Pasquale Amati è ancora molto giovane quando la sua classe di leva viene richiamata per il servizio militare. Ma ci troviamo in un momento del tutto particolare. Il 13 ottobre 1943, infatti, il nuovo Governo succeduto a quello di Mussolini e presieduto dal generale Pietro Badoglio, ha appena dichiarato guerra alla Germania nazista. Pasquale, uomo tutto d’un pezzo, non ha alcun dubbio. Vuole schierarsi subito coi partigiani.
Cerca a lungo contatti utili per conseguire il suo fine. Dopo qualche tempo, ha la fortuna di venire a conoscere un partigiano d’una certa importanza, Siro Losi che lo indirizza verso un gruppo che si sta formando in Valgerola sotto la guida del comandante Federico Giordano. Pasquale entra così a far parte della 55ª Brigata “Rosselli”, aderente alla Divisione “Garibaldi”. È spericolato nelle azioni di guerriglia, non ha alcun timore ad esporsi.
Nel corso di uno scontro con i fascisti viene ferito, catturato ed imprigionato. Dal carcere ove è stato tradotto, riesce miracolosamente ad evadere. Ancora dolorante non demorde ma, con assoluta determinazione, riprende la lotta per la conquista della libertà. Nuovamente catturato, riesce ancora a fuggire, questa volta in mutande e canottiera. Trovandosi nella zona di Sondrio, cerca e trova un’altra formazione partigiana, questa aderente alla Prima Divisione “Giustizia e Libertà”, alla quale si unisce subito.
Poco dopo la Liberazione partecipa a Sondrio alla sfilata dei partigiani del 9 maggio ’45. Da allora è sistematicamente presente a tutte le manifestazioni e celebrazioni indette dall’Anpi, che vedono la partecipazioni delle autorità locali e provinciali. Scende dalla sua abitazione, situata nella frazione Bette di Chiavenna e si reca ovunque ci sia un partigiano da commemorare, una battaglia combattuta nelle nostre valli, una riunione. Col passare degli anni i suoi ideali giovanili, per i quali si è speso, si rafforzano. L’ho visto personalmente l’ultima volta a Bormio, in occasione della celebrazione del 25 aprile 2015.
A Chiavenna è diventato un mito, ammirato e riconosciuto da tutti, anche da parte di coloro che la pensano diversamente. Nessuno, infatti, può fare a meno di onorare il suo passato di patriota combattente e la sua assoluta coerenza e dedizione ad una causa, quella di quanti avvertirono il dovere di condurre la lotta più dura e pericolosa, quella armata, contro la dittatura nazifascista. Alla sua scomparsa, la città di Chiavenna lo ha salutato con commossi accenti da parte di Giuseppe Barbusca dell’Anpi chiavennasca, del sindaco della città Luca Della Bitta, di un rappresentante della Società Operaia, alla quale ha voluto lasciare la bandiera della 90ª Brigata “Zampiero”, che conservava gelosamente a titolo di profondo attaccamento ai valori della libertà e della democrazia.
Sergio Caivano