Negli anni ’43-’44 lo vedo giocare a calcio nella squadra della Sondrio sportiva. Diversi anni dopo vengo a conoscere la sua storia.
Sergio Mella, uomo mite, schivo, ancora giovanissimo, non sopporta le angherie, le vessazioni, le prepotenze dei nazisti e dei fascisti. Allora decide di dare una mano ai partigiani, che già conosce. Li rifornisce di armi e munizioni che non so come riuscisse a procurarsi. Ma viene scoperto, forse a seguito di una delazione, e tradotto nelle carceri di Sondrio, in via Caimi, dove è sottoposto a duri interrogatori, pestato a sangue, torturato. Ma Sergio non parla. Per questo motivo i fascisti decidono d’infliggergli il massimo della punizione. Lo caricano, incatenato, su di un treno diretto a Milano con un accompagnatore incaricato di sorvegliarlo. Da Milano sarebbe stato issato su di un altro treno con destinazione finale un lager nazista. Lo scempio sta per compiersi. Ma la fortuna lo aiuta.
Per un improvviso allarme dovuto al passaggio di aerei alleati, il treno è costretto a fermarsi all’interno di una galleria. Si spengono le luci. Segue un trambusto che consente a persone sconosciute che, resesi conto della situazione, decidono di aiutarlo, bloccando il suo accompagnatore e poi scendendo con Sergio dal treno. I suoi salvatori si dileguano subito. Sergio, da solo, fugge verso i monti e poi, a piedi, camminando sempre lontano dai paesi per non correre il rischio d’essere nuovamente fermato, risale sino a Sondrio.
Questa volta fa la scelta definitiva. Si unisce subito ai partigiani della Brigata “Rinaldi”, sorta a seguito dell’uccisione del giovane partigiano Riccardo Rinaldi eseguita dai fascisti a Castione. Nel suo ricordo La 40ª Brigata “Matteotti” guidata da Germano Bodo e da Ettore Mascheroni decide d’intitolarsi a Rinaldi. Sergio combatte contro i fascisti. Partecipa alla Liberazione di Sondrio del 28 aprile 1945. Consegna le armi, torna alla vita civile. Si dedica al lavoro e, poi, alla famiglia. Il tempo libero lo impiega sui sentieri di montagna, dove si trova a proprio agio, finalmente libero.
Sergio Caivano