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Marisa Cecchetti. “Cronache da Dinterbild” di Peppe Millanta
03 Settembre 2023
 

Peppe Millanta

Cronache da Dinterbild

NEO., 2023, pp. 310, € 17,00

 

Peppe Millanta aggancia il lettore e lo mantiene sospeso tra la meraviglia e la curiosità fino all’ultima pagina. Anche se rimanda al precedente Vinpeel degli orizzonti - raccomandato scherzosamente dall’autore -, Cronache da Dinterbild contiene una forza ed una capacità narrativa tali da non avere bisogno di niente di più. Basta a se stesso.

Su una spiaggia incontriamo due persone, Ned e Biton, che discutono e raccolgono conchiglie numerate, grosse conchiglie che Ned incastra tra loro fino a creare una barca per allontanarsi di lì. Ma prima di “accordarle” Ned le porta all’orecchio e ascolta le storie che contengono: sceglie solo le conchiglie di chi è vissuto a Dinterbild, il paese che è stato bruciato, da cui sono fuggiti tutti gli abitanti verso l’Altrove, appesi ai Palloni Volanti.

Ascoltiamo la vita degli altri racchiusa nelle conchiglie, ciascuna col suo carico di originalità, di stupore, di dolore: Del, il giudice Morel, Mune, Jan il giardiniere, i fratelli Coty e Sean, il dottor Fros, Biton stesso, sono altrettanti volti delle stranezze, delle bellezze, della crudeltà della vita.

Ned è quello che ascolta e crea la struttura della barca, Biton raccoglie. Ned non trova la propria conchiglia, Biton ricorda di avere spezzato la sua. Se non le trovano mancheranno i loro pezzi alla barca che l’alta marea trascinerà in mare, e allora imbarcherà acqua e non potrà raggiungere l’Altrove.

Della loro vita a Dinterbild non ricordano nulla - è la condizione di tutti gli abitanti - per questo c’è un disperato bisogno di trovare la propria conchiglia, il proprio passato, e riconoscersi. Ma se manca la conchiglia, chissà che la storia di Ned non si possa ritrovare nelle bottiglie che arrivano con la marea, perché “il mare prende e il mare rende”. Lui non è sicuro di ciò che ha vissuto, dal passato gli ritorna solo un’immagine di donna dai capelli rossi.

Quando Biton trova finalmente la sua conchiglia che qualcuno ha ricostruito incollandone i pezzi, recupera la storia della moglie e la morte di lei: dunque la sua vita non è tutta a pezzi, rimane la possibilità di ripartire, come una conchiglia incollata. E se da soli è difficile, le conchiglie/storie accordate tutte insieme saranno di aiuto, loro daranno la forza necessaria.

I due pensano di essere rimasti soli su quella terra che si affaccia sul mare, finché non seguono delle tracce e scoprono qualcuno nascosto nel bosco. Ha l’aspetto di un gigante e la mente di un bambino, Coty, che aspetta il fratello, senza ricordare che se l’è preso il mare: la memoria talvolta si difende dal dolore cancellandolo, e si rifugia in un Altrove più confortevole. Non rimane altro che raggiungere quell’Altrove, adeguarsi a una nuova dimensione, a un nuovo linguaggio, per ritrovare chi si è perso, e stare con lui ovunque vada.

Quello che sorprende e cattura è il linguaggio leggero, la capacità di Millanta di giocare con le parole, con la loro disposizione libera nello spazio bianco, in un connubio stretto tra contenuto e forma. È un linguaggio che alimenta l’immaginazione e la fantasia: “Poi, quando reputavano che fosse passato abbastanza silenzio, tornavano a respirare. Sopra di loro c’era la notte stellata. Una notte grande, come capita a volte di vederne in giro. Perché ci sono notti più grandi di altre che pare non debbano finire mai e dove, se non stai attento, rischi di perdertici dentro”. Nel buio le stelle sono “piccoli chiodi che tenevano ferma la notte al suo posto”. E “il mio cuore si ruppe l’osso del collo” dà la profondità del dolore.

Privi di ricordi, senza potersi confrontare con nessuno - novelli Robinson - la loro conversazione che appare illogica, infantile, divertente, non priva di aspetti comici, ci rimanda a Winny Pooh. Dice Biton, che ha paura di notte nel bosco: “Per un’ora io faccio la guardia e tu fai la guardia della guardia”. E chiede a Ned di provargli che è proprio lui, e non un’allucinazione: “Provami che sei Ned”. “Stai scherzando?” “Affatto” “Cioè mi stai chiedendo di provarti… di essere me?” “Esatto. Se sei davvero te non dovrebbe essere difficile, non ti pare?”

Ma Millanta rimanda non solo all’orsetto di Milne e ai suoi amici, ma anche al Mattia Pascal di Pirandello, quando una conchiglia racconta la storia di una ragazza che assiste al proprio funerale. Echi di De Saint Exupery sono nel giardino di rose, e la barca in preda alla onde ha un sentore lontano della barca di Ulisse dantesco: “In un attimo il fianco destro schizzò verso l’alto, mentre il sinistro andò sott’acqua”. Sulle tracce di fiori recisi torniamo a Pollicino di Perrault, a Hansel e Gretel dei Grimm. Millanta non ci risparmia la comicità di un personaggio semplice e un po’ bambino come Biton, che grida come un forsennato per chiamare chi si è nascosto: “Ma secondo te, uno che si nasconde, esce fuori solo perché lo stai chiamando?” “Scusa… non ci avevo pensato… mi sembrava una buona idea…bastava dirmelo però…”

 

Marisa Cecchetti


 
 
 
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