza delle politiche in atto, il cambio di scenario a livello mondiale - Bush, Obama, Trump - con le conseguenze delle loro decisioni. Si viaggia con i clandestini e nella Storia. Sono tante le vite che l’autore racconta, con cura, con condivisione, perché “Le nostre storie individuali portano sempre con sé frammenti di altri… Siamo una sintesi di conquistatori e conquistati, una miscela che dimostra quanto è stretto l’intrico tra sangue e sangue”. Alla fine tutti discendiamo dai migranti.
Marisa Cecchetti