Oggi, è il solstizio d’inverno (per la precisione, lo sarà alle 4,27 del 22/12/23).
Nelle 24 ore con minor luce dell’anno, intendo rivelarvi il significato zumero della parola nuraghe. Avrete avuto un contatto letterario coi Nuraghe sardi almeno una volta.
Il primo link (» Wikipedia) con /Nuraghe dice che gli studiosi non sono ancora concordi sulla funzione originaria di queste costruzioni con massi di pietra:
Gli studiosi non hanno ancora espresso un parere comune sulla loro funzione originaria, mentre per quanto riguarda la datazione la maggior parte pensa che furono costruiti nel II millennio a.C., a partire dal 1800 a.C. fino al 1100 a.C.
A me pare che la traduzione dal zumero: nu-ra-ghe: ‘inondazione (ra) di luce (ghe) nel buio (nu)’ riveli sia il significato pratico, sia l’orientamento religioso: ‘luce’.
Il secondo millennio a.C. ha conosciuto l’irradiazione in tutti i popoli dell’esperienza zumero-accada vissuta da quelle genti nella seconda metà del III millennio a. C.. E’ girato il poema di Ghilgamesh senza che si sia diffusa nei moderni l’idea che i diversi popoli abbiano imparato a leggere e scrivere coi loro conduttori proprio grazie alle fonti zumere.
Il punto di riferimento per l’analisi del trinomio è “Aldilà”, underworld in inglese:
a - ra - li
underworld: ‘tears’ + ‘to overflow’ + ‘to sing’. (Halloran: 6)
che leggo invece dal centro ‘inondare (ra) di gioia (li) con obbligo di luce (a).
La lettura dei grafi a partire dal centro discende dalla natura circolare della scrittura zumera che muta il significato nella decifrazione (da ‘lacrime’ a ‘luce’). Fortuna vuole che Halloran abbia significato correttamente il termine centrale ra = inondazione, pari al nome del dio sole egizio Ra.
I sacerdoti mesopotamici ed egizi facevano costruire zigurrat e piramidi per osservare le stelle, dare l’immortalità ai loro sovrani ed ingraziarsi in vita il favore degli dèi benevoli. Questa sete di vita e di luce ha segnato i secoli. Dico ciò pur con buchi neri come August Comte, che ha lasciato una scia di non scienza che perdura nel web inondato di archeologie del linguaggio povere di luce.
Osserviamo il solstizio partendo dall’altro mondo che significhiamo con altri grafi:
hi - li - ba
the underworld (‘beauty’ –‘To be happy’ – ‘anima’).
-Esser felice nell’anima bella- è una condizione dell’Aldilà come pensiamo tutt’oggi.
Nella civiltà dei Nuraghe c’erano le stesse esigenze, in un mondo feroce e spietato, di legare socialmente e distruggere col potere:
gi - il - gi - il - la
harnessed (? –finimenti-) (redup., gil, ‘to cross, lie athwart’). (Halloran: 78)
gi16 – il – gi16- il
Emesal dialect for gilim, ‘to destroy’. (Halloran: 80)
Noterete la differenza nelle due espressioni, dove il = Dio (sconosciuto a tutti, meno Robert A. Di Vito, Studies in third millennium sumerian and akkadian personal names, Editrice Pontificio Istituto Biblico, Roma 1993): col finale la = abbondanza, la distruzione cessa, ed il legame perdura coi finimenti (gil).
Il2-la2
Elevation; heights (‘to raise, lift up’ + lal, ‘to measure, weigh’; cf., dun3-la2, ‘depression’ and ib2- ba – la2, ‘flat country’). (Halloran: 124)
È bizzarro che l’elevazione il2-la2 sia stata scritta nell’ignoranza dell’elevatore (il = Dio) e del punto medio tra il Cielo e la terra il2; la ‘penetrazione’ la2 è mancata per forza.
La celebrazione
li – li
celebration (reduplicated ‘to rejoice’). (Halloran: 157)
La celebrazione del solstizio d’inverno 2023 avviene nella massima gioia.
Tenete memoria la gioia con questa tavoletta:
(im) li- gi – in
Exsercise tablet (loan from Akkadian liginnu. (Halloran: 157)
Carlo Forin