L’8 settembre 1943, dopo aver siglato l’armistizio tra L’Italia e le forze Alleate, le truppe tedesche invadono la penisola. Si tratta, a questo punto, di affrontare il nodo della collocazione internazionale del Paese. Il sovrano tergiversa, cerca di guadagnare tempo, rimanda ogni decisione. Ma gli eventi e gli Alleati lo incalzano. I tedeschi si riversano in gran numero nel nostro Paese e si comportano da invasori duri e spietati. Mussolini viene liberato dalla sua prigione di Campo Imperatore senza l’opposizione di chi avrebbe dovuto sorvegliarlo. La città di Napoli, dopo quattro giorni di duri scontri, riesce a cacciare i tedeschi. Gli Alleati premono con insistenza per una assunzione di responsabilità da parte italiana. Dopo lungaggini estenuanti, finalmente Vittorio Emanuele III si decide a compiere l’estremo passo, ed incarica il Capo del Governo Pietro Badoglio di diffondere dai microfoni di radio Bari il proclama col quale l’Italia dichiara guerra alla Germania nazista, schierandosi a fianco delle forze angloamericane.
È il 13 ottobre di ottanta anni fa, data certamente poco ricordata, seppur essenziale per la comprensione degli accadimenti italiani nel biennio ‘43-‘45. Seppur tardiva, la dichiarazione di guerra alla Germania comporta tutta una serie di conseguenze importanti che incidono su qualsiasi valutazione sul piano morale, storico e giuridico. La prima conseguenza, ovvia ma da ribadire a chiare lettere: l’Italia ha un unico Stato legittimo, rappresentato dal sovrano e dal Governo Badoglio. Stato legittimo che non perde la sua potestà e la sua giurisdizione nemmeno in quella parte del Paese temporaneamente occupata dall’invasore nazista, che nel frattempo impone al centro-nord uno Stato fantomatico, la Repubblica di Salò, ai suoi ordini. La seconda: non esistono due Stati. Ne esiste uno solo, rappresentato legittimamente dal Governo Badoglio e dal sovrano, pur con tutte le critiche che si possono rivolgere alla persona; la Repubblica di Salò non è altro che una dependence nazista in Italia. La terza: coloro che si schierano a fianco dei tedeschi invasori per combattere contro l’unico Stato legittimo sono semplicemente dei traditori, secondo norme di diritto nazionale ed internazionale.
Ancora: i partigiani che al centro ed al nord del Paese combattono contro i nazifascisti sono cobelligeranti delle forze alleate e difensori dello Stato legittimo. Pertanto sono dei patrioti. Infine, il Trattato di pace di Parigi del 1948, proprio in considerazione della dichiarazione di guerra al Terzo Reich, riconosce all’Italia, a partire dal 13 ottobre 1943, la qualità di paese cobelligerante delle forze alleate. In tal modo, si rende possibile una notevolissima attenuazione delle condizioni di resa nei nostri confronti, pur sempre applicabili per aver l’Italia iniziato l’attività bellica, purtroppo, a fianco della Germania nazista.
Sergio Caivano